Dopo i primi fumosi articoli di stampa, nei giorni scorsi sono emersi nuovi ed inquietanti dettagli dell’inchiesta che vede protagonista il “noto” avvocato torinese Bertolino, il pm Padalino e l’Arma dei Carabinieri.
Ma partiamo dall’avvocato che ha rappresentato, nel maxiprocesso come in molti altri procedimenti penali che ci hanno visto rispondere nelle aule del Tribunale di Torino della nostra resistenza al Tav, agenti di Polizia, il SAP ed alcuni giornalisti, come il mitico Numa e la sua amica e collega Di Blasi, che non aveva gradito le nostre rimostranze dopo che si era infiltrata in una manifestazione spacciandosi goffamente per una No Tav. Scopriamo ora che l’esimio avvocato, dopo aver definito, ad un Congresso del SAP, le giornate del 27 giugno e del 3 luglio del 2011, prima come un INTIFADA palestinese e poi come un parco divertimento per delinquenti accorsi da tutta Italia (non esimendosi dal divertirsi a ridicolizzare i testimoni delle difese), ha preferito bazzicare il parco divertimenti della ‘ndrangheta che, evidentemente, non considera dei delinquenti pericolosi come i valligiani.
Bertolino è ora dunque indagato per reati che speriamo gli consiglino di sciacquarsi la bocca prima di tornare ad esprimersi sul nostro conto.
E Padalino? In una smentita a La Repubblica aveva risposto offeso e risentito agli articoli che lo indicavano come coinvolto nell’indagine sugli scambi di favore all’interno della Procura torinese, precisando che la Procura di Milano aveva già archiviato il fascicolo aperto e di essere unicamente sottoposto al vaglio del CSM per “presunte violazioni procedurali” che nulla avrebbero a che fare con l’indagine che coinvolge l’avv.to Bertolino e all’Arma dei Carabinieri. Sappiamo invece ora che la Procura di Torino ha concluso le indagini ed ha nuovamente inoltrato gli atti alla Procura di Milano per un nuovo vaglio della posizione di Padalino. Vedremo come andrà a finire ma non possiamo non ricordare che il pm Padalino non è nuovo a disinvolte manovre procedurali, come avevamo già più volte denunciato senza però che nessuno dimostrasse il benchè minimo interesse per “tecniche” d’indagine quanto meno discutibili.
E allora ricordiamo che Padalino è colui che chiese di poter intercettare telefonicamente alcuni Notav sostenendo l’accusa di violenza privata ai danni di un operaio del Cantiere de La Maddalena e che quando si sentì rispondere dal G.I.P. che le intercettazioni telefoniche non erano possibili per il reato contestato, modificò semplicemente il titolo di reato da violenza privata ad atti persecutori così ottenendo l’autorizzazione ad intercettare le conversazioni di diversi militanti per finire poi a ricontestare la violenza privata quando le intercettazioni non servivano più. Peccato che persino il Tribunale finì per assolvere tutti gli imputati anche dalla violenza privata e peccato pure che le copie forensi di tutto quanto sequestrato agli ex imputati (pc, cellulari e tablet) siano sparite nel nulla senza che neppure i difensori abbiano potuto visionarle.
E che dire di quando, unitamente al suo compagno d’armi Rinaudo, si prese la briga di indagare, e poi imputare, il filosofo Vattimo con Nicoletta e Luca per una visita in carcere ad alcuni detenuti. Non avendo evidentemente sufficiente materiale i due pm, con l’evidente intento di poterli poi indagare, convocarono Vattimo, Luca e Nicoletta per sentirli come testimoni e, dunque, senza avvocati e con l’obbligo di rispondere. Le rimostranze dei rispettivi avvocati, palesate in una memoria scritta, a nulla valsero e i pm li sentirono effettivamente prima come testimoni per poi solo successivamente indagarli. Anche questo processo si è concluso con un gran dispendio di soldi pubblici (utili a supportare le loro velleità sino in Cassazione) e con un’assoluzione di tutti gli imputati.
E quando invece Padalino, ancora con il suo compare d’elmetto, palesando tutta la sensibilità di cui madre natura l’ha dotato e il suo rispetto per le procedure, si rifiutò di iscrivere nel registro degli indagati coloro che fermarono, picchiarono selvaggiamente e molestarono sessualmente Marta? Noi ci ricordiamo che la Procura aveva sin da subito i nomi dei due coraggiosi ed integerrimi poliziotti perché avevano firmato il verbale di arresto appunto trasmesso in Procura; ci ricordiamo anche che fu però Marta a doverli riconoscere con un lungo e faticoso lavoro di ricerca e che fu sempre Marta a far pervenire le fotografie dei due agenti in Procura ai fini dell’identificazione, e che nonostante ciò i pm si ostinarono a non iscriverli nel registro degli indagati.
