di Davide Pelanda per Nuova Società
Qualche giorno fa abbiamo visto, per così dire, un “pezzo di Chiesa cattolica” prendere la parola contro il progetto dell’Alta Velocità Torino-Lione durante la conferenza stampa del movimento NoTav. Si trattava di don Michele Dosio, originario di quelle valli, ora all’interno della Commissione pastorale del turismo della diocesi torinese.
Ufficialmente la Chiesa cattolica non ha infatti mai assunto una chiara e netta posizione su questa infrastruttura che si vuole costruire. Né pro né contro. Anche se alcuni alti prelati si sono pronunciati favorevolmente, mentre quella che si può definire “Chiesa dal basso”, fatta di semplici preti di campagna, fraticelli e gruppi di associazioni laiche invece sono contrari e manifestano nel movimento trasversale NoTav, a dimostrare che non vi partecipano facinorosi ed anarcoinsurezionalisti violenti.
A dimostrarcelo è anche la voce e la persona di fra’ Beppe Giunti che, per molti anni Frate Guardiano a Susa. Ed è stato un protagonista in prima linea contro l’Alta velocità. Anche lui – come tanti altri suoi confratelli, semplici sacerdoti, associazioni e fedeli laici cattolici – è convinto dell’inutilità della linea ferroviaria Torino-Lione. Ed ha più volte manifestato assieme al movimento NoTav.
Oggi però è lontano parecchie centinaia di chilometri dalla Valsusa. Vive a Roma dove insegna Teologia presso la Facoltà Teologica Pontificia “San Bonaventura”.
Ma continua ad essere in contatto con il movimento NoTav valsusino, facendo anche opera di informazione tra i romani che non ne sanno nulla di ciò che sta accadendo realmente in Valsusa.
«Piange il cuore vedere che chi vuole la Tav usa l’enorme arma della disinformazione. – esordisce fra’ Beppe – Le garantisco che in una città e nella vita quotidiana qui a Roma, dove ci si immagina ci siano cento quotidiani, venti radio, trenta televisioni… ebbene nessuno parla mai in maniera seria di quale faraonico progetto si vuole realizzare con la Torino-Lione, zero, zero, zero!!! Bisognerebbe aprire una parentesi sul perché i mass media italiani, giornali e tv, non ne parlano in maniera seria: se lo fanno è in maniera molto stereotipata! Solo sul web c’è molta più documentazione in merito, ma bisogna avere la mentalità dell’andarsela a cercare»
Recentemente è stato anche chiamato a testimoniare in Tribunale a favore di due sindaci della Valsusa in quanto avrebbero commesso violenza privata contro un poliziotto. Come ha affrontato la situazione?
«Arrivai molto presto nei pressi del Tribunale di Torino e trovai un folto schieramento di forza pubblica antisommossa molto visibile, molto impattante: era stata scelta l’aula bunker della struttura perché si temevano chissà quali manifestazioni o pressioni di piazza. Che però assolutamente non ci furono proprio. Mi fece una forte impressione vedere presenti in aula un certo gruppo di sindaci con la fascia tricolore, davvero nell’esercizio delle loro funzioni pubbliche per sostenere i loro colleghi sotto accusa. E nessun violento era presente!
Ricordo un grande silenzio in quell’aula. Potevo leggere negli occhi e nella testa delle persone in quel Tribunale quello che anche io avevo ben presente dopo aver partecipato, dopo aver visto e rivisto tantissime volte i filmati: da parte della gente non ci fu alcuna violenza, non ci fu violenza! Certo, c’era stata una protesta molto forte. Ma arrivavano le notizie delle violenze subite a Venaus nella notte e al mattino presto, quelle si che avevano creato momenti di tensione che tutti insieme abbiamo saputo gestire»
Tornando a parlare di Chiesa ufficiale e della Tav. Ricordiamo che l’ex-arcivescovo di Torino, cardinal Severino Poletto dichiarava che «la Nuova Linea Torino-Lione è indispensabile. L’opera deve essere costruita e deve essere fatta bene. La Chiesa ha il dovere di educare e quindi deve spiegare e far capire ai fedeli l’utilità di questa grande opera pubblica»; invece il vescovo di Susa monsignor Alfonso Bandini Gonfalonieri disse «Non è con la forza che si risolvono i problemi, ma con il dialogo, espressione alta di civiltà e di umanità».
Possiamo dire che non è stata mai molto chiara la posizione della Chiesa cattolica tutta?
«La posizione dei vari vescovi è determinata da come interpretano la dottrina sociale della Chiesa cattolica. E non è una questione semplice. Per loro viene spontaneo dire “no al divorzio, no all’aborto, no all’eutanasia”. Pronunciarsi su questioni che riguardano la vita biologica per loro non c’è difficoltà perché si collegano direttamente con il pensiero della dottrina.
