Le affermazioni su presunti oneri e penali che l’Italia dovrebbe pagare in caso di abbandono del progetto TAV Torino-Lione, diffuse in questi ultimi mesi dal Commissario del Governo, il cui mandato è ora scaduto, sono assolutamente fuori della realtà e richiedono una severa smentita.
Rileviamo anzitutto che quando, a luglio del 2017, il presidente francese Macron e la ministra dei Trasporti, Elisabeth Borne, proclamarono una “pausa di riflessione” di un anno, sospendendo tutti gli appalti in progetto, né il Commissario, né il suo predecessore, che è direttore generale di TELT (la società di diritto francese che dovrebbe costruire la linea), hanno mai, e sottolineiamo mai, ipotizzato che la Francia dovesse pagare oneri o penali per il suo ritiro.
La Francia non ha poi sciolto la sua riserva, ma a maggio 2018, appena il nuovo Governo italiano ha prospettato una analoga riflessione sul progetto, il Commissario ed il suo entourage hanno immediatamente tuonato che l’Italia avrebbe dovuto pagare 2 miliardi di penali ed oneri in caso di fermo dei lavori; cifra che, recentemente, hanno aumentato a 3 miliardi.
La disparità di comportamento è già la miglior smentita per queste affermazioni: se non c’erano oneri per la Francia non ce ne saranno neppure per l’Italia.
Nel dettaglio, per quanto riguarda la questione delle penali, il Grant Agreement, cioè l’accordo di garanzia firmato tra Italia, Francia ed Unione Europea il 25 settembre 2015, a valere dall’anno precedente, stabilisce chiaramente all’articolo 16 che: “nessuna delle parti in causa ha diritto di chiedere compensi (cioè denaro o qualsiasi altra forma di vantaggio) a causa della rescissione dell’accordo di una altra parte in causa” (che, per assurdo, potrebbe anche essere la Commissione Europea). Più chiari e sintetici di così non si potrebbe essere!
Per quanto riguarda la messa in sicurezza dei tunnel geognostici esistenti, basta chiudere l’ingresso con un muro di cemento armato di un metro di spessore. E’ stato fatto così per la grande galleria abbandonata della centrale di Pont Ventoux a Venaus che, dietro di se, ha una enorme quantità di acqua, e per il tunnel geognostico del Ciriegia, nelle Alpi Marittime, che fu abbandonato quando si scelse il traforo autostradale del Frejus. Forse si dovranno spendere 50.000 euro in tutto, fatte salve le opere di bonifica e ripristino che però devono essere fatte comunque.
Per quanto riguarda la messa in liquidazione della Lion Turin Ferroviarie, i costi sono minimi, essendo una società amministrativa con pochi beni reali. Nulla sarebbe dovuto alle imprese perché non è ancora stato fatto alcun appalto.
Per adeguare il tunnel attuale del Frejus, l’Italia deve spendere quasi nulla, perché dal 2002 al 2007 ha già abbassato il piano dei binari di 70 centimetri pur potendone utilizzare meno della metà, in quanto la Francia per la metà di tratta di sua competenza, nei lavori fatti con ritardo, dal 2005 al 2011, ha abbassato il piano dei binari di solo 30 centimetri; inoltre ha discutibilmente avvicinato i binari di 15 centimetri. creando in tal modo qualche limitazione ad un’opera modernissima, che le Ferrovie Italiane si son sempre rifiutate di mostrare ai giornalisti affinché qualcuno possa dire che il tunnel attuale è ancora quello antico.
Il costo dell’adeguamento della linea di bassa valle è già stato fissato tra Italia e Francia in 81 milioni, quello dell’alta valle è già stato fatto nel 2000 – 2007 ed ulteriori interventi sono in quell’ordine.
I 9 km in corso di scavo della galleria di St. Martin La Porte, in Francia, sono solo una opera geognostica: è prassi comune che la galleria geognostica sia tra i due tubi dell’opera definitiva, e che poi serva solo per esigenze di cantiere o come galleria accessoria di sicurezza. L’anomalia è piuttosto una galleria geognostica fatta a Chiomonte per un tunnel che dovrebbe uscire a Susa.
Nella sostanza: uscire dalla Torino Lione, all’Italia non costa 2 -3 miliardi, ma quasi niente, proprio come alla Francia! E se ha già fatto l’errore di sprecare 350 milioni, non c’è ragione di sprecarne 50 volte di più, per coprire le responsabilità del primo!
Mario Cavargna, presidente Pro Natura Piemonte