di Roberta Covelli per nuovasocietà.it
La questione Tav sta rappresentando per il Partito Democratico uno dei tanti esempi dell’inquietante somiglianza alla nuova destra berlusconiana.
È conosciuta la posizione di Bersani sull’opera («Io sono per farla. […] Dico: qui parliamo di una ferrovia, di treni, punto e basta»), meno quella di essere stato in passato amministratore della Cmc, la Cooperativa muratori e cementisti, implicata (ma assolta in secondo grado) insieme ad Impregilo nei disastri ambientali per la Tav Bologna-Firenze e con importanti interessi per la Tav Torino-Lione (oltre che per la maggior parte delle grandi opere, ponte sullo stretto compreso).
Ma è la fattiva partecipazione di Stefano Esposito, parlamentare Pd alla prima legislatura, ad apparire interessante. L’onorevole, esponente di spicco dei Sì Tav, dedica molto tempo al contatto con la popolazione, specie attraverso blog e social network. Attraverso Facebook, imperversa sulle pagine No Tav, cercando di redimere gli animi dei valsusini indignati, ma lo fa, purtroppo, tramite espressioni e slogan degni del piazzista di Arcore.
Si è però superato con il ricorso al cliché dell’assalto mediatico. Dopo Mercalli e la Gabanelli, colpevoli di solidarizzare in Rai con le ragioni dei No Tav, tocca a Mi manda Raitre essere annoverato tra i programmi faziosi. Camurri aveva invitato da una parte Ianaccone (contro l’opera), dall’altra Virano (presidente dell’Osservatorio, a favore della Tav), con Mercalli in collegamento. I tempi sono stati sproporzionati ed Esposito ha dunque tuonato, invocando la Vigilanza Rai.
Ma è il linguaggio (oltre che le posizioni) ad avvicinarlo all’abitudine burocraticamente censoria cara ad una certa destra illiberale. Sul suo sito, Esposito scrive di un “monologo di Mercalli” a cui non è seguita “alcuna puntata riparatrice” e, come se non bastasse, di una puntata di Mi manda Raitre che ha tradito “la natura stessa del servizio pubblico in nome di un giornalismo parziale e fazioso”. Poi invoca la necessità di “un intervento urgente della Commissione di vigilanza della Rai” concludendo con il riferimento alla tassa: “rete televisiva pubblica (sostenuta dal canone dei cittadini )”.
Insomma, cambiando qualche parola, l’invettiva di Esposito, che nel post si dichiara di sinistra, potrebbe suonare all’incirca così: «L’uso che Mercalli… Come si chiama quell’altro? La Gabanelli… Ma l’altro? Camurri, hanno fatto della televisione pubblica, pagata coi soldi di tutti, è un uso criminoso. E io credo che sia un preciso dovere da parte della Commissione di Vigilanza di non permettere più che questo avvenga».