Questo e non altro potrebbe essere, se realizzata, la linea ad alta velocità Torino Lyon che, alla luce delle ultime novità progettuali,si riduce ormai ufficialmente solo più al tunnel di base: una più che inutile e assurda Susa – Saint Jean de Maurienne o Chiomonte – Saint Jean de Maurienne. La BreBeMi, è l’autostrada A35 di 62 km, che collega dal luglio 2014 le città di Milano e Brescia con un percorso posizionato più a sud rispetto al tracciato dell’autostrada A4. Per giustificare la necessità di questa arteria autostradale venne fatta una previsione dei volumi di traffico ampiamente gonfiata al punto che oggi sono inferiori di oltre il 50 %. Nell’ ottobre 2014 tre ragazzi, in pieno giorno, si sono messi a giocare a calcio su una BreBeMi completamente deserta. Il video è visibile su You Tube: “Bergamo la partitella a pallone sulla BreBeMi”. All’inaugurazione nel luglio 2014, dopo 18 anni di progetti e di cantieri, partecipò il Presidente del Consiglio Renzi che elogiò la prima autostrada costruita coi soldi dei privati . Ma le cose non stanno proprio così. L’A35 è stata costruita con project financing “Un modello (come denunciato da Legambiente) usato per nascondere i sussidi pubblici per le grandi opere dietro finti investimenti privati”. E, per tamponare i bilanci in rosso di questa società privata, azionisti principali i soliti noti: il gruppo Gavio e Intesa San Paolo, lo Stato ha elargito un finanziamento di 260 milioni ed altri 60 li ha messi la Regione Lombardia che, di contro, ha diminuito i fondi al trasporto pubblico locale. In questa situazione, di finanziamento pubblico per evitare il fallimento, i membri del Consiglio di Amministrazione, ovviamente, si sono ulteriormente aumentati i compensi del 20% ed a leggere i loro nomi e curriculum si scopre che fan parte di quella casta che domina da sempre il settore delle infrastrutture costruite con soldi pubblici e gestite con interessi privati. Consiglio la lettura di: “Nuova Brebemi, vecchi poltronari (in cda)” dal sito www.linkiesta.it.
Le similitudini della BreBeMi con la Torino Lyon riguardano le previsioni di traffico sbandierate per giustificare l’Opera e che non tengono conto della realtà. Le previsioni del traffico sulla Torino Lyon hanno una storia, incredibile, che inizia nel 1991 quando il Presidente di Confindustria Sergio Pininfarina dichiarò alla Stampa che il TAV doveva essere fatto subito perché nel 1997 l’attuale linea sarebbe risultata satura rispetto ad un volume di traffico stimato in 4,3 milioni di passeggeri e in 14,3 milioni di tonnellate di merci, e che sarebbero poi saliti, a Opera conclusa, a 7,6 milioni di passeggeri e 18,6 milioni di tonnellate di merci. Sono passati 25 anni da quei dati visionari, commissionati da chi aveva “scoperto” l’ennesima grande opera inutile per la collettività ma utilissima per saccheggiare la Finanza Pubblica, e la realtà odierna parla di un traffico passeggeri e di merci ampiamente al di sotto della potenzialità dell’attuale linea. E se neanche in un elevato e perdurante stato di allucinazione si può avere la visione di un traffico passeggeri tra Torino e Lyon di 4 milioni di persone all’anno, va sottolineato un altro aspetto che rivela l’inutilità di una linea ideata solo per far cassa ma progettata male e confusamente e fuori tempo massimo rispetto all’evoluzione del trasporto delle merci. Le due statali valsusine, così come altre direttrici, sono sempre più percorse, sette giorni su sette, da decine di camioncini con targa polacca con una capacità di carico compresa tra i 15/18 quintali che guadagnano quote di traffico a danno dei TIR ed anche del trasporto ferroviario che, in Italia, manca di una logistica efficiente. E’ un modello di trasporto, su scala internazionale, che risponde alle nuove e ormai consolidate esigenze produttive delle aziende, che hanno abolito o comunque ridotto il deposito nei magazzini e che hanno quindi necessità di un continuo e flessibile rifornimento dei pezzi o materiali per le necessità produttive, e anche per il rifornimento delle attività commerciali di media o grande dimensione. E c’è un altro motivo dietro l’irreversibile affermazione di questo modello di trasporto, i bassi costi: retribuzioni degli autisti su parametri dei Paesi dell’Est, pernottamento degli stessi sul mezzo e pasti consumati lungo la strada, la non percorrenza delle autostrade a pagamento, la possibilità di circolare nei giorni festivi quando sono invece fermi i mezzi più pesanti, il non uso del cronotaghigrafo e quindi, a discapito della sicurezza, la possibilità di guidare anche 14/18 ore giornaliere. Un modello di “trasporto selvaggio” che aggrava la situazione in un Paese in cui, in assenza di un Piano Nazionale dei Trasporti, le infrastrutture e in particolare le Grandi Opere non vengono programmate nell’interesse del Bene Pubblico ma vengono decise dagli interessi di chi, con soldi pubblici e successiva gestione privata, le vuole costruire.
G.V.