30 luglio 2018, Armando Siri:
«Non abbiamo mai discusso uno stop della Tav. Nel nostro contratto si parla di ridiscussione del progetto. Questa non è un’opera periferica ma fa parte di un corridoio europeo e, se non la facciamo, rischiamo di tagliare fuori l’Italia dai collegamenti strategici verso ovest. Tutto si può migliorare per carità, ma temo che uno stop comporti più costi che benefici».
9 agosto 2018, Armando Siri:
«I soldi pubblici non si devono sprecare, ma le grandi opere si possono fare e si debbono fare pretendendo che non ci siano sprechi. Non è che fare la grande opera significhi alimentare una mangiatoia».
13 gennaio 2019, Armando Siri:
«Il nostro paese ha bisogno di infrastrutture, soffre di un deficit pazzesco che non dà l’opportunità di gareggiare con i competitor. Dobbiamo dare degli standard opportuni per le nostre imprese. Ci sono delle differenze all’interno del governo sulla Tav: o si arriva ad un punto comune oppure si dà la parola agli elettori, come ha detto Matteo Salvini».
8 marzo 2019, Armando Siri:
«Se la proposta di stoppare i bandi dovesse arrivare in Consiglio dei ministri è impossibile che i ministri della Lega possano votarla».
27 febbraio 2019, Armando Siri:
«La Tav è un’opera di cui abbiamo bisogno, sicuramente non secondaria perché serve a collegare l’Italia con il resto d’Europa. C’è stata l’analisi costi-benefici, la sintesi finale spetta alla politica e sono molto ottimista in questo. Sono fiducioso che troveremo un’intesa magari riducendo alcuni costi ma l’opera va fatta, non farla rischierebbe di costare molto di più, 4-5 miliardi».
Armando Siri è l’ormai ex sottosegretario al Ministero dei Trasporti. Leghista di lunga data, era già finito nei guai per bancarotta. Adesso è di nuovo all’onore delle cronache perché indagato per il reato di corruzione. Avrebbe intascato una mazzetta di 30 mila € per favorire un magnate dell’eolico siciliano, tale Vito Nicastri, in odor di mafia e collegato a Matteo Messina Denaro.
A quanto pare non sarebbe un comportamento isolato il suo, tanto che il figlio del faccendiere che si era occupato di gestire il contato tra il sottosegretario e l’imprenditore, Paolo Arata, ex parlamentare forzista, sarebbe stato assunto da un altro dei colonnelli leghisti, Giorgetti, come consulente esterno.
Fatti che se si rivelassero veri solleverebbero ancora una volta la questione dei rapporti tra partiti, imprese e criminalità organizzata nella gestione degli appalti pubblici, in particolare per gli interventi sul tema delle energie e dei trasporti. Un’ulteriore ombra si pone sulle ambiguità della Lega, a partire dal decreto Sbocca Cantieri, fino ad arrivare alla conformazione del partito al Sud, pieno di riciclati dei vecchi potentati di centrodestra collusi con le mafie.
Siri è un ultras del TAV come la stragrande maggioranza dei leghisti della generazione Salvini, che a differenza della Lega delle origini non ha mai avuto dubbi su questo tema. La lega ultraliberista e finanziaria. Una tale convinzione sicuramente fa venire qualche dubbio sugli interessi reali che sono in gioco. D’altronde il sistema delle grandi opere, come diciamo da anni, è uno da sud a nord, è il trasversale partito del cemento e del tondino che può cambiare campioni a seconda delle stagioni. Da Esposito a Siri, da Chiamparino a Salvini, la differenza è nulla, l’importante è continuare a costruire e fatturare!