Oggi, 31 luglio, agenti della digos di Torino si sono presentati presso le abitazioni di 12 No Tav e presso il campeggio No Tav di Chiomonte per notificare altrettante denunce per resistenza aggravata e lesioni, e alcune misure cautelari. I fatti contestati sono quelli dell’8 dicembre 2011, quando, nel giorno dell’anniversario della cacciata delle truppe del 2005, migliaia di persone si recarono in Val Clarea per ribadire la contrarietà più ferma alla presenza in valle delle truppe d’occupazione presenti dal 27 giugno, e alle recinzioni che delimitano l’area in cui dovrebbero svolgersi i lavori preliminari per il tunnel geognostico di Chiomonte.
Fu una giornata di lotta, di sfida alle mafie Sì Tav e al loro apparato militare, cui le FFOO risposero con violenza estrema, lanciando gas lacrimogeni al CS non appena tentammo di avvicinarci alle reti, non senza cercare il ferito e magari il morto tra i manifestanti (in particolare puntando ripetutamente alla testa dei No Tav le granate lacrimogene). Un compagno perse un occhio per questo motivo, mentre Yuri, 16 anni, del Komitato Giovani No Tav, oscillò tra la vita e la morte per 24 lunghissime ore, per poi ristabilirsi soltanto parzialmente dopo mesi di cure. Ha infine completamente perso l’udito da una delle orecchie.
Questa repressione fu brutale e premeditata, dimostrando ancora una volta che, quando interessi troppo grandi sono in ballo, la democrazia dell’austerity non esita a mettere a rischio la vita delle persone, pur di procedere nei suoi intenti. Proprio in quei giorni, d’altra parte, si insediava il governo Monti che, per voce del ministro Passera, ribadiva il carattere prioritario e irrinunciabile del Tav: non ci stupimmo, visto che i tecnocrati che ci governano hanno il compito preciso di scaricare i costi della crisi su tutti noi, per massimizzare ancora una volta i profitti di una cricca di parassiti capitalisti. Di una simile visione della società, e di simili interessi, il Tav è uno dei costituenti esemplari.
Oggi, ancora una volta, la magistratura torinese si schiera contro la Val di Susa, imponendo restrizioni ai movimenti di 12 compagni colpevoli soltanto, come tutti noi, di avere difeso la nostra terra. Per l’ennesima volta, e a sette mesi dall’operazione coordinata da Caselli il 26 gennaio, si mostra di credere che le denunce e i processi possano fermare un movimento popolare di massa, un movimento resistente, che non arretrerà di un metro dopo questa operazione, come non ha arretrato dopo le precedenti. Operazione tanto più grave perché assume carattere persecutorio nei confronti di un compagno del Comitato di Lotta Popolare, Giorgio, che soltanto ieri aveva visto gli arresti domiciliari commutati in divieto di dimora in alcuni comuni della valle; da oggi gli si impone l’obbligo di dimora a Bussoleno e quello di permanenza presso la propria abitazione tra le 21 e le 7. Provocazione tanto più evidente perché un altro indagato, Max, è stato “prelevato” nella notte al campeggio di Chiomonte per la notifica di un obbligo di dimora mentre Luca, giovane del Comitato, è stato prelevato a casa sua, caricato in macchina e portato in Questura a Torino.
Nulla di tutto questo fermerà il movimento o incrinerà la sua convinzione nelle proprie ragioni. Nulla di tutto questo cambierà la nostra opinione sul Tav e sulla necessità di una resistenza aperta contro di esso. Nulla di tutto questo cambierà la storia di vergognose violenze di polizia che ha contraddistinto la giornata dell’8 dicembre 2011. Nessuna denuncia e nessun processo intaccherà la fermezza del movimento nella lotta: ci vorranno tempo e sacrifici, ma infine una per una le recinzioni del cantiere verranno giù.
Comitato di Lotta Popolare di Bussoleno