La nuova rotta delle alpi, Annibale e la “moderna” Torino Lione ad alta velocità
Tre grandi fenomeni che dietro la loro vetrina mediatica racchiudono la storia di un territorio e le continue mutazioni di ciò che lo circonda.
La nuova rotta delle alpi è il titolo con il quale è stato dipinto il passaggio migratorio di chi con voglia e speranza si vuole spostare in Europa ma ad oggi dopo mesi di prigionia in Libia, traversata nel canale di Sicilia, è ancora bloccato in Italia. Nuova rotta perchè le precedenti, Brennero piuttosto che Ventimiglia alla faccia della libera circolazione sono state militarmente chiuse impedendo il passaggio ai “non turisti” o “non cittadini europei”. Allora ecco la valle di Susa e le Alpi.
Annibale perchè è un simbolo di tutti quei condottieri conquistatori e guerrafondai che dalle Alpi sono scesi e saliti per giungere in Italia o per rivalicare verso la Francia attraverso la valle di Susa. Merci e potere sui valichi alpini, eserciti che bloccano o che si spostano.
La moderna Torino Lione ad alta velocità, esempio attuale di ciò che da millenni accade nelle vallate alpine, predazioni, passaggi predatori. Autistico comportamento di chi in un ambiente montano immagina, progetta e pensa di poter costruire esclusivamente infrastrutture di transito. Le valli si incendiano, franano, il territorio senza cura si indebolisce e gli investimenti proposti sono sempre e solo gallerie e corridoi.
Tre temi che attraversano oggi la valle di Susa. Verrebbe da semplificare il tutto con un ieri oggi e domani. Tre situazioni molto simili, il medesimo territorio, persone che lo attraversano, persone che vivono le valli e aimè presenze militari a difendere interessi economici.
Non vorremmo dilungarci troppo nei meandri di questi interessi, oscuri e distanti dai sogni di chi vive il nostro tempo. Ci soffermiamo però sulle conseguenze di questi progetti e di questi confini immaginari ma allo stesso modo brutalmente reali per chi prova a varcarli. Una contraddizione lunga 56 km, il futuro tunnel di base della Torino – Lione progetto da ben 21 mld di euro. “Agevolare e velocizzare lo spostamento di merci e persone lungo il corridoio 5 Lisbona – Kiev”. Parole pronunciate a gran voce dai governi europei, i medesimi in grado di bloccare, respingere e rimpatriare migliaia di persone ogni anno lungo lo stesso corridoio, ieri a Ventimiglia, oggi a Bardonecchia. Il tunnel del Frejus oggi perfettamente funzionante che viene attraversato ogni giorno dai TGV presidiato dai militari e stazioni presidiate dalla polizia italiana e francese.
Spostare merci e persone “comode” o meglio inquadrabili in un sistema di produzione e di sfruttamento, respingere merci e persone “scomode” o meglio non utili ai meccanismi economici. Territori da attraversare in modo “comodo” con progetti imposti con la forza ai territori stessi e a chi li vive.
Tutte queste contraddizioni, queste storie del passato e del presente si scontrano con almeno due variabili ad oggi assolutamente non gestibili dai signori dei tunnel e delle frontiere. I popoli delle valli e i popoli in marcia, le persone che liberamente provano ad attraversare le montagne. Con una spinta di dignità umana e politica il popolo no tav ha dunque raccolto questa ultima e grande sfida. Combattere per la propria autodeterminazione, per la difesa della sua terra e per la dignità della vita.
Quello che raccontiamo è un gesto umano ancor prima che politico. E’ la pratica che sorpassa la teoria. Persone che ogni giorno rischiano la vita sui valichi alpini dell’alta valle di Susa innevati. Persone di montagna che con lo stesso spirito delle persone di mare escono dal caldo delle loro case in soccorso di chi è in difficoltà. Regole chiare scolpite nel cuore e nella mente, in montagna come in mare nessuno deve essere lasciato solo. Regole che cozzano duramente con le leggi e le severe pene per chi agevola il transito dei “clandestini”. Nulla di fronte alla macchia di aver lasciato indietro o da solo un compagno. Non c’è legge o polizia che possa fermare un marinaio o un montanaro. Ed ecco dunque la mobilitazione di questi mesi.
Una nuova sfida dunque per la valle di Susa ed il movimento no tav, da sempre antirazzista ed antifascista. E’ questo il tempo della pratica che supera quanto in questi anni scritto e raccontato. Una storia che inizia secoli fa, fatta di briganti e frontalieri e che prosegue oggi a Bardonecchia e al Monginevro. Un popolo in lotta da sempre, durante la resistenza, le lotte operaie degli anni sesanta e settanta, attivo nelle ultime tre decadi sulle vertenze ambientali e oggi sulle epocali migrazioni. Pratiche semplici e reali, i turni in stazione a Bardonecchia ogni sera e le marce nella neve. Momenti di lotta che mettono in difficoltà e sbriciolano l’apparato frontiera. Come nelle lotte se si è soli si viene schiacciati, se si diviene moltitudine e movimento si può combattere e vincere.
Seguiranno aggiornamenti, ad oggi rilanciamo le mobilitazioni lungo i confini e l’invito a tutti a partecipare, ad attivarsi sostenendo la nostra lotta e venendo di persona a partecipare. A chi dalla valle di Susa passa rischiando nella neve la vita diamo un abbraccio e un invito a cercare una bandiera no tav, dove quella sventola troverà un aiuto, una persona, una casa e qualcuno che lo difenderà dalla brutalità dei confini e delle polizie.