post — 3 Aprile 2025 at 08:13

Smontato il processo di Torino

I giudici di primo grado hanno assolto i militanti di Askatasuna dall’accusa di associazione per delinquere «perché il fatto non sussiste». I risarcimenti milionari richiesti da presidenza del Consiglio e ministeri sono stati tutti disattesi. Intanto, mentre si svolgeva il processo durato due anni è andato avanti un progetto che riconosce al centro sociale la sua attività nella città di Torino.

Poi… lo scoppio liberatorio in piazza, canti e urla di gioia al cielo e dentro l’aula del tribunale alla lettura della sentenza. Il teorema della Procura di Torino e il maxi processo istruito di fatto smontati. In tanti si erano dati appuntamento davanti al Palazzo di Giustizia per aspettare.

Non c’è l’abitudine a scommettere, ma questa volta si preferiva non fare previsioni. Tutto molto sul filo di lana. Il pesante periodo politico non faceva certo ben sperare, d’altra parte l’impianto accusatorio e alcune richieste come il risarcimento di quasi 7 milioni di euro richiesti dalla presidenza del Consiglio e i ministeri dell’Interno e della Difesa che invocavano indennizzi per i ritardi subiti dal famoso progetto Tav portavano il tutto su un piano fantascientifico. Le pene chieste dai pubblici ministeri ammontavano a 88 anni di carcere. Ma soprattutto è caduta l’accusa più grave quella di associazione a delinquere. Per settimane c’è stato un corollario di articoli, servizi televisivi, talk show che inquadravano le attività del centro sociale Aska nel modo più torbido e pesante. C’era anche un altro obiettivo, quello di allontanare Aska dalla valle di Susa, incollandogli addosso una immagine pessima, respingente. Non è andata cosi e anche questo tentativo è andato a vuoto. L’avvocato Roberto Lamacchia, presidente dell’Associazione Nazionale Giuristi Democratici, fa parte del collegio di difesa (insieme agli avvocati Novarro, Coletta, Ghia) commenta a caldo:

“Devo dire grande soddisfazione da parte delle difese per l’esito di un processo che noi fin dall’inizio abbiamo definito come errato, sbagliato nella sua impostazione. Si sono spesi denari e tempo di tutti, della polizia, della polizia giudiziaria, dei giudici, delle difese per un risultato che secondo noi poteva essere francamente previsto già in partenza. È venuto fuori quindi in buona sostanza, almeno crediamo visto l’esito del dispositivo, che il centro sociale e le persone che al suo interno, secondo l’accusa, avrebbero creato un gruppo che ne avrebbe preso il controllo, non costituisce una associazione a delinquere ma ha svolto delle attività di natura sociale che sono andate a beneficio della collettività.

Quello che è successo in Tribunale è un risultato francamente molto importante, anche tenendo conto del fatto che è in corso, come si sa, una trattativa con il Comune di Torino per rendere lo spazio del Centro Sociale Askatasuna un bene comune in accordo con la città. Questo di oggi è un risultato estremamente importante anche sotto questo punto di vista. Un altro aspetto interessante è che, se abbiamo ben capito, non c’è stato alcun riconoscimento di danno a favore dei ministeri e della presidenza del Consiglio, che si erano tutti costituiti tutti parte civile. Leggeremo meglio il dispositivo ma da quello che abbiamo capito non è stato liquidato assolutamente nulla a loro favore. Per quanto riguarda TELT che è la società che gestisce la costruzione del traforo c’è stato, sempre che abbia ben compreso, una sola condanna nei confronti di un solo imputato. Una condanna a 500 euro di risarcimento oltre alle spese di lite”.

Mentre si svolgeva il processone andava avanti un progetto che riconosceva al centro sociale la sua attività nella città di Torino. Un documento firmato da alcune persone (fra questi lo stesso Lamacchia) chiedeva al Comune di Torino un accordo per evitare lo sgombero e salvarne l’esperienza: “La comunità nel suo complesso è ispirata ai valori dell’antifascismo, dell’antirazzismo, dell’antisessismo e dell’ecologia e individua nella socialità e nelle forme di aggregazione culturale uno strumento alla base dell’essere comunità, al di fuori delle logiche del profitto e del mercato. La comunità proponente è anche sostenuta da alcuni illustri cittadini torinesi che, negli anni, si sono distinti a livello accademico, giuridico, artistico e musicale e che riconoscono come la presente proposta intenda intraprendere un percorso di collaborazione con l’amministrazione pubblica per la cura del bene e la gestione condivisa nell’interesse generale della comunità (…)”.

Di Chiara Sasso da Comune