Pubblichiamo questa lettera del comitato di lotta popolare di Bussoleno inviata e pubblicata dal periodico locale della valle di Susa luna nuova. Su questo giornale si sviluppa una parte dell’ampio dibattito politico che riguarda la lotta no tav e non solo. Nell’edizione di venerdì 9 dicembre l’editoriale del direttore Tiziano Picco titolava “La Strategia non convince”, così, senza rancore e polemiche si è voluto rispondere ad un’analisi che proprio non convince…
Francesco Richetto per il comitato di lotta popolare di Bussoleno Proseguono le mobilitazioni in Val di Susa, e come si era annunciato, si è fatto. Il Movimento No Tav ha trasformato una celebrazione, quella dell’ 8 dicembre e della liberazione di Venaus, in un ennesimo momento di lotta, non un ricordo ma un momento vivo capace di incidere nelle tante tappe di questa battaglia.
Provare a ragionare sulla fase del movimento e fare un bilancio tra il 2005 e il 2011 è cosa davvero complessa. In questi anni vi sono stati così tanti mutamenti locali e internazionali che non renderebbe onore alla storia semplificarli ad uso e consumo del proprio risultato. La lettura delle storia No Tav è difficile e complessa, prosegue da oltre venti anni, è una storia viva, fatta di parole ma soprattutto di dati di fatto.
Il 2011 è l’anno del ritorno alla ribalta sulla scena politica sociale italiana della nostra lotta, è l’anno della crisi del Berlusconismo, della crisi finanziaria, dei governi tecnici, è anche e soprattutto l’anno delle banche. Il mondo cambia in maniera veloce, con la scusa delle crisi e della loro prepotenza nella vita quotidiana tutto diventa sempre più lecito all’insegna della salvezza dal baratro, dal crollo.
Forse inconsapevolmente (o forse no), la lobby si tav decide dall’inverno 2010-11 di lanciare la sfida decisiva alla Valle di Susa, rompere il tabù, aprire i cantieri. Il primo colpo parte, la bandierina mediatica con la costruzione del fortino a suon di ruspe e cariche funziona a metà. Il secondo colpo invece non fa centro , i cantieri non partono e le ditte non riescono a lavorare in simili condizioni (fallite entrambe non dimentichiamocelo).
Chi prova a bloccare il meccanismo e ci riesce è la valle di Susa, con la sua gente, con il movimento No Tav. Partono dall’inizio delle ostilità sul campo a Chiomonte con sette mesi di lotta intensa, senza tregua. Sono i mesi migliori che il Movimento No Tav abbia mai affrontato, difficili, duri, vissuti a testa alta, senza piegarsi mai. Sono mesi di assemblee, campeggi, dibattiti, forum internazionali, feriti, lacrimogeni, assedi, cortei oceanici da decine di migliaia di persone. Sono la bellezza di una valle e di un popolo che vuole vivere contrapposti a chi è entrato in questa terra con i mezzi da guerra, che occupa militarmente i territori, che vive dietro le reti e il filo spinato e risponde con le fucilate dei lanciagranate caricati con i bossoli di lacrimogeni cs. Sono mesi in cui l’apparato militare messo in piedi sperimenta una nuova strategia di contrapposizione al movimento, capace di non rendere agli occhi dei più evidente la presenza sul territorio, impadronendosi dell’autostrada come via di comunicazione, respingendo i manifestanti senza un contatto fisico diretto, asserragliandosi dentro un (non) cantiere difeso dalla politica e da una parte dell’informazione embedded.
La produzione culturale, soggettiva, di interazione sociale vera, di lotta espressa in questi mesi ed anni trova in giornate come quella dell’8 dicembre la sua sintesi migliore. Arriva così a metà strada questo dicembre No Tav. Arriva a sette mesi dalla libera repubblica della Maddalena in attesa della primavera e delle future possibili mosse di allargamento delle recinzioni. Sì, perchè questo probabilmente sarà un altro passaggio interessante e centrale della vicenda alta velocità in valle di Susa. I terreni dove dovrà sorgere il vero cantiere sono tutti ancora da occupare e sono proprio quelli dove nei giorni di questo lungo ponte dell’Immacolata il movimento si è mosso e ha resistito con determinazione. Avere un punto di vista ampio che sappia tener conto di un percorso e non di una giornata è centrale in questa nuova fase di lotta in cui la Val di Susa è immersa, fare troppi paragoni con un altro 8 dicembre o con altre giornate, falsa i piani di ragionamento e non aiuta né a capire né a lottare. Per questo caro Tiziano non sono d’accordo con il tuo editoriale in cui dici che la strategia non convince. Penso invece che il movimento sia una cosa vera e complessa, in cui tutti hanno spazio e voce, cosa non governabile e non definibile, la cui sintesi a volte può non piacere ma la cui forza trae invece da questo stridere in alcune occasioni di posizioni ed idee. La durata e l’inarrestabilità di questa lotta sono il frutto di ragionamenti, di condivisione ma anche e a volte soprattutto di sentimenti, quelli che ci permettono di resistere a un qualcosa più grande di noi certamente, ma non invincibile, restando convinti che un 8 dicembre può succedere sempre.