Si è da poco conclusa la prima udienza del tribunale ordinario per Paolo e Forgi, i due giovani No Tav arrestati in Valle il 30 agosto 2013 e tutt’ora sottoposti alla misura cautelare della detenzione domiciliare.
Mentre dalle 9.00 di stamane un presidio in solidarietà si svolgeva al di fuori di un palazzo di giustizia accuratamente blindato all’ingresso e con numerosi “check-point” fino all’aula 44, all’interno di essa si consumava un grottesco teatrino, curato ad arte dalla procura in concerto con la questura cittadina.
Paolo e Forgi, recentemente autorizzati dal tribunale a comunicare nuovamente con “l’esterno”, quest’oggi sono stato obbligati a recarsi in tribunale sotto scorta, in funzione di quella rappresentazione mediatica che dalle origini accompagna la loro vicenda e che oggi costituisce il contesto ambientale all’interno del quale si svolge il processo.
Questo contesto, che si rivela monito non solo per gli attivisti del movimento, offre al collegio che giudicherà i due ragazzi uno spettacolo particolarmente grave, con numerosissimo personale delle forze dell’ordine ad affollare lo spazio riservato al pubblico, a presidiare l’ingresso e l’uscita dall’aula, ad affollare i banchi riservati agli avvocati e procuratori. Si osservano giornalisti “amici” autorizzati a girare liberamente e i carabinieri artificieri che, con grande affanno ad effetto mediatico, portano in aula dei carrelli con il materiale sequestrato coperto da teli militari, come se al di sotto di questi ci fossero cariche dinamitarde e non semplici attrezzi e fuochi d’artificio.
Una sceneggiatura curata quindi, all’interno di un procedimento che si svolge con “giudizio immediato”, formula prevista dal codice che già presuppone un’evidenza delle prove e deve iniziare entro 90 giorni dalla contestazione del reato.
Già dai primi scambi tra le parti si capisce che la volontà della procura è quella di trascendere la verità dei fatti ossia il fermo di una macchina con maschere, cesoie e fuochi d’artificio in una giornata in cui la manifestazione pubblica non ha prodotto alcun tipo di scontro o frizione con le forze dell’ordine a difesa del cantiere illegale.
Alla luce di ciò, infatti, testimoni e video prodotti dai procuratori Padalino e Rinaudo raccontano di un’altra giornata di lotta, quella del 10 luglio, dove un’azione serale del movimento ha disturbato le attività del cantiere. La volontà, quella sì chiara, è di creare continuità tra le due giornate, dimostrare insomma che i materiali sequestrati avrebbero avuto la stessa funzione ed esito di quell’altra giornata. Una deduzione, quindi, che la procura vorrebbe tradurre in pesanti condanne.
Ciliegina sulla torta la testimonianza del perito di parte che afferma come il materiale sequestrato, di per sé non pericoloso, avrebbe potuto avere effetti micidiali se assemblato in maniera particolare…Un’altra deduzione quindi che nulla ha a che fare con i fatti in oggetto, ma che viene presentata dalla procura come prova definitiva dell’assoluta gravità dei comportamenti giudicati.
E’ bene sottolineare anche come dai procuratori e dai testimoni della polizia viene fatto un sistematico riferimento alla pericolosità, anche quella presunta, delle personalità dei due giovani e come tutti i testimoni del 10 luglio abbiano chiaramente affermato che in quell’altra giornata non vi fossero evidenze della presenza di Forgi e Paolo e del fatto che, allo stesso modo, molti di loro non fossero in turno in Clarea il giorno del loro arresto.
Continua in maniera sistematica quindi la criminalizzazione del movimento e di ogni sua forma di protesta, con la costruzione di castelli accusatori basati su deduzioni e valutazioni di pericolosità da parte di chi, in tutta questa storia, ha ampiamente dimostrato la propria malafede e faziosità.
Prossima udienza, dettata dalla volontà del tribunale di accelerare al massimo la chiusura del procedimento, il 25 febbraio sempre al palazzo di giustizia.