di Gino Sturniolo della rete Noponte di Messina. In un recente convegno organizzato dalla Banca d’Italia per presentare una propria ricerca sulle infrastrutture in Italia, Franco Bassanini, presidente della Cassa Depositi e prestiti, nonché presidente dei comitati per la privatizzazione dell’acqua, nonché autore della legge che ha privatizzato il rapporto di lavoro nel pubblico impiego, aveva dettato alcune indicazioni affinché potessero essere davvero avviati i Project Bond in Italia e con essi rilanciati i programmi di realizzazione delle grandi opere. Tra queste indicazioni, la più importante, al fine di rendere davvero appetibili i titoli, era la riduzione dell’imposizione fiscale. E’ stato accontentato, verranno tassati al 12,5%, come i titoli di stato. La bozza presentata dal Governo Monti prevede, inoltre, la possibilità di utilizzare i Project Bond anche per i debiti già contratti e la definizione delle controversie con la pubblica amministrazione in fase di progettazione preliminare in maniera tale da avere poi le mani libere da intralci in fase di progettazione definitiva. Si tratta di un ulteriore passaggio nella realizzazione di una vera e propria riforma della Legge Obiettivo, prefigurata in un documento redatto la scorsa estate dalle fondazioni che fanno capo a Bassanini, Violante e Tremonti, incentrata su una ulteriore verticalizzazione delle scelte e su un deciso processo di finanziarizzazione delle infrastrutture. Alcuni elementi di questo progetto (ad esempio la riduzione della percentuale dell’investimento da riservare per le opere compensative) erano stati, peraltro, già avviati da Tremonti ministro dell’economia del Governo Berlusconi.
Uno dei capisaldi del progetto sono appunto i Project Bond, le obbligazioni che dovrebbero servire a finanziare le infrastrutture. L’obiettivo è catturare il risparmio di lungo termine (fondi pensione, fondi sovrani, assicurazioni vita, risparmi postali). Verrebbero sostenuti dalla BEI per il 20% e questo servirebbe (attraverso un meccanismo detto “tranching”) ad acquistarne la porzione più a rischio. La restante parte, secondo le dichiarazioni del vice-ministro Ciaccia, sarebbe divisa ulteriormente in obbligazioni senior (un po’ più rischiose), appunto per i fondi di risparmio di lungo termine, e obbligazioni junior, meno rischiose, per i piccoli risparmiatori. Tutto l’impianto è, evidentemente, finalizzato a bypassare la crisi del debito pubblico e l’impossibilità per gli stati di avere risorse a disposizione da investire. Tutto l’impianto si manifesta, ancora più evidentemente, come un enorme castello di carte che, come avviene di norma nei circuiti finanziari, prenderebbe poi vie incontrollabili.
Certo, per anni ci siamo sentiti dire che le infrastrutture le avrebbero pagate i privati, che si sarebbero rette con i loro stessi pedaggi e che non avrebbero gravato sulle casse pubbliche. Naturalmente non abbiamo mai creduto a queste sciocchezze e i fatti hanno dimostrato che i cantieri sono stati aperti a debito, che quel debito verrà pagato da noi e dalle generazioni successive alla nostra e che non uno straccio di privato ha investito davvero sulle cantierizzazioni. D’altronde il project financing in Italia è stato praticato davvero poco (nonostante la grande propaganda che ha avuto) e prevalentemente nel campo sanitario, laddove gli introiti sono garantiti dai canoni pagati dal denaro pubblico. Verrebbe da dire che è facile fare gli imprenditori così. Con i soldi degli altri. Alla faccia del rischio d’impresa, un’impresa sempre più vuota che, con il sistema del general contractor, scarica i costi sui sub-affidatari.
Opere inutili, devastanti, con una resa in termini di occupazione davvero insignificante (per la Tav si parla di 6000 addetti per oltre 8 miliardi di investimento e ancora più negativi erano i calcoli per la costruzione del Ponte sullo Stretto), incapaci di stare sul mercato, verranno sostenute, quindi, dai risparmi di una vita, dai contributi lavorativi, dal tentativo di dare una sicurezza alla propria famiglia. Ecco chi rischierà. Con buona pace di chi sogna un ritorno all’economia reale, come se l’esplosione della finanza non fosse stata generata dai limiti raggiunti dall’appropriazione nel mondo reale. “La speculazione è la misura”, dice Luttwak. Forse è vero, ma è tutta a svantaggio della società. Si proietta nel nostro futuro, colonizzandolo, depredandolo.
I Project Bond sono ancora nella fase della sperimentazione. In prima battuta l’investimento della BEI sarà di appena 230 milioni di euro (peraltro grattati dai fondi previsti per le reti di trasporto continentale) che con l’effetto leva dovrebbero arrivare a mobilitare poco meno di 5 miliardi di euro. Le aspettative per il futuro sono molto più consistenti, ma intanto l’agenzia di rating Fitch ha lanciato l’allarme sulla qualità dei prodotti. Speriamo bene, speriamo muoiano di morte propria. Toccherebbe, però, alle comunità locali impedire che i propri territori vengano utilizzati come collaterale per le speculazioni finanziarie. Toccherebbe alla comunità umana impedire agli apprendisti stregoni di metterne a profitto la nuda vita.