Si è tenuta ieri l’Assemblea Territori in Lotta al tempo del Covid-19.
Oltre 100 persone sono arrivate da tutta Italia per confrontarsi su come proseguire nelle tante lotte territoriali più o meno grandi, in questa fase molto complessa a seguito di un anno e mezzo di pandemia che ha gravato duramente sulla vita di tutte e tutti.
Diversi interventi hanno sottolineato come la grande marcia popolare No Tav che c’è stata ieri da Bussoleno a San Didero, sia stata fondamentale per ritrovare quella fiducia e quella sicurezza che nelle lotte dal basso abbiamo sempre incontrato e abbracciato. Essere in circa 20.000 a sfilare contro la devastazione ambientale e le ingiustizie sociali, ci ha fatto ricordare quanto sia importante ritornare a sedersi insieme per costruire percorsi di lotta condivisi.
Grazie ai tanti preziosi interventi è stato possibile costruire una buona fotografia di quella che è la difficile fase in cui ancora ci troviamo. La pandemia ha certamente spiazzato ogni realtà perché in un primo momento ci siamo confrontati con la paura dettata da uno scenario inedito e dalla gestione incoerente e spregiudicata della crisi che hanno fatto governo e media. Ma poco dopo, abbiamo subito compreso come nuovamente ci siamo trovati di fronte ad una serie di scelte governative che davano spazio alle richieste di Confindustria e delle grandi aziende costruttrici, riaprendo così le produzioni e i grandi cantieri nel minor tempo possibile.
La scelta dunque è stata nuovamente quella di mettere al primo posto il profitto di pochi a discapito della vita di tutte e tutti.
Nello stesso momento, abbiamo assistito allo sgretolamento totale del nostro sistema sanitario nazionale che, depredato da anni di ingenti tagli ai fondi, non è stato in grado di far fronte prima di tutto a quelle che erano le esigenze dei piccoli ambulatori, nei quali ogni giorno si riversano migliaia di persone. Abbiamo constatato che la nostra sanità territoriale non esiste più e il modello di una sanità gentrificata è invece quello con cui dobbiamo purtroppo confrontarci. Questo ha, ovviamente, avuto delle dure ricadute su chi già era affetto da gravi patologie perché non ha potuto ricevere alcun tipo di cura o di assistenza, ma al contrario è stato rimandato ad un’attesa infinita, provocando ulteriori morti che si sono aggiunti a quelli da Covid-19.
In contemporanea alle migliaia di morti, abbiamo subito l’accelerazione dei lavori dei grandi cantieri il cui unico scopo è drenare ingenti fondi europei.
Quello della Valsusa, che ha visto l’allargamento del cantiere di Chiomonte e la costruzione di un nuovo fortino a San Didero, è solo uno dei tanti esempi di come per il mondo politico il profitto valga di più della vita delle persone.
Ogni realtà ha sottolineato il collegamento diretto tra sfruttamento della terra, crisi climatica e ambientale, patologie cardiorespiratorie e impoverimento economico e sociale. Il consumo di suolo, le produzioni intensive e sfrenate sono state dure aggravanti nella diffusione del contagio. E’ chiaro a tutte e tutti che la pandemia si è sviluppata soprattutto in quei territori che subiscono un brutale inquinamento, dal quale siamo necessariamente costretti ad uscire se vogliamo sopravvivere, invertendo radicalmente la rotta e offrendo delle alternative utili, comprensibili e praticabili.
Da Napoli, il Comitato Stop-Biocidio ha infatti riportato l’attenzione sul fatto che nella terra dei fuochi sono circa 5.000 le persone che ogni anno perdono la vita per patologie cardiovascolari direttamente collegate allo sfruttamento di quelle terre, numeri che in questo anno e mezzo di pandemia ci sono stati propinati come incredibili, ma che in quei territori si potevano già contare.
Anche a Ravenna, sono decenni che realtà come la CMC drenano fondi per aprire cantieri mortiferi. Lo stesso territorio è anche la sede dell’ENI che sta compiendo un enorme lavoro insieme al Governo Draghi che ha aperto un nuovo Ministero, quello della Transizione Ecologica, che avrebbe l’obiettivo di costruire e praticare nuove politiche di tutela ambientale, ma che invece si sta già muovendo in una direzione che servirà solamente a mascherare le grandi e mali opere che invece nella loro costruzione producono un livello di inquinamento tale che per essere riassorbito ci vorranno altri 70 anni, come ad esempio nel caso del Tav Torino – Lione.
Il Comitato No Tav Trento, ha poi riportato che il loro pezzo di tratta ad alta velocità e capacità, modificherà drasticamente anche il piano urbano, condannando le periferie della città ad un’ulteriore spoliazione.
In questo contesto si inserisce la nostra importante presenza, perché con la pandemia l’Europa ha definito la possibilità di distribuire nuovi importanti fondi economici che se non verranno destinati in modo coerente ai reali bisogni dei territori, segneranno un grave punto di non ritorno.
L’assemblea di oggi è stata molto importante nell’impostare un nuovo punto di partenza dove ogni realtà ha chiara quella che è la direzione da tenere e quindi il rifiuto ad una possibile mediazione perché il futuro non è in vendita e quello che desideriamo guarda a progetti di vita che parlano di dignità e possibilità.
