Oggi venerdì 7 giugno si è svolta l’ennesima udienza del processo che vede coinvolti decine di No Tav per i fatti riferibili alle giornate di lotta del 27 giugno e del 3 luglio 2011. Il luogo sempre lo stesso, l’aula bunker del carcere delle Vallette.
Sembra un’udienza come tante altre, col ritmo scandito da questioni tecniche che servono a preparare l’inizio di un dibattimento che si preannuncia lungo e complesso.
Quasi subito uno degli imputati chiede di poter fare una dichiarazione e con essa chiede la revoca dell’avvocato assegnatoli al momento dell’arresto affermando, contemporaneamente, che vuole rinunciare alla possibilità di essere difeso. Le motivazioni sono chiare: nessuna legittimità al processo, al triste teatrino del tribunale e allo Stato che devasta la Clarea. Altri due imputati, dopo di lui, prenderanno la parola dichiarando sostanzialmente la stessa cosa.
E con questo colpo di scena l’udienza prosegue con gli avvocati del movimento No Tav che, tra lo sconcerto della corte, riferiscono del diritto di un imputato a difendersi da sé, come riconosciuto da una normativa della Comunità Europea. A fronte di tutto ciò il giudice si riserva di decidere.
Il processo poi prosegue con l’opposizione dei pm, in aula ci sono i ringhiosi e nervosi Padalino e Rinaudo, che si oppongono alla scelta da parte della difesa di chiamare a testimoniare i ministri richiamandosi al fatto che la discussione sull’opera non è oggetto del procedimento in corso e che bisogna garantire una durata ragionevole del processo.
Stessa posizione per le personalità politiche e del mondo intellettuale vicine al movimento che potrebbero aiutare nella contestualizzazione delle giornate di lotta e per i tecnici esperti dell’opera che invece dovrebbero dimostrarne l’inutilità e quindi la legittimità delle proteste.
Gli avvocati della difesa replicano in maniera determinata, sottolineando come la legittimità dell’opera, la gestione dell’ordino pubblico (4600 lacrimogeni sparati, di cui molti ad altezza uomo, sono un fatto secondario?) e il contesto politico più ampio in cui le giornate di lotta si sono svolte siano elementi imprescindibili dalle azioni che la corte pretende di giudicare.
Prossima udienza il 21 giugno, sempre in aula bunker.