E ci ricordiamo soprattutto di quando, ancora senza averli indagati, disposero un confronto nella loro stanza tra Marta e i due poliziotti aggressori, senza minimamente curarsi del fatto che tali confronti normalmente si svolgono secondo procedure atte a massimamente tutelare chi ha subito violenze sessuali e non costringendo la vittima a sedersi accanto ai suoi aggressori ed a difendersi da contestazioni vili e ridicole, sino a sentirsi urlare in viso “non faccia la vittima” quando il peso della villania e del subdolo disprezzo avevano portato Marta a contenere a stento le lacrime mentre ribadiva di riconoscere nei due “signori” seduti a fianco i propri aguzzini. E ci ricordiamo pure che anche a fronte dell’ennesima conferma dell’identificazione e del riconoscimento e dell’ennesima ed espressa richiesta del suo avvocato di interrompere il confronto per procedere finalmente all’iscrizione nel registro degli indagati dei due agenti, Padalino & C. opposero nuovamente un rifiuto continuando a tormentare una ragazza che forse ai loro occhi non aveva ancora subito abbastanza. E ricordiamo anche che alla fine i ligi pm iscrissero i due agenti nel registro degli indagati ma solo 5 giorni prima di chiedere l’archiviazione con motivazioni che ancora oggi ci fanno accapponare la pelle e che rimarrebbero insuperate ed insuperabili se solo non ci ricordassimo anche delle ancor più vergognose motivazioni fornite dal GIP che accolse la richiesta dei pm ed archiviò il procedimento penale a carico dei due agenti del V Reparto Mobile di Torino.
Ma di tali perle procedurali è cosparso l’intero teatrino dell’azione giudiziaria di Padalino e Rinaudo nei confronti del Movimento Notav ed a breve sapremo essere più dettagliati affinchè ci si ricordi tutti che coloro che oggi appaiono oggetto di procedimenti penali e disciplinari non erano e non sono nuovi a certi giochetti.
A questo proposito ne anticipiamo un’altra: i numerosi articoli di stampa usciti nei giorni scorsi hanno fatto intendere di avvenute irregolarità nell’assegnazione delle notizie di reato e dei relativi fascicoli in barba ai criteri organizzativi che regolano ogni Procura ed al fine di agevolare alcune parti processuali. Anche questa notizia però non ci stupisce e ci rimanda ad alcuni ricordi.
Ricordiamo ad esempio di quando LTF (oggi Telt) nel 2013 indirizzò la sua querela contro Erri De Luca per istigazione a delinquere non alla Procura della Repubblica affinchè fosse ordinariamente rubricata ed assegnata, ma direttamente ai due pm Padalino e Rinaudo che in effetti curarono l’accusa sino alla ovvia (e per loro fallimentare) assoluzione dello scrittore che aveva osato appoggiare la lotta contro il Tav infastidendo i signori di LTF.
E che ci sia una sorta di corsa all’accaparramento di taluni fascicoli è emerso anche più recentemente da un’interessante corrispondenza epistolare tra un dirigente della Digos ed il Procuratore Capo Spataro. Tale corrispondenza evidenzia infatti che nel corso della manifestazione Notav dell’8.12.2017 il solerte pm Rinaudo contattava telefonicamente il dirigente Digos presso il cantiere per informarsi sui fermi effettuati sentendosi rispondere che, come da accordi presi con il Procuratore Capo Spataro, il funzionario avrebbe dovuto fare riferimento ad altro pm. Rinaudo replicava però al dirigente che non era necessario informare immediatamente l’altro pm essendo sufficiente che fosse stato informato lui della situazione. La stessa nota, a firma del dirigente Digos ed indirizzata a Spataro, informa quest’ultimo che Rinaudo richiamò poco dopo sostenendo di aver sentito Spataro e che effettivamente il dirigente avrebbe dovuto riferire all’altro pm, anche se poi tanto il fascicolo sarebbe comunque pervenuto a lui. Ed in effetti il relativo processo in corso a carico dei tre Notav arrestati quella notte è gestito dal buon Rinaudo.
Insomma: le irregolarità procedurali e le indagini penali che oggi riguardano Padalino, Bertolino, i CC ed altri, paiono essere in realtà ben maggiori e più ampie di quelle portate alla ribalta dai media nei giorni scorsi e noi non mancheremo di tornarci offrendo così il nostro contributo alla ricerca di quella verità che sappiamo essere la priorità di tutta l’azione giudiziaria (si fa per dire, neh!).