Giovani, metropoli e mondo della formazione
Una settimana di campeggio in Val di Susa, dal 26 Agosto al 1 Settembre, all’interno dell’estate di lotta NoTav, animata da dibattiti e incontri di discussione, iniziative culturali, concerti e momenti di socialità. E’ un esperimento che proponiamo, uno spazio (non solo) politico che vogliamo aprire a tutti/e per ragionare e discutere collettivamente dei problemi con i quali ci scontriamo ogni giorno nei diversi aspetti della nostra esistenza: dall’università all’assenza di reddito, dalla chiusura degli spazi di socialità all’impoverimento delle nostre vite.
Nel continuare il percorso iniziato l’anno scorso la scelta del campeggio NoTav è per noi naturale. Infatti questo movimento ci ha insegnato a liberarci dalle ideologie ghettizzanti e paralizzanti, a trarre ricchezza dall’eterogeneità di attitudini e capacità, a costruire una comunità in lotta. La nostra ambizione è quindi quella di far tesoro di questi insegnamenti nel mondo della formazione e tra il tessuto giovanile metropolitano.
L’intera struttura istituzionale e i governi che uno dopo l’altro si stanno succedendo sono in piena crisi di legittimità, i provvedimenti di austerity e le riforme lacrime e sangue hanno prodotto un impoverimento diffuso, percepito e mal sopportato dalla maggioranza delle persone. Oggi ancora di più oggi essere giovani in questo paese vuol dire confrontarsi con un presente di precarietà, di assenza di opportunità e prospettive per il proprio futuro.
Da questo punto di vista l’università ha smesso da tempo di offrire un’alternativa, se non per la possibilità di posticipare di qualche anno (per chi se lo può permettere) il problema del proprio mantenimento autonomo. D’altronde, gli obbiettivi di un ciclo ventennale di riforme ( quelle di Gelmini e Profumo sono state solo le ultime) si stanno realizzando: le università sono enormi supermercati del sapere di cui gli studenti sono clienti che devono consumare, sgobbando e senza lamentarsi, in fretta e a caro prezzo, una merce di sempre più bassa qualità. Ma, anche se si accettassero le regole del gioco, l’università, nascondendosi dietro la retorica della meritocrazia, promette qualcosa solo per pochi privilegiati.
Una percezione lucida si fa strada nella composizione studentesca: il feticcio dell’università pubblica da difendere come “bene comune” svanisce (confinato nelle riserve dei sindacatini studenteschi) ed è soppiantato dalla consapevolezza di trovarsi, strumentalmente, in un’agenzia di formazione della quale usufruire – per quel poco che valga.
Parallelamente, nell’ultimo anno ha assunto rilievo crescente il problema del reddito, della possibilità di accedere ai consumi, di pagare gli affitti, di districarsi tra diversi lavori saltuari. A partire da questi bisogni, numerosi percorsi di autorganizzazione sono nati sui territori e spesso non è stata solo la componente di riappropriazione ad alimentarne la forza, ma anche la possibilità di immaginare al loro interno forme di vita differenti da quelle imposte dal sistema capitalistico. Nel contesto attuale, infatti, la questione degli spazi e dei tempi di vita non è una variabile di secondo piano per i bisogni dei giovani. Diventano luoghi e momenti privilegiati quelli in cui è possibile “staccare” dai ritmi incalzanti dello studio e del lavoro, intrecciare relazioni, svolgere attività (appassionanti, manuali, culturali, ludiche etc..) slegate dal fastidio di preparare a ripetizione esami poco interessanti o di lavorare per pochi spicci. In diversi casi per tutelare le prerogative di spazi e tempi non esplicitamente sottomessi al dominio del mercato si diffonde la disponibilità a contrapporsi a chi (sbirri o rettori-sceriffi) si pone come agente della normalizzazione alle consuete forme del consumo: più silenziose, più costose, che occupino lo spazio pubblico solo in occasione di grandi eventi commerciali.
Su queste tensioni quale ruolo propulsivo e di rottura possono agire le soggettività militanti?
Questi sono solo alcuni degli spunti che cogliamo dalle lotte dell’ultimo anno, a partire dai quali pensiamo sia importante porsi domande che stimolino l’azione futura, che siano le fondamenta per un agire politico capace di aggregare forze e di sedimentare inimicizia al governo della crisi.
Quali forme dobbiamo immaginarci per un conflitto possibile dentro l’università e sul territorio metropolitano? Come agire l’intreccio tra questi due campi? E’ sotto gli occhi di tutti che, se episodi di lotta si sono diffusi sul territorio nazionale, per ora non hanno avuto la capacità (o la possibilità) di generalizzarsi e aprirsi ad istanze più ampie – il movimento NoTav rimane in questo senso una particolare eccezione. Se è vero che stiamo per entrare in una nuova fase della crisi, le nostre armi allora dovranno essere affinate per essere all’altezza della sfida. Non abbiamo nessuna parola definitiva in proposito, nessuna cantilena da ceto politico da riproporre fino allo sfinimento, ma pensiamo che ora più che mai ci serva discutere, confrontarci, meticciare riflessioni e stimoli per creare conflitto dentro, ai margini e oltre l’università della crisi.
Collettivi universitari e antagonisti di Bologna, Brescia, Cagliari, Catania, Cosenza, Palermo, Pisa, Roma e Torino
Programma:
lun 26 ore 18: presentazione della settimana
mar 27 ore 18: Formazione nella crisi: la battaglia sui saperi tra soggettività e movimenti dentro, contro ed ai margini dell’università. Dibattito a partire da “genealogie del futuro” con Anna Curcio e Gigi Roggero
mer 28 ore 18: Il paradigma della conoscenza ad Alta Velocità: dibattito cobn SIlvano Cacciari a partire dal libro “LEssico Virilio. L’accelerazione della conoscenza”
ore 22 trash contest tra i peggiori dj dei collettivi
gio 29 ore 18: Voci da un mondo in tensione: lotte e movimenti da Gezi Park al Brasile
ven 30: Esperienze di lotta dentro e ai margini dell’università + iniziativa di lotta
sab 31: Assemblea conclusiva: discussione su prospettive di conflitto nell’università per l’anno a venire + Serata musicale(Dancehall)
da infoaut