Si è svolta quest’oggi l’ennesima udienza del maxi processo che vede imputati 52 notav per i fatti del 27 giugno e del 3 luglio. L’aula sempre la stessa, quella bunker del carcere delle Vallette, dove un imponente dispositivo di controllo organizzato dalle forze dell’ordine ne ha presidiato l’ingresso e la zona perimetrale ad essa. Nonostante ciò, un gruppo di attivisti ha presenziato per tutta l’udienza lo spazio riservato al pubblico, sostenendo l’azione degli avvocati della difesa e gli imputati presenti in aula.
L’udienza si apre con il commissario Ferrara, della Digos di Torino, che lamenta una gravissima difficoltà da parte delle forze dell’ordine a resistere all’assedio organizzato dal movimento il 3 luglio 2011, argomentando la tesi di un “attacco militare” mosso ai danni del presidio interforze disposto dalla questura per quel giorno.
Si assiste, quindi, al notevole sforzo soggettivo del testimone in questione che tenta di ribaltare le categorie di analisi storica, trasformando i manifestanti no tav in incappucciati paramilitari e i poliziotti in “resistenti” ed eroici in balia di 600 facinorosi che, con estrema organizzazione, si sono alternati nell’attacco al cantiere (quantificati esattamente dalle indagini della digos anche se le innumerevoli domande della difesa non permettono di capire grazie a quali elementi il poliziotto può affermare tutto ciò).
Ferrara si lancia in approfondite analisi, individuando nella parte attiva dei manifestanti tutti soggetti facenti riferimento a gruppi politici ben definiti, in particolar modo a quella di Askatasuna e dell’”Autonomia Nazionale” che sarebbe, per il suo intervento continuativo in Val di Susa, il motore forza del CLP e ciò che ha permesso in questi anni, alla luce del suo contributo di analisi e organizzativo, la “crescita” di tutti i comitati di valle. Si lancia a quel punto nell’elenco di tutte le potenzialità del network antagonista, citando i siti di informazione, la capacità di fare propaganda ecc…
Definiti, quindi, i facinorosi della situazione, nega il danneggiamento delle tende dei notav lasciate nell’area della Maddalena (in attesa di essere riprese dai legittimi proprietari), il lancio di oggetti contro i manifestanti e il lancio di lacrimogeni ad altezza uomo (vedi operazione Hunter).
Le testimonianze successive del comandante Mazzanti e del dirigente dei reparti celere Di Gaetano poco si discostano da quelle del primo: a loro dire nessuna regola di ingaggio è stata violata in quelle giornate, anche a fronte di immagini inequivocabili per le quali certe dichiarazioni appaiono paradossali a tutti i presenti nell’aula bunker.
Mentre il collegio difensivo porta avanti il contro-riesame, più volte i pm Padalino e Rinaudo prendono la parola in maniera non regolare, interrompendo e lasciandosi andare ad arroganti e faziose valutazioni sull’operato degli avvocati ed a neanche troppo velate minacce (ex “allora la prossima volta allora ve ne citiamo venti di testimoni”).
Osserviamo dall’aula di tribunale come i pubblici ministeri non solo interrompano il lavoro degli avvocati, ma come anche si sovrappongano, in certi casi, al presidente del collegio il giudice Bosio, creando una situazione alquanto grottesca e sicuramente fuori dalle normali regole di svolgimento di un processo.
L’udienza quindi si conclude, dopo quasi otto ore, con la convocazione di altri 9 testimoni dell’accusa per il prossimo 19 novembre, alle ore 9.00 e sempre nell’aula bunker.