di Marco Rovelli | In tanti abbiamo dato la solidarietà a Erri De Luca, per quanto ha detto sulla lotta NoTav in Valsusa: “Hanno fallito i tavoli del governo, hanno fallito le mediazioni: il sabotaggio è l’unica alternativa”. E poi: “Quando si tratta della propria vita e dei propri figli, qualunque forma di lotta è ammessa”. Altrove ho scritto di come il sabotaggio venga considerato praticabile anche dal massimo teorico della non violenza, Aldo Capitini: “Il sabotaggio è assalto al funzionamento di un servizio, di un’industria, di un’impresa pubblica o privata, con danno o distruzione, e quindi oltre il limite della legalità. E’ essa una tecnica della nonviolenza? E’ stato risposto che essa lo è solo quando non vi è nessun rischio per l’esistenza di esseri viventi, particolarmente umani. E’ una delle misure di carattere estremo, quando il danno che viene apportato è superato dal danno che il funzionamento di quel servizio apporta”. Anche nella teoria della non violenza dunque il sabotaggio è considerato, almeno in certi casi, una forma di lotta legittima.
Ieri ho letto una “lettera alla Valsusa” dello scrittore Sergio Pent che mi ha davvero sorpreso per le sue affermazioni apodittiche, ideologiche e – me lo si lasci dire – livorose.
Tanto per cominciare, lascia intendere che i NoTav della valle siano poveri burattini di qualche ”arruffapopolo senza problemi economici” come Pent afferma, riferendosi, si direbbe, a De Luca. Eh no: i NoTav che ho conosciuto in valle sono tanti e liberi. Soggetti autonomi, che da anni hanno dato vita a una ricca e bella comunità di affetti esponendosi in prima persona, senza chiedere benefici personali, ma spendendosi per la valle e non solo ed la alle, visto che il Tav è una questione che riguarda un intero modello di sviluppo.
Dopodiché Pent afferma che grazie al Tav ”le opportunità economiche e lavorative potrebbero cadere come una pioggia benefica su un territorio in profonda crisi”. Per lui è un dato di fatto il fatto che il Tav rappresenterebbe un progresso economico, ponendolo in alternativa a una mera conservazione dell’ambiente: e così le montagne di dati e analisi prodotti questi anni che dimostrano come il Tav non sia affatto un progresso, in alcun modo, per nessuno, vengono spazzate via con un tratto di penna.
E dopo questa sommaria liquidazione dei fatti, come può Pent accusare De Luca di “sommaria conoscenza dei fatti” e di “banale populismo”? Da quale pulpito! Da quale pulpito attacca “scrittori di area più politica che letteraria” (inviterei a analizzare la costruzione della frase: non solo non è letteraria, è proprio cattivo italiano)! E con quale sottigliezza insinua che questi scrittori “magari non conoscono nulla” della questione! E come lo sa lui? Che ne sa di quanto gli scrittori che hanno dato la propria solidarietà a De Luca abbiano approfondito la questione? Wu Ming, De Michele, Quadruppani e molti altri – come il sottoscritto – sono andati più volte in valle, e seguono la questione da anni, con buona pace di Pent.
Elegante, infine, dare a Vattimo del farneticante: ma si sa, restano gli insulti a chi è povero di argomenti.