Ieri potrebbe essere stata una giornata storica: nuovo governo, nuovo ministero. Via i vecchi “trasporti” e dentro le “mobilità sostenibili”. E’ il cambio di un’epoca? Chissà.
Diciamocelo però. Non era necessario piombare a capofitto nella crisi pandemica o giungere sull’orlo del precipizio della crisi climatica, per comprendere che quella della Mobilità Sostenibile è una delle sfide chiave per il futuro, a cominciare dalle grandi aree urbane.
Certo, ora contiamo i contagi giornalieri propagati dai quotidiani assembramenti per l’imbarazzante insufficienza di autobus e tram. Quindi è più semplice capire quanto sia immane lo sperpero di denaro pubblico tumulato per decenni nel cemento e nell’asfalto di faraonici progetti e appalti di grandi opere inutili e incompiute.
E ora contiamo i morti annui per le polveri e gli ossidi azoto, vomitati quotidianamente nell’aria delle nostre città da fiumi di auto e camion. Quindi suona meno strano vedere amministratori locali indagati dalla magistratura perché direttamente responsabili del vuoto spinto di azioni concrete sulla lotta all’inquinamento atmosferico. Guarda caso, molti di questi amministratori sono gli stessi che, incessantemente, ci hanno ripetuto per anni quanto fossero fondamentali, irrinunciabili, inarrestabili proprio le stesse grandi opere. Proprio quelle grandi opere che, nel frattempo, hanno inquinato con i loro cantieri, distrutto territori e rubato risorse alle opere necessarie: le mobilità sostenibili su cui ora si prova a rifondare il Ministero.
Le uniche infrastrutture necessarie in questo Paese sono quelle utili: quindi viva il Ministero se sarà delle Infrastrutture UTILI e delle Mobilità Sostenibili.
Che dire allora della notizia di ieri? Non era necessario essere draghi per capire tutto questo. Eppure non si tratta di un cambiamento da poco. Con la Sostenibilità non si scherza. Anzi, la si misura. E noi siamo pronti a misurare il governo dei draghi sul piano dei fatti.
La prima misura? Si chiama CO2.
Lo dice persino la Corte dei Conti Europea: i cantieri delle grandi opere producono molte più emissioni di CO2 di quante saranno mai in grado di recuperare in decenni e decenni di millantato utilizzo. E in ogni caso immensamente dopo quel 2050, data fatidica alla quale abbiamo deciso – UE, Italia, tutti – che le emissioni devono andare a zero.
Ecco, i draghi di governo hanno un’occasione formidabile per dimostrarci se fanno sul serio. Un caso-studio perfetto per sperimentare il nuovo corso delle “infrastrutture sostenibili”: il TAV Torino-Lione, la grande opera inutile d’Europa.
Un cannone puntato sul clima da 10 milioni di tonnellate di CO2 di cantieri a fronte di previsioni di utilizzo gonfiate ad arte. Quanto di più incompatibile si possa immaginare con ogni logica di programmazione futura in Europa, in Italia e a livello locale. Un dinosauro nato nel passato remoto degli anni ‘90 in cui si credeva ancora nella crescita infinita, giunto vivo ai giorni nostri solo perché difeso ad ogni costo da una politica retrograda e vorace. Eppure, dell’opera gigantesca si sono viste finora solo piccole frattaglie. Quindi fermarla è un attimo, anzi un vero affare. Un gioco da ragazzi (pardon, da draghi), a costi irrisori, penali inesistenti, risparmi giganteschi e gloria imperitura.
Fermatela allora, fermate ora il TAV Torino Lione.
Quei miliardi metteteli sulle mobilità veramente sostenibili. Chiudete i cantieri del TAV e di tutte le grandi opere inutili. Rimettete a posto quello che avete distrutto, risarcite i territori dei danni che avete fatto. E chiedete scusa. Alla gente del Movimento No Tav e a tutte le comunità e i territori che da anni in lottano per difendere il bene comune.
Buon lavoro signor Ministro. Noi la aspettiamo nel futuro.