di Maurizio Tropeano
Rompere quello che chiamano «l’assedio mediatico» e dimostrare che l’opposizione al supertreno «non è una questione di ordine pubblico». E’ questo l’obiettivo che i No Tav vogliono portare a casa oggi con la marcia da Giaglione alla centrale elettrica di Chiomonte che sarà «un’iniziativa popolare, pacifica e determinata». Una marcia, non un assedio, come quello del 3 luglio, per dare a tutti la «possibilità di tornare a Chiomonte», spiega Lele Rizzo, uno dei leader dei comitati, e per gettare le basi di una mobilitazione di massa con l’impegno di «riprendere un percorso che vedrà il mese di settembre come punto di arrivo-inizio».
Sui siti del movimento non c’è traccia di autocritica o di ripensamenti su queste due settimane di campeggio costellate da incursioni notturne violente contro le forze dell’ordine a presidio dell’area della Maddalena, anzi si attaccano gli organi di informazioni con l’accusa di voler rinchiudere «una lotta vera e cha fa paura dentro un recinto mediatico». E si attacca anche chi come il sindaco di Sant’Antonino di Susa, Antonio Ferrentino, e il Pd, hanno chiesto agli amministratori di non partecipare alla marcia e di invitare anche i valsusini a disertare questo appuntamento dove sarebbero alti i rischi di violenza.
La loro tesi è che «la maturità del movimento va ben oltre gli auguri di chi gufa la sua morte, venti anni di lotte hanno dimostrato di che pasta è fatta la Valsusa e oggi sarà la giornata per dimostrarlo ancora una volta». Detto questo, però, è chiaro che i comitati hanno la necessità di rimettere al centro del dibattito quell’essere un «bene comune da difendere» che maschere antigas, biglie, fionde e altri oggetti di offesa hanno fatto passare in secondo piano.
Non è un caso che nell’appello alla manifestazione si parli di marcia e non venga mai nominata la parola assedio o vengano usate altre terminologia che possano ricordare scontri e battaglie. L’iniziativa di oggi serve ai comitati per riportare a Chiomonte il maggior numero possibile di persone, e per garantire la sicurezza e lo svolgimento pacifico della marcia sarà messo in campo un servizio d’ordine.
Una marcia pacifica e di massa permetterebbe ai Comitati di mettere in risalto altre iniziative di protesta come, ad esempio, la lettera/appello che 130 tra docenti e ricercatori universitari dell’Ateneo e del Politecnico di Torino hanno inviato al presidente della Repubblica. Professori e ricercatori chiedono a Napolitano di intervenire per rimettere in «discussione in modo trasparente e oggettivo la necessità dell’opera» perché esiste una «variegata documentazione scientifica che contraddice alcuni assunti fondamentali a supporto dell’opera e ne sconsiglia nettamente la costruzione».
E senza violenza potrebbero anche moltiplicarsi le bandiere No Tav appese sui balconi di Torino. La campagna «adotta una bandiera No Tav» è stata lanciata dall’associazione «Presidiare la democrazia», una rete di associazioni torinesi che invita ad «esporre, regalare, sventolare» quel vessillo che secondo i promotori «è diventato un simbolo che unisce molte delle resistenze nate per difendere il lavoro, la scuola, l’ambiente, la salute, la democrazia».