Sabato e domenica la presenza in Valle di tanti scrittori ed editori ci ha portato la solidarietà di una parte importante dei “lavoratori dell’immaginario”, come li ha definiti Serge Quadruppani, ideatore della manifestazione.
Sabato a Busooleno, domenica a Chiomonte e Giaglione prima, in val Clarea poi, tra letture, visite alle reti, discussioni in tavola rotonda su come questa vicinanza possa e debba esprimersi, e davanti ad una tavola alimentare su ogni argomento immaginabile, ci hanno riportato riflessi di come da fuori della Valle venga vista la nostra lotta, e a quali altre venga accostata. Rinunciando a tentare un riassunto coerente delle due giornate provo a riportarne qualche istantanea resa in parole.
Dalla giornata di sabato,
– Sentire l’incipit del prossimo romanzo di Serge Quadruppani (“dovevo consegnarlo a fine marzo”, dice), che si apre con la descrizione di un paesaggio, diviso in due parti diseguali dalla linea di un viadotto di autostrada, in cui nella parte bassa, sotto il sole di luglio, si fronteggiano polizia e manifestanti, divisi da una rete. Non c’è bisogno di sentir nominare Susa per capire di cosa parla.
– Rimanere interdetti da Dominique Manotti, che estrae da uno dei suoi libri un’espicita metafora sessuale del rapporto tra potere politico e potere economico, col primo completamente succube del secondo.
– La riflessione di Filippo Sottile sul fortino della val Clarea visto come set pronto per una rappresentazione di un lager, in attesa solo delle comparse
– Kai Zen J, che con un stralcio del loro ‘Delta Blues’, imperniato sulle azioni nel delta del Niger di un facilmente identificabile ‘Ente’ ci mette di fronte alla domanda ‘”Cosa succede se scopriamo che nella trama noir l’assassino siamo noi?”
– Il tono degli applausi a Wu Ming 1 alla fine della lettura di “La più grande carpa d’Occitania”, pezzo scritto in febbraio, dopo la raffica di arresti per le manifestazioni di luglio, che forse fra tutte le letture ascoltate è quella che esplicita di più la compartecipazione che si è respirata in tutta la due giorni.
– La commossa revocazione della lotta della val Bormida contro l’Acna di Cengio, nelle pagine di Patricia Dao.
– Sentire tutti i presenti, nel dibatto, ribadire la necessità di una scrittura che esca dal vicolo cieco intimista per riappropriarsi della realtà ed aiutare a modificarla
Dalla giornata di domenica,
– Scoprire, leggendolo al bar di Chiomonte, che “La stampa” ha scritto un piccolo articolo sulla manifestazione, indicando nel titolo come presenti quattro scrittori di cui solo uno c’era effettivamente.
– Rivivere, nel centro di Chiomonte, lo scenario di piazza Alimonda nel luglio 2001, rivedere nelle pagine di “La visione del cieco” la sequenza dei fatti e quella delle distorsioni che i racconti successivi (dei media, della politica della magistratura) vi hanno applicato in sequenza
– Sentire le letture speciali per gli occupanti del fortino-cantiere di WuMing1 e Luciano Celi che, vicino a quella che era la necropoli neolitica, rievocano storie di partigiani ed altri uomini che seppero non piegarsi agli emissari del regime fascista, anche quando era nel pieno della sua forza.
– Vedere le reazioni alla vista del cantiere di Serge Quadruppani, che ci tornava dopo alcuni mesi, e di Fabrizio Ruggirello, che ci veniva per la prima volta. Sentirsi chiedere dal secondo “ma i poliziotti là dentro, cosa difendono?”, e non sapere come rispondere.
– Sentire Sergio Bianchi, con alle spalle il traliccio più famoso della Valle, raccontare l’abbattimento di un traliccio simile in un sabotaggio ambientato negli anni ’70, sentirlo concludere la lettura con un “forse un racconto un po’ estremo”, quasi a smorzare un applauso la cui forza forse lo aveva sorpreso.
– Ascoltare una poesia di Marc Porcu “che ho scritto per il popolo palestinese, ma che oggi, dopo aver visto il filo spinato israeliano, ho pensato potesse essere adatta.”
Due giornate molto intense, che si spera si possano ripetere presto se si realizzerà la proposta di Sergio Bianchi di una settimana intera in cui lavoratori dell’immaginario, stavolta non più solo scrittori ma anche pittori e documentaristi, vengano in valle non più per portare qualcosa di già pronto ma per creare qui ognuno qualcosa che parli della lotta no TAV.