“La città deve sapere” è un titolo scelto non a caso. Richiama l’ importante convegno del 1971, che denunciò pubblicamente la grave attività antisindacale a Torino, le famigerate “schedature Fiat”, raccontate nel libro di Bianca Guidetti Serra. Il movimento no tav l’ha riproposto, per denunciare due problemi strettamente intrecciati: la truffa economica, con lo scempio ambientale che una grande opera dannosa e inutile come il Tav comporta; la militarizzazione del territorio e la sospensione delle garanzie costituzionali che l’accompagna. Il successo dell’evento è stato possibile grazie alla disponibilità della “Pro Natura” e alla buona organizzazione messa in campo dai Comitati torinesi no tav. L’incontro è stato preceduto dal comunicato di sostegno all’iniziativa, delle sezioni ANPI di Grugliasco e di Bussoleno, Foresto e Chianocco, letto da Mario Solara. Poi Alberto Perino è entrato nel vivo della questione, denunciando, insieme ad Alberto Veggio e Mario Cavargna, le tante anomalie e opacità che emergono nel cantiere di Chiomonte: l’assegnazione degli appalti, lo straordinario e ingiustificato costo di recinzioni e baracche, le strane modalità di intervento di LTF negli espropri… Cifre e date proiettate sullo schermo e commentate, che hanno più volte provocato applausi e indignazione nella grande sala gremita del Massimo. Moltissimi i rischi, comprovati dagli studi, sul piano della salute e dell’ambiente, per la presenza di amianto nella collina morenica o a Susa, per l’uranio nell’Ambin, per l’inquinamento acustico, per la pazzia del progetto di ”adeguamento” della linea storica, fiancheggiata da altri binari con relativo abbattimento di case nel centro della Valle, per il trasporto dello smarino e la movimentazione della terra, con inquinamento dell’aria e devastazione del suolo,ecc. Interessante per documentazione e ironia critica la comunicazione di Tiziano Cardosi, del comitato no tunnel tav di Firenze, partito dal positivo sequestro della fresa “monna Lisa”(!) attuato dalla magistratura toscana. Anche qui i progetti sono i più costosi e impattanti, le società coinvolte sono sull’orlo del fallimento, nello smaltimento dei rifiuti ci sono “i casalesi”, nell’”osservatorio ambientale” il costruttore controlla se stesso, nessuna sicurezza nelle gallerie e per i mille edifici sovrastanti, perdita delle falde acquifere, ecc.… A sostenere la tesi che si tratti ormai di una grande truffa, pericolosa per l’ambiente e per la democrazia stessa, ha concorso la proiezione dell’intervista al magistrato Ferdinando Imposimato, che raccorda l’Alta Velocità al fenomeno mafioso e alle stragi impunite della Repubblica. Puntuale e ancora denso di spunti di riflessione, per l’alta cultura giuridica del suo contenuto, l’intervento di Livio Pepino, che ha demistificato il luogo comune del “i no tav avranno pure ragione, ma non si può discutere sempre e bisogna pur decidere a maggioranza e andare avanti …”. A fronte della relativizzazione del principio di maggioranza, ha richiamato la sovranità popolare, le forme e i limiti indicati dalla Costituzione per il suo esercizio, l’assoluta priorità della tutela della salute (art.32) e dell’ambiente (art.9). Ha ricordato come la democrazia proceda attraverso il conflitto e l’opposizione. Ha invitato la politica ad essere intelligente, cioè capace di rivedere le decisioni sbagliate come il Tav. Nel dibattito successivo sono ancora intervenuti i professori Massimo Zucchetti, Ugo Mattei e Claudio Cancelli, che da angolazioni diverse, e complementari, hanno arricchito la riflessione e l’informazione. In tema con la difesa dell’ambiente e della salute il documentato appello di Claudio Cavallari, impegnato nella lotta contro l’inceneritore del Gerbido.