di Giovanni Tizian – L’espresso
Una delle aziende incaricate di costruire il tunnel esplorativo ha dato subappalti alla criminalità organizzata calabrese. Che in Piemonte, e proprio nella zona dei lavori in corso, ha messo da tempo solide radici.
Che la Tav possa trasformarsi in “NdrangheTav” è un rischio concreto. Lo scrive la Procura nazionale antimafia nella sua ultima relazione e le recenti indagini sulle cosche a Torino e Milano sono lì a sottolinearlo. E c’è un precedente, che suona come un monito nella capacità dei clan di infiltrarsi anche nei cantieri più sorvegliati. Una della aziende incaricata di costruire il tunnel esplorativo sotto la Val di Susa – la romagnola Bertini Spa – nel 2005 ha vinto l’appalto per il nuovo palazzo di giustizia di Reggio Calabria. Il subappalto della sede giudiziaria, su richiesta della Bertini, fu concesso alla Corf srl. E così la Corf srl con sede a Polistena e Bologna conquista così una commessa da oltre un milione di euro. Ma secondo gli investigatori dietro la società calabro-emiliana si muovono però interessi che portano il marchio del clan Longo di Polistena, potente famiglia di ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro, alleata con cosche storiche come i Pesce e i Bellocco di Rosarno.
Il rapporto tra la Corf e la Bentini dura da maggio 2005 a marzo 2006, quando la Prefettura interviene per sospendere il subappalto. Gli investigatori analizzando la documentazione delle società evidenziano «numerose assunzioni gravitanti in ambienti criminali», quasi tutti provenienti dalla piana di Gioia Tauro. La Bentini non è stata coinvolta in alcuna indagine o filone giudiziario calabrese. Ma ha concesso il subappalto a un’azienda che gli inquirenti ritengono sia emanazione della mafia calabrese, la più dinamica sul fronte imprenditoriale. Due anni dopo quel contratto, nel 2007, scattano i sequestri preventivi per i beni della ‘ndrina dei Longo, tra cui compare proprio la Corf. Che nel frattempo ha cambiato pelle ed è diventata Arcoverde costruzioni, con sede a Bologna. La società è stata poi dissequestrata e nuovamente posta sotto amministrazione giudiziaria a febbraio scorso su ordine del Tribunale delle misure di prevenzione di Reggio Calabria. La motivazione? Sempre la stessa, quella società è roba del clan Longo.
Chi può garantire che il copione non si ripeta in Val di Susa? La grande infrastruttura piemontese che sta dividendo l’Italia nascerà con un tunnel esplorativo. Sette chilometri di cunicolo che costeranno 93 milioni di euro. L’imbocco della galleria era inizialmente previsto a Venaus, tanto che nel 2005 LTf (Lyone Turin Ferroviaire) aveva assegnato i lavori al consorzio Venaus, guidato da Cmc, la cooperativa rossa di Ravenna, e di cui fanno parte l’austriaca Strabag, la piemontese Cogeis, e appunto la romagnola Bentini Spa. Poi è arrivata la decisione di spostare da Venaus a Chiomonte l’imbocco del traforo. E con un atto integrativo la società LTf, per evitare di pagare penali, ha affidato alla stessa società consortile l’appalto, senza gare, ma semplicemente riconfermando il vecchio contratto.
L’area della Val di Susa è nota per la presenza delle ‘ndrine. Nel 1996 sono riuscite a entrare nell’Amministrazione di Bardonecchia, passata alla storia come il primo Comune del nord sciolto per mafia. Ai tempi il ras della ‘ndrangheta di Bardonecchia era il boss Rocco Lo Presti. “Zio Rocco” come lo chiamavano in paese, è morto nel 2009 a 71 anni. Il patriarca, parente del potente Mammasantissima Ciccio Mazzaferro di Gioiosa, era solito ripetere «ho dato lavoro a migliaia di persone». In realtà il boss quelle migliaia di braccia le ha sfruttate nei cantieri della Valle, quando era in voga il caporalato gestito dalla mafia calabrese.
E la Tav per le imprese dei boss può diventare una miniera d’oro. «Pensiamo all’Alta Velocità… tutte cose che comunque passano dal Parlamento Europeo», Fabrizio Bertot, sindaco di Rivarolo, lo disse chiaro nel comizio elettorale per le elezioni europee del 2009, tenuto al bar Italia del capobastone Giuseppe Catalano e registrato dagli investigatori antimafia del Ros. E aggiunse: «Grandi cantieri… grandi opere… e tutte queste cose passano dal Parlamento Europeo». Il padrino Catalano è stato arrestato a luglio 2011 nell’operazione Minotauro. A settembre dello stesso anno nel Comune guidato da Bertot, che non è stato indagato, si è insediata una commissione di accesso per verificare eventuali condizionamenti mafiosi. Dopo mesi di verifiche ha terminato il lavoro e ha inviato al Prefetto di Torino la relazione conclusiva. Che dovrà dire se ci sono o meno i presupposti per lo scioglimento del municipio.