Sabato 30 novembre il movimento notav scopre con piacere che, pur di far prendere aria ai denti e portare a casa piccoli momenti di gloria, Massimo Numa e il sindaco di Chiomonte, Renzo Pinard, si pongono problemi come la sicurezza del territorio, la distribuzione delle risorse, e la malagiustizia. All’ordine del giorno c’è la vicenda di un lembo di terra su cui poggia una porzione del presidio notav gravella, a Chiomonte. Ci riferiamo ad un infamante articolo apparso in data odierna nella pagine locali del quotidiano torinese La Stampa.
L’intervista a ‘Mario’, il proprietario della terra violata dai notav, è, in tutta la sua superficialità, l’ennesima prova della faziosità di certe opinioni, guidate dal puro interesse. Cogliamo dunque l’occasione per fare un po d’ordine nel magma confuso di dati che Numa taglia cuce a proprio paicimento. Per portare nuovamente in luce la strumentalità del ruolo della (mala)informazione, nel costruire la criminalizzazione del movimento notav, che viene evocata nell’immaginario da La Stampa, sancita dalla procura e sostenuta dal politicante di turno. Del resto lo abbiamo sempre visto, il progetto tav mette d’accordo tutti, politici e giornalisti, destri (come Numa, di cui ricordiamo la pubblicazione neofascista) o sinistri (partiti democratici, ecologici, liberi e quant’altro) che siano.
Il presidio sorge in area alluvionale, si, esattamente la stessa su cui Pinard ha autorizzato la costruzione di 70.000 metri quadrati di cantiere, per la modica cifra di 24 miliardi di euro di soldi pubblici, più le centinaia di migliaia che si aggiungono ogni giorno per la militarizzazione della Val Susa. Gli stessi soldi pubblici che potrebbero fare la differenza in situazioni come quella in cui è ora la Sardegna, che Pinard si permette di tirare in ballo, strumentalizzando una tragedia per portare avanti la sua guerra ai notav.
Il motivo per cui quel presidio è li, per fermare quel cantiere e lo spreco immenso che comporta, parla direttamente a situazioni come quella sarda. Già da tempo il movimento notav denuncia il fatto che le risorse destinate al cantiere potrebbero essere determinanti nella messa in sicurezza dei territori (ricordiamo anche l’incontro al riguardo tra gli amministratori della Valle e quelli aquilani), o della maggior parte delle scuole sul suolo del paese per fare solo un altro esempio tra i mille possibili. Sembra che Numa e Pinard siano venuti a conoscenza della problematica oggi, grazie al presidio notav. Si chiedono poi, i nostri infaticabili commentatori, come mai sui notav non sono stati applicati i provvedimenti che vengono presi solitamente in caso di abuso edilizio? Ebbene ciò non è vero perchè per quel presidio alcuni militanti del movimento sono stati denunciati. Ora che abbiamo risposto alla loro domanda sarebbe il caso che qualcuno rispondesse delle aziende che lavorano al progetto che falliscono e rinascono ogni giorno, degli abusi delle forze dell’ordine che si consumano continuamente dentro e fuori il cantiere e del fatto che l’intera popolazione di un territorio rimanga inascoltata da decenni. L’ultima questione a cui si mostrano sensibili è quella ambientale; ci chiediamo come mai gli stessi che si preoccupano per l’impatto che 40mq di baita possono avere sulla terra, non s’interrogano sulle conseguenze di una colata di cemento in una zona boschiva e archeologica, dello scarico quotidiano di detriti nel fiume, della progressiva diminuzione della fauna, delle migliaia di gas cs lanciati su tutta la Val clarea. Irrispettosi della terra, incuranti, sperperatori, e privilegiati adesso sono i notav