da il journal blog
Negli ultimi 10 anni, l’Italia ha abbandonato a se stessa una parte del suo territorio grande quanto l’intera Calabria. Emerge dai risultati provvisori del sesto censimento nazionale dell’agricoltura, resi noti dall’Istat in questi giorni.
Il quadro generale: ci sono meno aziende agricole (sono circa un milione e 600 mila, con una diminuzione del 32,2% fra il 2000 e il 2010) ma la loro dimensione media è aumentata del 44,4% ed è ora pari a 7,9 ettari.
Insomma, fusione e concentrazione. Però questo processo ha “espulso” 15.000 chilometri quadrati che 10 anni fa facevano parte della superficie delle aziende agricole ed ora non più.
Si tratta di un territorio improduttivo o scarsamente produttivo, ma comunque segnato dalla millenaria opera dell’uomo e trasformato rispetto al suo aspetto originario: abbandono” in questo caso non significa “ritorno alla natura”, bensì “dissesto”.
Questa diminuzione di 15.000 chilometri quadrati in 10 anni riguarda la Sat o superficie aziendale totale, che comprende non solo i campi veri e propri ma anche i boschi, gli stagni, i canali, i giardini e insomma tutto ciò che – produttivo o meno – è situato entro il perimetro dei terreni che costituiscono un’azienda agricola.
Adesso i boschi non verranno più ripuliti, i canali non verranno più sottoposti a manutenzione, l’acqua sceglierà da sè le vie entro le quali scorrere. Non è una bella cosa, se ci pensate: infatti il risultato è che l’Italia frana.
All’interno di questa grande area lasciata a se stessa, i campi che esistevano fino a 10 anni fa ma che ora non vengono più coltivati ammontano a 3.000 chilometri quadrati: una superficie quasi vasta quanto la Valle d’Aosta:
La tabella, fornita dall’Istat, mostra la variazione regione per regione della Sau, cioè della superficie agraria utilizzata (la terra coltivata, per capirci), e del numero delle aziende
Notare come l’abbandono dei campi sia stato massiccio soprattutto in Liguria e in Valle d’Aosta. Zone dove non trovi un fazzoletto di pianura nel quale far passare decentemente un trattore. Zone, soprattutto, in cui il concetto di terreno coltivato si sovrappone al concetto di terrazzamento: fianchi di colline e montagne modificati con muretti a secco e di riporto di terra.
I terrazzamenti stano su solo finchè sono oggetto di meticolosa, accurata manutenzione. Anche qui, abbandono significa frane e dissesto. Genova è infatti diventata tristemente famosa per le alluvioni.
E’ interesse collettivo che il territorio segnato e modificato dall’opera dell’uomo venga presidiato e manutenuto. Secondo me i contadini dovrebbero essere pagati per farlo. Sarebbero soldi spesi molto meglio rispetto a quelli del ponte di Messina o della Tav.
Dal sito dell’Istat il sesto censimento generale dell’agricoltura, con la sintesi dei dati provvisori e il comunicato stampa