Che la linea ad alta velocità Torino- Lione si voglia fare a tutti i costi lo abbiamo capito ormai da tempo. Nulla pare riuscire a fermare la voracità dei signori del Tav, che sia una dichiarazione del Parlamento Europeo o una pandemia mondiale che ha messo in ginocchio tutto il pianeta poco importa, la grande opera “s’ha da fare”.
Neanche il pericolo di un disastro ambientale sembra mettere a rischio il progetto della Torino – Lione e le sue opere accessorie. Tra queste ricordiamo esserci il sito di Salbertrand che nel progetto dovrebbe diventare terreno di raccolta del materiale di scavo del Tunnel di base che dovrà poi essere “riciclato” per la fabbricazione dei famosi conci che saranno poi utilizzati per ricoprire le pareti della stessa galleria.
Ricordiamo che quest’ex area industriale era già stata protagonista di un’inchiesta della magistratura ormai dieci anni fa e finita in prescrizione, cosa che ha portato Telt a chiudere un occhio sull’evidente stato di inquinamento della zona (perché ci sono di fatto dei cumuli di terreno carichi di amianto ancora oggi stoccati in bella vista nella zona dell’ex Itinera) proponendo Salbertrand, paese che ospita oltretutto uno dei parchi naturali della Valle di Susa, come deposito e lavorazione dello smarino.
Ed è proprio in questo stesso territorio che si è scoperto l’inquinamento della falda freatica non solo con fibre di amianto, che sono alcuni milioni di fibre per litro, ma anche di cromo esavalente: uno dei metalli pesanti più utilizzati in ambito industriale e considerato uno tra i più pericolosi inquinanti ambientali.
Inoltre, attraverso studi specifici del terreno e di quello di cui è composto, si è osservato che la distribuzione su tutta l’area dell’amianto non è uniforme in quanto presente solo in alcune zone mentre in altre no, e questo pone l’attenzione sul fatto che l’alta presenza di questo elemento possa non essere di origine naturale, bensì industriale.
Per questi motivi il Sindaco del paese valsusino interessato ha presentato in Procura il Comune come parte lesa. Perché, se è vero che non ci sono studi sufficienti che dimostrino la grave tossicità dell’amianto attraverso l’assunzione dell’acqua nelle quantità in cui è presente nelle falde a Salbertrand, è altrettanto vero che l’elemento cancerogeno di questo via aerea è decisamente comprovato, così come lo è l’estrema tossicità del cromo esavalente sia nell’una che nell’altra forma.
Questo significa che, se nei prossimi anni dovessero avverarsi le previsioni del cantiere come da progetto, la movimentazione di terra e l’utilizzo dell’acqua contaminata porterebbero nell’aria miliardi di particelle di questi due composti altamente cancerogeni causando enormi problemi di salute alla popolazione dell’intera Valle di Susa e ai territori limitrofi.
Alla faccia dell’opera “green”.
Ci sorge spontanea la domanda su come Telt abbia intenzione di affrontare questo enorme problema, tenuto conto che nelle sue valutazioni ha preso in considerazione soltanto i cumuli esterni e non tutto ciò che comprende la composizione della terra della zona direttamente interessata dal futuro cantiere.
A fronte di tempi di bonifica sconosciuti, che rischierebbero di far slittare più in là delle previsioni tutti i lavori, se non proprio di bloccarli del tutto, Telt ripiega sull’ormai citatissima Susa, approfittando così del futuro sito di stoccaggio utilizzandolo, a questo punto, anche come fabbrica di conci come avrebbe dovuto essere Salbertrand.
Tutto questo, come al solito, senza avere tutte le Valutazioni d’impatto ambientale e sanitario del caso, richieste dalle Istituzioni locali e, come sempre, sulla pelle della popolazione.