Da ieri mattina (lunedì 22 febbraio) alle ore 8,30 hanno avuto inizio le operazioni di esecuzione del decreto di esproprio da parte di TELT, la società incaricata della costruzione della linea ad alta velocità Torino Lione, e che dovrebbero proseguire fino al 17 marzo.
Si tratta di una procedura di occupazione che interessa i terreni acquistati collettivamente nel dicembre del 2012 in Chiomonte da migliaia di persone vicine al movimento No Tav, che con questa iniziativa hanno potuto, non con poche difficoltà a volte, valicare i cancelli del Cantiere di Chiomonte fino ad oggi portando, in seno a questo, la battaglia trentennale contro l’alta velocità.
Dopo questi lotti gli attivisti e i simpatizzanti hanno proceduto ad una campagna di acquisto anche di altri terreni posti su tutto il territorio valsusino interessati al progetto della grande opera, utilizzando questa proprietà in comune per tentare di ostacolare l’avanzamento dei lavori in tutta la Valsusa.
Un’azione, quella dei No Tav, assolutamente legittima ma che chiaramente,arrivati al dunque, ha messo in allarme TELT e compagnia che, attraverso il sostegno delle forze dell’ordine e l’ennesima ordinanza prefettizia, hanno limitato la libertà di circolazione tutto intorno alla zona di cantiere predisponendo un’apparato difensivo degno di una zona di guerra.
Evidentemente, come abbiamo già potuto constatare tante altre volte, in Valsusa non esiste più uno Stato di Diritto ma questo non ha fatto fare un passo indietro ai No Tav che, per l’occasione, da ieri mattina hanno allestito un gazebo informativo nella piazzetta di Chiomonte al limite della zona interdetta dall’ordinanza prefettizia valida dal 22 febbraio al 18 marzo.
I proprietari, convocati ad intervalli di un quarto d’ora l’uno dall’altro, hanno trovato al banchetto tutta la modulistica per poter essere assistiti nella procedura da alcuni tecnici che si sono messi a disposizione per tutto il periodo delle operazioni.
La mattinata ha visto la presenza anche di due legali (nominati dal Movimento) che hanno appurato, contestato e fatto mettere a verbale tutta una serie di osservazioni che sono state presentate dai proprietari e/o dai loro tecnici accompagnatori.
Finito questo utile iter, si arriva al ponte sul Clarea con i propri mezzi dove però è stato montato il solito cancello a protezione di “non si sa cosa” che permette l’accesso solo a piedi. Il riconoscimento dei proprietari avviene prima di varcare il cancello (dove ci sono una dozzina di carabinieri) da parte di un rappresentante della questura che fa firmare alcuni fogli; poi l’ing. Polazzo chiede i nominativi e controlla su un suo elenco l’ora di convocazione e accompagna al di là del cancello dove, al posto del gazebo usato normalmente per l’apericena No Tav del venerdì, si trova un check-point per misurare la temperatura e sottoscrivere una dichiarazione ai sensi del protocollo anti-Covid.
La strada che va verso la Ramat è piena di cellulari, defender, polizia, carabinieri e digos: uno spiegamento incredibile che i proprietari No Tav ritroveranno poi in cantiere.
Dopodiché si viene “consegnati” nelle mani di due agenti che ti scortano fino al gabbiotto per un ennesimo rito di riconoscimento e poi le persone vengono invitate a salire sul pulmino che porta verso il cantiere.
Prima di salire ci si assicura che il mezzo sia stato sanificato (e questo viene chiesto da tutte/i ogni volta che si sale sopra); il pulmino parte scortato da una macchina della polizia.
L’arrivo nel cantiere fa venire una stretta al cuore.
Una volta scesi dal pulmino bisogna aspettare il proprio turno perché le osservazioni sono tante e tutte da verbalizzare.
I primi proprietari hanno potuto verificare che la perimetrazione fatta con dei picchetti sul terreno oggetto di esproprio era incongruente con le pietre di confine; il foglio delle osservazioni che ogni proprietario aveva con sé è stato integrato a seconda delle indicazioni che si è preteso venissero verbalizzate.
Una volta sottoscritto il verbale con tutte le osservazioni il pulmino riporta al punto di partenza, sempre sotto la scorta di una macchina della polizia.
Tutto si svolge in un clima quasi surreale se non altro per il fatto che è stato messo su un apparato in cui traspare lo spreco di denaro pubblico (è bastato vedere la quantità di forze dell’ordine che gironzolavano in tutta l’area).
Per fortuna al rientro in paese ci si ritrova con dei volti amici che ti rincuorano con il loro sorriso sincero e con tutta la forza che contraddistingue questo movimento da ormai trentanni.
A sarà dura… per loro!