Pier Paolo era stato prima sospeso , per il massimo periodo possibile prima di prendere una decisione (120gg), e poi definitivamente licenziato senza preavviso.
Il fatto contestato dall’università, lo ricordiamo, era l’aver ottenuto una condanna in primo grado (su cui era stato presentato regolare ricorso) per fatti avvenuti fuori dal posto e dall’orario di lavoro in merito ad una contestazione al cantiere di Chiomonte .
A nulla erano valsi la notevole raccolta firme lanciata da colleghi che in una sola settimana aveva superato le 2000 firme chiedendo al Rettore di ritirare il provvedimento, i comunicati delle diverse RSU sindacali [1], non solo dell’ateneo piemontese [2], ma soprattutto la corposa difesa degli avvocati che avevano sostenuto sin dall’inizio che il licenziamento fosse illegittimo.
Anche davanti all’evidenza dell’errore (si contestava un reato connesso alle legge Severino, peccato che Pier Paolo non ne avesse, aveva semplicemente un capo di accusa da cui è stato assolto, come tutti gli altri coimputate e coimputati, con formula piena) l’Università ha voluto insistere sulla sua posizione di fatto schierandosi apertamente e pubblicamente da una precisa parte della barricata.
Nel farlo ha adottato tutte le strategie della peggior ruffianeria tipica della pubblica amministrazione: prima si è chiesto al direttore di Giurisprudenza di esprimere un parere, questi l’ha demandato a due professori di diritto (con quale criterio scelti non è dato sapere), i quali hanno partorito un’incredibile teoria per cui pur non avendo quei reati ne aveva altri che li prevedevano!!!
Se non è questo arrampicarsi sui vetri!!!
Pier Paolo ha presentato ricorso, nonostante la situazione surreale l’esito era tutt’altro che scontato come qualunque Notav sa bene. Nella nostra regione magistratura, questura, prefettura e amministrazioni pubbliche in genere vanno spesso a braccetto quando si tratta di reprimere chiunque sia etichettato sotto la bandiere Notav.
Anche il ricorso infatti ha avuto i suoi tentennamenti, dopo una conversione del rito per motivi formali (o per prendere tempo? il dubbio è più che legittimo) da Fornero a rito ordinario il giudice ha comunque deciso di non dover ascoltare testimoni e di avere informazioni sufficienti.
Ha quindi proposto la conciliazione: ritirare il licenziamento e convertirlo in 6 mesi di sospensione, le parti hanno tempo sino al 10 marzo per decidere se accettare o meno.
Certo non è una sentenza, il giudice è stato molto abile nel non esporsi ma di fatto ha sancito l’illegittimità del licenziamento consigliando all’università di annullarlo, dimostrando di fatto un coraggio non comune a quelle latitudini.
Quale che sia la scelta degli interessati il risultato politico è evidente: qualora il ricorrente accetti o l’amministrazione farà una marcia indietro accettando di fatto di cancellare un suo provvedimento andando contro a due suoi docenti, la sua direttrice generale, ed il rettore precedente o deciderà di persistere su una strada che per loro sarà a quel punto decisamente più in salita e schierandosi ancora più apertamente, alla faccia della pretesa imparzialità.
Sarà interessante vedere come si comporterà il nuovo rettore che in campagna elettorale si espresse così:
Ma che successivamente quando gli venne chiesto conto dall’interessato preferì non rispondere.
Si sarà fatto convincere dalla direttrice Generale (all’epoca direttrice ad interim anche alle Risorse Umane) da cui son partiti tutti i provvedimenti, o resterà coerente a quanto sostenuto in campagna elettorale?
In ogni caso, e di questi tempi se ne sente un gran bisogno, un bella Vittoria!!