Cittadini e ambientalisti della Zad di Roybon schierati contro la Centre Parcs che brama ai 200 ettari di foresta per trasformarli in un centro divertimenti.
di Massimo Bonato Tg ValleSusa – Bruciano i presidi del movimento della Zad di Roybon come quelli No Tav in Val di Susa, presidi che il movimento ricostruirà con pazienza e tenacia.
La sera del 5 febbraio, qualcuno ha lanciato bottiglie molotov contro il presidio d’accoglienza della Zad rendendolo un cumulo di macerie in fiamme. Il 30 novembre gli avevano sparato contro.
Zad di Roybon, foresta di Chambaran, Isère, regione della Rhône-Alpes. Anche qui gli interessi sono enormi. E la lotta aspra, perché gli attivisti della Zad parlano apertamente di tentativo di omicidio; e dal consiglio comunale aperto di Roybon, non più tardi del martedì precedente, dalla riunione della parte avversa, il Pro-Centers-Park, erano partire aperte minacce di violenza fisica.
Due parti schierate sul limitare di una foresta, quella di Roybon, che si vorrebbe abbattere per costruirvi un centro benessere con piscine a temperatura costante e allettamenti per il turismo cellophanato dei resort.
La società Center Parcs
Uno dei fari del gruppo Pierre et Vacances è la società Center Parcs. Società dinamica del capitalismo moderno “a basso rischio e ad alto rendimento” è definita dal blog «Chambarans» una “grande appassionata del saccheggio di risorse naturali finanziarie e umane”; sa come attingere ai fondi statali, regionali, comunali e farli rendere a proprio vantaggio. Un “capitalismo verde” che promette lavoro attraverso il turismo a una società immiserita, senza che però questo comporti un reale sviluppo per il territorio o per la salvaguardia ambientale o per il piccolo commercio.
La Center Parcs installa parchi di divertimenti, mettendo a pagamento ciò che fino ad allora era stato gratuito; ordinando, selezionando, riforestando ciò che prima era stata la natura selvaggia del luogo a far nascere e prosperare; cacciando specie autoctone di animali da un habitat che tutto sarà fuorché naturale; richiamando turisti dal piacere compulsivo e alienato dell’all-inclusive, là dove la frequentazione era sempre stata quella di chi la natura l’ama davvero, così com’è.
Duecento ettari di natura incontaminata, di zona umida necessaria a regolamentare le acque piovane, contenere inondazioni e periodi di bassa intensità dei flussi, che si tradurranno in una piscina a 29° costanti, centri sauna e jacuzzi, solarium e altre piscine con impianti di onde artificiali. Una deforestazione a cui si sostiuirà “il paradiso subtropicale”, l’illusione sottovetro di un deserto, con insostenibili specie tropicali nel bel mezzo dell’Isère, avide di energia per mantenere una temperatura adatta, tassi umidità e rinnovi regolari. E poi un migliaio di cottage, bar e ristoranti, l’immancabile centro commerciale. Il tutto per 370 milioni di euro di investimento.
“Lavoro!” Parola magica
Ma porta lavoro. La sapiente circonvenzione mediatica apre le borse riempite dai contribuenti, attira investitori privati, fa avanzare lancia in resta funzionari e deputati, sindaci e consiglieri comunali in difesa della società che promette 697 posti di lavoro e ricadute fiscali sul territorio.
La Zad di Roybon la pensa diversamente. Non dicono che la maggior parte di questi posti saranno part-time a una decina di ore lavorative a settimana; non dicono che si tratterà di posti per cameriera, lavapiatti, spazzini, che nulla hanno a che fare con il tentativo di radicare i giovani sul territorio attraverso mestieri e professioni al territorio attinenti, anziché sradicarli definitivamente. Perché studi di ricercatori comparsi sui siti della “rete sociale” parlano chiaro, e parlano della Center Parcs come di una società che paga per le stesse mansioni meno di altre realtà piccole a grandi che siano, e il tasso di abbandono del lavoro è altissimo, perché appunto è poco e non rende.
Un ritorno economico che si traduce in un posto da cameriere, perché il cliente viene prelevato, installato nel suo cottage e reso autarchico all’interno della struttura dalla quale non ha motivo di uscire. Sicché del patrimonio naturale, culturale e commerciale del territorio non vedrà e non saprà nulla: è la storia dei resort, che siano in Madagascar, in India, o dietro casa l’importante è che siano finti, perché di ciò che li circonda al turista poco importa. Turismo industriale e alienante. Ne sapranno qualcosa invece gli abitanti a cui verrà eroso un patrimonio, quello sì naturale e alla portata di tutti, recintato dalla privatizzazione che alla comunità “regala” qualche posto da cameriere e da spazzino in cambio di una richiesta energetica che quell’ambiente prosciugherà ulteriormente.
Ecco contro che cosa stanno lottando le centinaia di cittadini e associazioni ambientaliste che si sono in questi mesi stretti attorno alla piccola Zad di Roybon dell’Isère, che ha occupato la casa cantoniera e iniziato a costruire ripari e presidi.
Quella definita da Alain Cottarlorda (PS), presidente del Consiglio generale dell’Isère “una minoranza di esagitati che tentano di opporsi a questo progetto con la forza, l’intimidazione e la manipolazione, cercando di imporre la loro volontà nel disprezzo dei principi fondamentali della nostra democrazia” perché “il concetto stesso di Center Parcs è ecologico” («Le Dauphiné Libéré» del 2 dicembre 2014).
Quella a cui sparano la notte contro i presidi, quella a cui i presidi incendiano, spinti dalle promesse della Center Parcs, ma anche da deputati come Jean-Pierre Barbier (UMP) che martedì 3 febbraio ha parlato addirittura all’Assemblea Nazionale chiedendo lo sgombero definitivo della Zad, il divieto assoluto del festival Open Barrikad che la Zad stava organizzando per il 7, 8, 9 febbraio. “Il rischio di disordini non può essere ignorato” dichiara Barbier, rimettendo il tutto alla solita, abusata, frusta questione dell’ordine pubblico. Ma il governo ha risposto per voce del ministro dell’Ecologia, che il sito verrà sgomberato quando il progetto sarà ridefinito e deciso. Perché al momento è impantanato tra le carte del prefetto della regione Rhône-Alpes che ha decretato la sospensione dei lavori di cantierizzazione, finché il tribunale di Grenoble, accolti i ricorsi degli ambientalisti, non si esprimerà sulla legalità del progetto.
Intanto la Zad di Roybon, ricostruirà il suo presidio e terrà il suo festival, Stato di Polizia o no, “capitalismo verde” o no.
Fonti: «zadroybon», «Chambarans», «Goodplanet», «France3», «Mediapart», «Le Monde», «Liberation», «Le Dauphiné Libéré».