Quando invece si parla di salute pubblica, risparmio di risorse, ambiente, possiamo trovare vescovi molto attenti a queste tematiche, quasi profetici, mentre altri sono un po’ più lontani come mentalità e sensibilità. Non parlerei dunque di gerarchia cattolica in generale, ma di singole persone, di singoli vescovi.
Anche io ho il sentore che, talvolta, ci sia nella cosiddetta gerarchia la paura di avere compagni strada cosiddetti “scomodi”: per taluni magari una idea sembra anche buona ma poi dicono “ah, ma lì ci sono anche quelli di Rifondazione Comunista, ci sono gli anarchici, oddio con chi ci troviamo per strada!”»
Però, all’epoca di quella dichiarazione dell’arcivescovo di Torino, da più parti venne interpretata come la Chiesa cattolica che va a braccetto con la politica e con i poteri forti delle imprese edili.
Lo stesso Alberto Perino commentava le dichiarazioni del cardinale Poletto con la frase «Sono contento che il cardinale arcivescovo abbia deciso di pagare la cambiale a Gavio, Ligresti & soci per la costruzione della chiesa del Santo Volto sulla Spina 3 di Torino».
«Ed è ciò che hanno detto un po’ tutti… Sì, per una certa parte di quell’edificio c’è una raccolta di fondi facilitata da aziende e da persone che sono vicine alle imprese ed agli investimenti della linea Tav. E’ venuto spontaneo a tutti, all’epoca di quella dichiarazione, pensare questo fatto.
Siamo però concreti. Il cardinale non ha detto “sono d’accordo con una azienda che produce carri armati e bombe al napalm”. Ha invece preso una posizione strettamente economica e finanziaria. A mio parere doveva stare zitto, perchè un vescovo non ha competenze da ingegnere. Secondo me la Chiesa cattolica dovrebbe dire e testimoniare che le questioni riguardanti la vita dell’uomo fanno oramai parte della missione profetica della Chiesa stessa. Soprattutto si devono portare gli stessi suoi membri ad informarsi, a partecipare, a chiedere, a pregare, di modo che la verità venga cercata. Quello che mi fa vivere un senso di grande amarezza è vedere come scattano solo luoghi comuni, slogan. Ripeto, molte persone non sono informate su molte questioni contemporanee che dovrebbero riguardare il bene comune. Quelle stesse questioni sono invece lasciate in mano a pochi»
Lei ha manifestato contro la Tav in Valsusa. Perché? Hanno mai provato a zittirla?
«Certo, manifestai a suo tempo. Resto convinto della posizione del no alla Tav, non perché come francescano sia contrario al cosiddetto progresso, ma perché molti nella Chiesa cattolica – e moltissimi nel movimento francescano a cui appartengo – sono convinti della necessità di un modello di progresso diverso, che non sia soltanto fatto da un accumulo di quantità: è invece necessario recuperare qualità, contrapponendo a cose anche più superflue, cose meno appariscenti ma più utili alla comunità.
No, non sono mai stato zittito per le mie opinioni contrarie e per aver manifestato, non ho mai subito pressioni di alcun genere.
Invece ho sempre ricevuto molte domande quasi che fosse strana la presenza di un religioso, di un francescano all’interno di questo movimento che si oppone alla Tav»
Riusciranno i NoTav a bloccare il progetto oppure verranno spazzati via con la forza pubblica in maniera tragica, come già avvenne a Genova durante il G8 del 2001?
«La mia speranza è basata su delle intuizioni e non su dati concreti, altrimenti non sarebbe una speranza. Nella misura in cui la partecipazione sarà numericamente e qualitativamente alta – cioè se ci saranno più persone, giornalisti, più televisioni che manderanno in onda le cose realmente come stanno, se ci saranno ancora più convegni al Politecnico di Torino e se fuori dal Piemonte le comunità e le popolazioni e gli addetti ai lavori verranno informate – sarà probabile che tale collegamento venga fatto con strutture più economiche e magari utilizzando solo la vecchia linea storica. Se invece le varie comunità in Italia fuori dal Piemonte non vengono informate sarà più facile spedire lì duemila poliziotti e guardie forestali e sperare che le persone del movimento NoTav si arrendano. Non credo però che i valsusini siano così morbidi.
Spero che non si verifichino situazioni come a Genova 2001. C’è però un paradosso in Italia: in questo momento il Ministro degli Interni è leghista e la Lega ha una certa sensibilità ai territorio ed ha una certa presenza – io dico ahimè – anche in Piemonte: tutto quello che potranno fare lo faranno pur di non arrivare ad uno scontro che poi non si rimarginerà più. Tutti loro si sono resi conto che non è la manifestazione localistica di pochi sparuti, la cosa è molto più ampia».