La Francia ha deciso di non costruire più la Torino-Lione. Basta, stop, fine, kaputt. Del mitico corridoio 5 resta solo la tratta PD.
Vi svelo un segreto, in realtà di Pulcinella se non per l’informazione nostrana: la Francia ormai ha deciso di non costruire il Tav Torino-Lione. Manca ancora la firma sul certificato di morte del progetto: poi bisognerà incaricare qualcuno di dare il doloroso annuncio ai Letta bipartizan nella stanza dei bottoni e – soprattutto – alla nazione.
In genere non merita neanche di essere letta la gran parte di quello che si scrive in Italia sul mitico buco di 57 chilometri sotto le Alpi nel quale sfrecceranno treni con forza cieca di baleno: quel buco che “ci porterà in Europa” (come se fossimo in Asia…) e che s’ha da fare, a costo di tritare le ossa ai valsusini, perché “ce lo chiede l’Europa”. Quella roba non merita di esser letta per almeno due buoni motivi: primo, per i governi italiani e i media mainstream l’utilità del Tav è una sorta di dogma di fede (nonché lo spartiacque fra buoni e cattivi) mentre in realtà quel buco non serve se non a farci spendere montagne di soldi che finiranno in mano ai soliti amici degli amici. E poi, secondo motivo: mentre qui ci si affanna a dar spazio alla solita “guerriglia No Tav” e alla sua incursione nel cantiere, in Francia del Tav Torino-Lione non si parla proprio più. Ormai ci hanno messo una pietra sopra: amen e requiem aeternam, non basterebbe un miracolo per la resurrezione.
Nell’estate scorsa il Governo francese ha cominciato a dire che, per ragioni di budget, bisognava ripensare le linee ferroviarie a grande velocità previste ma non ancora realizzate: in cima alla lista dei più doverosi ripensamenti c’era proprio la Torino-Lione. Poi un ex ministro dei Trasporti, Jean-Louis Bianco, è stato incaricato di guidare una commissione per riformare l’intero sistema ferroviario francese: il rapporto preliminare raccomanda di non costruire nuove linee a grande velocità per arginare il debito cronico del settore. Infine, il recente rapporto completo del 22 aprile esorta a capovolgere la politica che finora ha privilegiato la grande velocità e a migliorare invece la qualità del servizio offerto ai pendolari che salgono tutti i giorni sul treno.
E adesso? Il nuovo slogan è bello e pronto: basta con il TAV, ce lo chiede l’Europa!