Circa 40mila abitanti dei comuni della Val di Susa hanno davanti al loro naso, per tramite dei loro amministratori, il progetto concreto del Treno ad Alta Velocità. Ed hanno scoperto una serie di dati agghiaccianti: secondo il progetto Tav presentato ad agosto, con tanto di foto e schede accurate, ben 770 abitazioni del comune di Sant’Ambrogio saranno da abbattere. Si prevede poi che l’acqua avrà un pompaggio di appena 9 litri al secondo per un comune di alcune migliaia di abitanti: le falde acquifere saranno prosciugate. Il progetto Tav avrà manodopera importata ad hoc e nessuna possibilità di far lavorare nei cantieri gli oltre cinquemila disoccupati locali.
Tutto ciò e altro ancora è stato illustrato dagli amministratori locali alla popolazione in una apposita serata il 6 settembre a Chiusa San Michele. I sindaci e i presidenti di comunità interessati all’opera avevano ricevuto l’intero dossier da 17 gigabyte e hanno passato mezza estate, con mille difficoltà tecniche, ad aprirne i numerosi e complessi allegati, per analizzarli e illustrarli più facilmente alla popolazione.
L’insieme fa paura: 80 chilometri di ferrovia quasi totalmente interrata di almeno 30 metri, fra terra e roccia, a tratti anche pericolosa in quanto si parla della presenza di una grossa formazione di pietre verdi, contenenti asbesto, cioè amianto, e una zona molto ricca di filoni di uranio 238 ed altre rocce radioattive.
Ma l’avvio dei cantieri, assicurano, non avverrà prima del 2013. Senza tener conto, ad esempio, che la parte fuori terra della linea passerà vicino alle case: alcune di esse verranno abbattute, mentre le altre abitazioni dovranno sorbirsi le vibrazioni dei treni (circa 160) e imparare a convivere con essi, ma prima dovranno anche resistere e sopportare almeno 10 anni di cantieristica.
Il progetto è stato presentato nei primi giorni di agosto dai francesi di LTF, in piena estate e in epoca di ferie per tutti. Si contavano già almeno altri quattro progetti, oltre a questo, che si presenta come il progetto preliminare della tratta internazionale. E tutti hanno avuto i canonici 60 giorni per le osservazioni del caso. Curioso è stato, oltre che il periodo di presentazione, anche il come è stato pubblicizzato: in almeno 12 scatoloni cartacei e solo pochi file informatizzati reperibili al link del sito della Regione Piemonte (http://via.regione.piemonte.it/via/progettoTorinoLyon.htm).
Da notare inoltre che la tratta non riguarda pochi chilometri, ma si spinge bensì oltre le pendici del Rocciamelone arrivando fino alla Sacra di San Michele, celebre monumento sacro piemontese. Però non tutti i sondaggi geognostici sono terminati. Anzi, sono stati interrotti anche grazie alla resistenza del movimento contrario alla TAV, con il risultato che sono state piazzate, tra metà gennaio e metà marzo, meno di un quinto delle trivelle annunciate.
Il GOVERNO ITALIANO PARE DISINTERESSATO?
Strano ma vero, al Governo di Roma hanno altro da fare che pensare alla Tav, tanto da non aver ancora sganciato i soldi promessi.
E forse non ci credono neanche alcuni tra gli uomini di Rfi (Rete ferroviaria italiana) come il responsabile per la tratta Venezia-Trieste del Corridoio 5, l’ingegner Carlo Comin, il quale ha affermato che l’Alta Velocità nel Nordest non serve, che ormai si parla solo di trasporto merci e che la linea esistente è lontanissima dalla saturazione in quanto potrebbe sostenere circa otto volte l’attuale traffico di merci.
Comin ha anche sottolineato che la progettazione della tratta Venezia-Trieste, deve comunque essere completata entro l’anno, altrimenti i soldi già spesi bisogna restituirli all’Europa per non aver ultimato il progetto come prevedeva l’accordo stipulato. E sull’impatto socio-ambientale ha detto che «quest’opera difficilmente riguarderà i nostri figli, e forse a malapena i nostri nipoti». Questo è ciò che accade nel Nordest d’Italia.