Così, dal Movimento No Tav, sono arrivati interventi che hanno sottolineato la necessità di tornare in ogni singolo territorio dando spazio e voce soprattutto a quelle lotte, magari in embrione o con meno storia alla spalle, che però sono importanti tanto quanto i conflitti più estesi perché inseriti nel quadro comune di una lotta per la vita e la dignità. La volontà di alzare la testa e di essere capaci di dire basta con determinazione e forza a questo sistema che ci vuole zitti e impoveriti, e quindi schiavi. Il Tav Torino – Lione è un’opera che riguarda tutti perché tocca tutte le possibili contraddizioni e di tutti sono gl’ingenti fondi a lei stanziati, gli stessi che saranno direttamente sottratti a tutto il territorio italiano. Oggi più che mai pensiamo che senza una dimensione nazionale e internazionale non si possa andare avanti. Durante la pandemia i governi sono stati capaci di avanzare una dura militarizzazione del territorio e la controparte che ha occupato strade e boschi, ha invaso le nostre vite. Nel tempo si sono attrezzati contro i movimenti di lotta e han trovato delle strategie per tentare di annientare il dissenso e la resistenza di tutte e tutti.
Questo è il momento di smetterla di rappresentare ed è il momento di praticare una nuova via, una nuova strada, di aprire le lotte e di aprire conflitti; dal piccolo al grande, tutti abbiamo in questa fase storica il compito di costruire un piano per ripartire da un disastro.
Per questo la Carovana Ambientale per la Salute dei Territori è stata riconosciuta come un passaggio importante da molte delle realtà presenti, perché svolgerà un ruolo fondamentale e darà la possibilità concreta di intrecciare tanti luoghi e tante piccole realtà, per ascoltarne i loro bisogni e raccoglierne le difficoltà, producendo un unico discorso di rivendicazione politica capace di dare voce alle molteplici istanze che emergeranno. Tutte importanti per contrastare questo sistema capitalista che ci vuole annientare. La Carovana però dovrà essere capace di creare reti permanenti e non solo funzionali all’esigenze della contingenza in cui ci troviamo. Abbiamo la necessità di ricostruire un movimento capace di riunire tutte le lotte in un unico obiettivo, fermare il capitalismo.
Nonostante la fase critica, di positivo c’è il fatto che ogni territorio è stato capace di costruire legami relazionali partendo da necessità concrete, come la distribuzione di pacchi alimentari per le persone in difficoltà, punti educativi e di sostegno all’istruzione e azioni di mutuo aiuto, come riportato in diversi interventi.
Insieme abbiamo anche messo al centro il bisogno di definire qual è il nostro concetto di “ristrutturazione” perché quello che ci viene offerto dal Governo parla un di ritorno alla normalità, intendendo un ritorno alla stessa struttura che ci ha portato fino a qui e quindi alla stessa che ci ha costretti a rinchiuderci in casa per mesi, a perdere i nostri cari, a perdere il lavoro e per chi è riuscito a tenerselo, a lavorare con la paura di contrarre il virus. Questa soluzione è stata certamente individuata come inaccettabile.
Abbiamo individuato i punti cardine su cui verterà la loro ripresa che passerà attraverso la digitalizzazione e la riconversione energetica. Sarà obbligatorio produrre, quindi, un nostro punto di vista forte che batta sull’ambiente e la salute, spiegando cosa si cela sotto a paroloni come Greenwashing, partendo dal mostrare come la costruzione di un impattante parco eolico e uno fotovoltaico in Sicilia, il gasdotto in Salento, costituiranno tutti un pesante numero di espropri e una conseguente devastazione ambientale che servirà a causare nuovi malati.
Infine, crediamo che il momento che abbiamo di fronte ci dice che la riproduzione del capitalismo va in esatta contrapposizione con la riproduzione della stessa vita dell’essere umano, contro una maggioranza di persone che vivono, lavorano e consumano, ma non sono tra quegli eletti che invece detengono la vera ricchezza.
La somma di quello che abbiamo visto è stata la dimostrazione pragmatica del capitalismo dove Confindustria è disposta a considerare l’eliminazione di migliaia di persone per portare avanti, anche solo per qualche giorno in più, il proprio profitto.
Da nord a sud le terre vengono inquinate provocando gravi danni alla salute delle persone. Questo ci dimostra che il nostro paese è un enorme territorio di sacrificio dove convivono sfruttamento, valorizzazione capitalista e devastazione. Sono questi luoghi, spesso fuori dalle rotte ufficiali della politica e dei media, da cui crediamo che sia importante ripartire per costruire una resistenza ampia e diffusa.
E’ stato importante ritrovarsi perché questa pandemia ha creato una di grande crisi, ma ha anche dimostrato che chi è stanco di questa gestione, ha alzato la testa, anche se con fatica in alcuni momenti e cosa più importante è che tutte queste esperienze virtuose abbiano una connessione oggi davvero chiara.
Il rapporto mortifero tra inquinamento, sfruttamento e pandemia va ricondotto come quel filo rosso che ci permetterà di esprimerci e rivolgerci a tantissime persone in modo più comprensibile. Per questo la Carovana Ambientale aprirà un percorso reale, ripartendo da quei territori che se da un lato sono abbandonati nei servizi e negli investimenti della protezione della riproduzione sociale, sono anche gli stessi che vengono tritati dagli ingranaggi dello sfruttamento e del profitto.
I prossimi appuntamenti per quella che sarà una grande estate di lotta su tutto il territorio nazionale saranno:
25-26-27 tre giorni di lotta musica e balli in località Gravella (Chiomonte)
9-11 Luglio Mobilitazione contro il G20 della Finanza e delle Banche a Venezia
13 – 18 Luglio campeggio Giovani No Tav
12 – 22 Luglio Carovana Ambientale per la Salute dei Territori
20 – 22 Luglio Mobilitazione contro il G20 dell’ambiente a Napoli
20 Luglio Ventennale del G8 di Genova
20 – 25 Luglio campeggio di lotta
1-8 Agosto Campeggio Ambientale ad Ostuni
Settembre – iniziativa a Ravenna