Esperti da tutta Italia hanno partecipato ieri al convegno nazionale svoltosi nell’Aula Magna del Politecnico di Torino e dedicato ad un confronto diretto e tecnico sulla nuova linea ad alta velocità Torino-Lione. Quello che è emerso è che la realizzazione della grande opera non è giustificata da valutazioni tecnico-scientifiche credibili.
di WWF – 27 Aprile 2012 – da Il Cambiamento
Sulla realizzazione della nuova linea ad Alta Velocità Torino-Lione non esistono certezze, né risultano dati e valutazioni tecnico-scientifiche che dimostrino la redditività e l’utilità economica, sociale e ambientale dell’opera. È quanto emerge dal convegno che si è tenuto ieri – 26 aprile 2012 – nell’Aula Magna del Politecnico di Torino, intitolato Tav Torino-Lione: quali opportunità e criticità?.
L’incontro è stato promosso dai primi firmatari dell’appello dei 365 esperti rivolto al Presidente del Consiglio e dalle associazioni ambientaliste (Italia Nostra, Legambiente, Pro Natura e WWF), che ha visto la partecipazione in veste di relatori di una ventina tra docenti, ricercatori, studiosi provenienti da tutta Italia, esperti della Comunità Montana Val Susa e Val Sangone (coordinati da Marina Clerico del Politecnico di Torino) e consulenti delle associazioni (coordinati da Stefano Lenzi del WWF Italia) tra cui: Claudio Cancelli (già Docente del Politecnico di Torino), Massimo Civita (Docente del Politecnico di Torino), Valerio Lastrico (Università di Milano), Ugo Mattei (Università di Torino), Luca Mercalli (Società Metereologica Italiana), Alberto Poggio (Politecnico di Torino), Marco Ponti (Politecnico di Milano), Angelo Tartaglia (Politecnico di Torino), Giuseppe Tipaldo (Università di Torino), Sergio Ulgiati (Università Parthenope di Napoli), Massimo Zucchetti (Politecnico di Torino).
La necessità di un confronto in una sede tecnico-scientifica emerge, secondo gli organizzatori, dal fatto che le norme e le procedure derivanti dalla ‘legge Obiettivo’ per le cosiddette infrastrutture strategiche applicate anche alla Torino-Lione impongono ‘di fatto’ sul territorio il progetto individuato nel Programma governativo in assenza di uno studio di fattibilità di carattere economico-finanziario, che ne valuti anche l’utilità sociale e ambientale, e a prescindere dalle osservazioni delle popolazioni e delle amministrazioni locali nell’ambito della procedura di impatto ambientale.
Analizzando la situazione dal punto di vista tecnico permane l’incertezza sui costi di realizzazione dell’opera: il convegno pone in luce limiti ed errori dell’analisi costi-benefici (finora non divulgata dall’Osservatorio Torino-Lione), i cui esiti sono comunque negativi (redditività marginale). Infatti, il traffico merci su ferrovia attraverso la Valle di Susa non giustifica la realizzazione di una nuova linea: in 10 anni (2000-2010) si passa dai 10 milioni di tonnellate l’anno ai 3,9 del 2010, a fronte della capacità massima teorica della linea esistente di 32,1 milioni di tonnellate l’anno, idonea a far transitare un traffico merci pari ad 8 volte quello attuale e 3 volte il massimo valore storico raggiunto nel 1997. Le previsioni di crescita del flusso di merci appaiono infondate, in quanto basate su ipotesi arbitrarie.
I calcoli ufficiali sul dimezzamento dei tempi di percorrenza, accreditati dal Governo, tra Torino e Chambéry (da 152 a 73 minuti) sono sbagliati e fuorvianti, posto che il reale risparmio potrà essere nel 2035 al massimo di 39 minuti considerando l’ipotetica fermata a Susa. I TIR che si potranno togliere dalla strada sono 1/6 di quelli stimati dai progettisti (142 mila invece di 600 mila). Gli occupati diretti e indotti nella fase di cantiere, calcolati secondo gli standard ufficiali italiani e francesi, saranno 1/3 (2000 invece di 6000) di quelli previsti, mentre non si sa quale calcolo porti a valutare addirittura 500 occupati permanenti.
Non può essere sottovalutato il pesante impatto ambientale, (dichiarato come inesistente nel documento pubblicato dal Governo: “il progetto non genera danni ambientali diretti o indiretti”), date le operazioni di scavo, trasporto e smaltimento dei materiali per la realizzazione di tunnel di complessivi 76 km, con la produzione di oltre 17 milioni di tonnellate di smarino, in aree dove, per ammissione degli stessi progettisti, c’è una presenza diffusa e rilevante di amianto e uranio. Inoltre lo scavo delle gallerie comprometterà in modo permanente le risorse idriche, seccando sorgenti e pozzi come già avvenuto, per gli stessi lavori del treno ad alta velocità, in Toscana.
In almeno 10 anni di cantieri le emissioni legate alle operazioni di scavo, trattamento e trasporto di materiali avranno una pesante incidenza sulla salute degli abitanti delle valli interessate.
Per ammissione degli stessi progettisti le malattie cardiovascolari e respiratorie dipendenti dalle sole polveri sottili, aumenterebbero del 10%. Sbagliate e sovrastimate sono le valutazioni, riportate dal Governo, sulla sostenibilità energetica e le emissioni climalteranti, che secondo i dati ufficiali porterebbero alla irrealistica riduzione di 3 milioni di tonnellate equivalenti di CO2 nella sola tratta Torino-Lione, corrispondenti al risparmio di 1 milione di tonnellate equivalenti (1 MTEP), pari a circa lo 0,6% dei consumi italiani di energia.