SOTTO ACCUSA I COSTI DEGLI ARBITRATI DELLA TAV
Ultima “chicca” di questo progetto dell’Alta velocità ferroviaria è lo stratosferico costo degli arbitrati scaturiti dalla Tav che, pare, potrebbero far fallire le Ferrovie dello Stato: a rivelarlo è un Memorandum riservato delle FFSS dove si parla di ben 6 miliardi di euro. Tra i mass media italiani solo Il Fatto Quotidiano l’8 e il 12 agosto ha scritto i dettagli della cosa.
Nella lettera, datata 1° agosto 2008 e scritta su carta intestata dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori e Servizi e Forniture, inviata a RFI spa, Tav spa, Fiat spa, Consorzio Iricav Uno, viene contestata la committenza dei contratti in esclusiva (a trattativa privata e senza alcuna gara d’appalto) ai tre General Contractors ENI, FIAT, e IRI.
«Il Consiglio dell’Autorità nella seduta del 19/20 dicembre 2007 – si legge nella missiva – ha approvato un atto di risoluzione con il quale in riferimento alla realizzazione degli interventi relativi alle linee ferroviarie Roma-Napoli-Bologna-Firenze, in corso di avanzata esecuzione, ha evidenziato il mancato rispetto dei principi che regolano il settore degli appalti pubblici… Tutti i soggetti interessati hanno in primo luogo evidenziato come l’importo che viene indicato come il Prezzo Forfetario di cui alla convenzione originaria fosse in realtà stabilito … senza tener conto di una effettiva valutazione dell’opera (…)
L’Autorità ha evidenziato in primo luogo come, con successivi atti integrativi alla Convenzione iniziale, si sia affidato ai General Contractors un’opera sostanzialmente diversa da quella prevista nell’atto originario … a seguito di definizione di un Prezzo Forfetario notevolmente superiore a quello indicato nelle Convenzioni originarie, in quanto ipotesi non contemplata da dette Convenzioni, si conferma tuttavia che, con gli Atti Integrativi, sono stati affidati ai General Contractors contratti di ben maggiore importo rispetto a quelli che inizialmente – e sia pure di larghissima massima – preventivati, pèr opere che, nel corso della redazione della progettazione esecutiva sono state definite ed hanno recepito sostanziali nuove istanze da parte del Committente…(…)
TAV Spa avrebbe potuto valutare di sciogliere il contratto, stante la rilevante difformità economica (nel caso della Tratta BO-FI il costo dell’intera opera con l’Atto Integrativo del 7.5.1996 e l’Accordo del 20.12.1999 è quasi triplicato) applicandosi comunque le disposizioni di carattere generale relative alla risoluzione dei contratti ed, in particolare ravvisandosi nel caso di specie l’ipotesi di eccessiva onerosità sopravvenuta (…)
(…) per quanto attiene alla differenza dei costi, nei tratti affidati ad imprese terze, tra il corrispettivo all’impresa esecutrice ed il corrispettivo erogato da TAV ai General Contractors … si osserva che gli elementi forniti dagli interessati, generici e non sopportati da elementi analitici, non hanno consentito di operare un confronto, neanche di larghissima approssimazione. E’ evidente come l’assenza di un confronto in tal senso lasci del tutto inalterate le osservazioni circa la diseconomicità della procedura attuata rispetto ad una procedura concorsuale, sviluppata sulla base di adeguata progettazione, che avrebbe rimesso al mercato la definizione del prezzo dell’opera (…)»
Dal canto suo TAV Spa ha replicato dicendo: «… al riguardo TAV ha assicurato che porrà la massima attenzione alla definizione dei contenziosi in corso, affinché con i general contractors non siano alterate di fatto le statuizioni contrattuali…».