Così diceva Orwell nel suo romanzo “la fattoria degli animali”, la stessa frase viene usata oggi nell’arringa difensiva con cui gli avvocati hanno difeso i due notav accusati da Numa di diffamazione per un articolo apparso sul portale notav.info a firma Komitato Giovani Notav.
E questa calzava a pennello per sottolineare da subito il grado di eccezionale rapidità con cui questo processo è iniziato rispetto a quando è partita la denuncia, molti i casi, a parti invertite, citati dagli avvocati a suffragio di questa tesi (peraltro casi con lo stesso PM per la stessa accusa e che hanno già ottenuto l’archiviazione).
Ma facciamo un passo indietro perché l’eccezionalità di un processo assurdo si vedeva dall’accoglienza ricevuta prima di entrare in aula.
Un numero incredibile di poliziotti presidiava fuori dall’aula vista la presenza dell’“eroe” del giornalismo d’assalto che in genere preferisce saltare le udienze (soprattutto quando è lui ad essere imputato) ma in questo caso, servendo a fare impressione sulla giovane giudice, ha preferito sfoderare la carta dell’eroe della libertà di stampa costretto a vivere con la scorta che numerosa lo “proteggeva” anche in aula costantemente al suo fianco.
Immancabile naturalmente anche la presenza di numerosi digos che facevano si che un’aula di tribunale per un semplice caso di diffamazione fosse stracolma di gente molta delle quale in piedi per assistere alla santificazione dell’eroe.
Un clima pensante insomma per un processo ridicolo, che nemmeno si dovrebbe celebrare, che tanto ricorda il compagno di classe spione delle elementari che si rivolge alla mestrina per far richiamare il vicino di banco che dopo anni che riceve insulti si permette di rispondere.
L’accusa è certa della propria ragione e della gravità del fatto (ma scherziamo!) che non si sente nemmeno in dovere di arringare, interviene unicamente per costituirsi parte civile (va bene farsi santificare ma se si strappa anche un po’ di soldi fa sempre piacere avrà pensato chi è costretto a vivere con un lauto stipendio di molto al di sopra della norma (vedere redditi pubblicati dal Ministro Visco nel 2005 per convincersene))
La difesa è molto più preparata ed articolata e chiede da subito l’archiviazione del processo per ché semplicemente il fatto non sussiste ( al massimo si può parlare di “concorso in” o “mancata vigilanza”, ed anche in questo caso sarebbe inconsistente, ma non è nemmeno questo che viene contestato) e prosegue poi il ragionamento sulla non “offesa ad personam” ma come frutto di un ragionamento i cui il movimento notav (giustamente n.d.r!) rivendica il proprio ruolo di argine contro gli interessi della mafia sul suo territorio.
Il secondo avvocato della difesa poi insiste sul “diritto di critica democratica” citando anche in questo caso numerosi casi analoghi che rendono semplicemente assurdo e ridicolo questo processo e sulla impossibilità di ritenere gli imputati come i diretti responsabili di quanto scritto , ma “Coup de théâtre” irrompe sulla scena il pm Rinaudo che , fregandosene altamente dell’arringa della difesa in corso,entra, va dal pm Arnaldi che sino a quel momento l’aveva sostituito, se lo porta fuori, rientrano scambia quattro parole amichevoli con l’avvocato dell’accusa , grandi sorrisi e sguardi di complicità ed empatia con il giornalista eroe, il tutto davanti una difesa che continua ad arringare ed una giovane giudice intimorita che, senza mai chiedere conto di un comportamento tanto arrogante, con lo sguardo ogni tanto cerca di seguire gli scambi di battute tra pm e giornalista invece che concentrarsi sulla articolata difesa.
Velo pietoso poi sulle indagini eseguite dalla digos per cercare di avvalorare l’accusa, semplicemente ridicole per non dire nulle.
Insomma più che un processo giudiziario oggi sembra essere andata in scena un processo di santificazione di una persona da spendere pubblicamente contro i notav insistendo sulla sempre più abusata figura del giornalista d’assalto sotto scorta in teatro di guerra, quando qui è più che evidente che ci troviamo di fronte ad un giornalista d’accatto con accompagnatori d’accato in un teatro dell’assurdo.
Per restare nelle citazioni orwelliane
” Se la libertà di stampa significa qualcosa, significa il diritto di dire alla gente ciò che non vuol sentirsi dire.”
per altro curioso pensare al parallelo tra il reale e la specie animale che promoulgava la legge usata nel nostro titolo nel suo romanzo.
P.S sul finale i pm si accorgono di aver sbagliato il capo d’imputazione usato dall’accusa e chiedono di sostituirlo… tanto gli imputati sono notav, per loro l’eccezione è la regola