Altra Italia – Quando la musica unisce le lotte sociali.
Tre «raperos» tra i No Tav. La giornata valsusina dei Cuentas Claras, prima al presidio di Bussoleno ad ascoltare le storie della resistenza all’alta velocità e poi al cotonificio di Chianocco. In concerto con i giovani rappers della valle che mettono in rima la battaglia di Venaus. Aspettando la manifestazione dell’11 dicembre.
Orsola Casagrande (Il Manifesto)
CHIANOCCO – Metti tre raperos cubani in Val Susa, una domenica di fine novembre. La neve che cade. I giovani cubani con gli occhi curiosi e pieni di stupore perché la neve non l’hanno mai vista (e nemmeno il termometro che scende velocemente sotto lo 0). Metti una valle che si mobilita per accogliere questi tre musicisti che immediatamente si identificano con la lotta di popolo contro il treno a alta velocità. «Ora e sempre no Tav», canteranno Carlitos e Temba alla sera al Cotonificio di Chianocco.
La giornata valsusina del gruppo di hip hop cubano Cuentas Claras (in giro per l’Italia in un tour che li porterà a conoscere diverse realtà indipendenti musicali e di lotta) comincia con la neve, appunto. E con il calore dei valsusini che li accolgono nei vari presidi. Proprio sabato è stato terminato il tetto nel nuovo presidio di Clarea, alla Maddalena. Lo scoglio dei sigilli posti dalla magistratura è stato letteralmente ‘scavalcato’ dai no Tav che hanno terminato i lavori. Ai giovani rapper cubani il popolo No Tav racconta la resistenza di una valle che si oppone al treno ad alta velocità sia perché si tratta di un’opera inutile e che devasterebbe una delle più belle valli del paese ma anche perché opporsi alla Torino-Lyon vuol dire riappropriarsi dei propri territori e soprattutto del diritto a decidere che tipo di sviluppo e futuro si vuole per quei territori. La lotta della Val Susa è una lotta di cuore, di passione, ma anche di idee chiare e di una preparazione che ha reso i valligiani più esperti degli esperti quando si tratta di affrontare il discorso delle conseguenze devastanti che la Torino-Lyon avrebbe sulla valle. I valsusini conoscono bene la loro valle e si sono messi a studiare carte e tracciati, hanno interpellato economisti e scienziati per arrivare alla loro conclusione: l’alta velocità non serve e non si farà.
Non ci sono mediazioni possibili rispetto a un progetto che ha come unico scopo quello di far arricchire qualcuno. Su questo il popolo no Tav è chiaro. Lo è stato fin dall’inizio di questa lotta. In questi giorni ricorre l’anniversario della liberazione dei terreni di Venaus. Era l’8 dicembre del 2005. Una grande manifestazione sotto la neve, dopo il blitz poliziesco di tre giorni prima. La Val Susa ha reagito con determinazione. Lo raccontano ai cubani i valsusini, con una passione che non è mai venuta meno in questi anni di lotta. «Dall’alba dello sgombero forzato di Venaus per ben due giorni l’intero traffico autostradale e ferroviario che attraversa la Valle è stato paralizzato dalla mobilitazione popolare», raccontano Ermelinda, Massimo e Mario.
Liberare Venaus era però l’obiettivo finale. Così viene indetta la manifestazione che non solo libererà i terreni di Venaus ma darà inizio a un nuovo capitolo nella storia di questo movimento che resistendo è diventato l’esempio per tutti. I giovani rapper ascoltano affascinati i racconti di chi ha eretto presidi e manifestato in valle come a Torino e a Roma per difendere il diritto a decidere del proprio futuro. Vengono raccontate le esperienze dei presidi di Borgone, di Bruzolo e dello stesso Venaus, poi la battaglia del Seghino e l’assedio al cantiere. Si ricordano le manganellate della polizia e i toni duri del governo Berlusconi. Ma anche quella che è stata una vera e propria occupazione militare del territorio, con gli abitanti di Mompantero sequestrati da check point alpini e truppe di occupazione, e le strade della val Cenischia aperte ai soli residenti, sospendendo il diritto alla libera circolazione.
E ancora i due giorni di lotta a Bussoleno, roccaforte storica, borgo ribelle da sempre. Perché qui la storia, la memoria sono il presente. E il futuro. Chi parla ai giovani rapper inizia sempre da una frase. «Mio padre era partigiano», oppure «mio nonno è stato partigiano in questa valle». Una memoria che è viva e che lega uomini, donne, giovani a questa terra in una maniera ancor più passionale e forte. Una memoria che vive nel presente e che è proiettata nel futuro. Come accade nel progetto musicale di Mario Solara, scrittore e bassista de La Cura Giusta. Il lavoro si chiama ‘Grida’: un cd e una storia che ha preso forma proprio nella notte di Venaus. Grida è l’urlo dei ribelli, dice Mario, «l’urlo di coloro che hanno deciso di lottare per la loro terra e per un nuovo modo di intendere il progresso».
Si accavallano le storie che Carlitos, Temba e Livan ‘bevono’ insieme al vin brulè che viene offerto loro dal presidio di Vaie, Picapera. Qui è dove vorrebbero scavare l’ingresso del tunnel dell’Orsiera. «Ma non lo faranno mai», assicurano gli anziani del paese.
La serata finisce ma i valsusini sono già pronti per la prossima tappa: intanto la settimana dell’8 dicembre ci sarà una manifestazione e poi si attende di capire quali saranno le mosse del governo.