Pubblichiamo di seguito la traduzione in italiano dell’articolo “project Lyon-Turin: l’exemple à ne pas suivre” apparso sulla versione on line e cartacea del mensile “Le journal de l’insoummision”.
Questo articolo è la seconda parte della nostra inchiesta “Progetto Torino-Lione: l’esempio da non seguire” pubblicata nell’ultimo numero del Journal de l’Insoumission n21, in edicola a partire dal 10 gennaio.
Il progetto Torino-Lione, che cos’è?
Nato negli anni 90, il progetto di linea ferroviaria Lione-Torino prevede di collegare Parigi-Milano in 4 ore e Lione-Torino in 2 ore, il tutto trasportando 40 milioni di tonnellate di merci e 5 milioni di viaggiatori all’anno. Per la sua realizzazione sarà necessario costruire 164 km di tunnel e gallerie scavando attraverso le Alpi.
Bocciato a più riprese dalla Corte dei Conti così come, dal 1998, dalle amministrazioni locali e nel 2018 dal Consiglio di Orientazione delle Infrastrutture, il progetto cucito su misura per i colossi dell’edilizia è criticato da diverse associazioni, abitanti e sindaci da entrambe le parti della frontiera franco italiana.
Chi si oppone chiede di fermare il cantiere, qualificandolo come una Grande Opera Inutile Imposta, in ragione dei danni irreversibili per l’ambiente e l’impossibilità di sostenere finanziariamente il progetto.
In Italia, dopo 2 anni di stop dei lavori per ragioni economiche e sanitarie, i lavori sono ripresi, protetti dai militari e dal filo spinato in ragione di una forte mobilitazione cittadina. A partire dall’aprile del 2003, già più di 20 mila oppositori all’opera si sono uniti per protestare e hanno quindi costruito dei luoghi punti di riferimento, i presidi. I No Tav, oppositori del Tav: Treno Alta Velocità assediano il cantiere attraversando i boschi per impedire che questo progetto prosegua nella devastazione di una valle già particolarmente impattata dal turismo di massa e dall’industria.
Ndrangheta, radioattività, amianto: un progetto che preoccupa l’Italia.
Ecco un’altra paura degli oppositori, sia italiani che francesi: il progetto Lione-Torino non sarà al riparo dalle infiltrazioni mafiose che regnano notoriamente nel cuore dell’edilizia italiana. Nel 2014, in un’inchiesta, la giornalista italiana Valentina Parlato ha rivelato che diverse industrie legate alla mafia avrebbero già lavorato sul progetto ferroviario nonostante il sistema di contrasto alla mafia sul piano giuridico presente in Italia. Sorprendentemente, il promotore del progetto aveva nominato come Direttore Generale colui che aveva firmato degli appalti a industrie mafiose..
E non è tutto. La presenza di amianto e uranio è conosciuta da molto tempo in Val di Susa. La compagnia petrolifera italiana AGIP aveva già confermato, a partire dagli anni 70, la presenza di materiali radioattivi. Nel 2012, un video diffuso dal quotidiano Il Fatto Quotidiano, mostrava Massimo Zucchetti, professore al Politecnico di Torino, rilevare in prossimità del sito dei tassi di radioattività fino a 1000 volte più elevati delle radiazioni naturali. Questo significa che il materiale estratto dovrebbe essere trattato come dei potenziali rifiuti radiattivi. Ciò rende complessi i processi di scavo, ma soprattutto presenterebbe dei gravi rischi di contaminazione per tutta la regione.
Sperpero di denaro pubblico di più di 26 miliardi di euro.
Finanziato per metà dall’Unione Europea – il resto a spese di Francia e Italia – il progetto Lione-Torino era inizialmente stimato a 12 miliardi di euro, di cui 8.3 per i soli 57 km di tunnel di base del Moncenisio. Il sito internet di promozione del progetto “La Tansalpine” indicava fieramente nel settembre 2011 un “investimento annuo (…) dell’ordine di 200 M di euro, quindi 10% in meno sul budget annuale previsto dall’Agenzia di Finanziamento delle Infrastrutture e dei Trasporti in Francia”:
Dopodichè è stato rivalutato a 26 miliardi di euro, secondo le cifre del Ministero Generale del Tesoro. Inoltre, queste cifre riguardano solamente la parte della costruzione, senza prendere in considerazione i costi di gestione, che è ciò che crea maggiormente il dubbio sulla reale sostenibilità finanziaria del progetto. Questa stima di 26 miliarsi di euro è stata ripresa dalla Corte dei Conti che sottolinea in un provvedimento indirizzato al Primo Ministro del 1 agosto 2012 “i costi aumentano, le stime di traffico sono eccessivamente ottimiste e i finanziamenti incerti” mettendo così in discussione una “troppo debole rendita socio economica” del progetto.
Daniel Ibanez, economista di Procedure Collettive, dirigente di una società di consulenza e oppositore al progetto, parla di un costo che deve essere rivalutato di almeno 30 miliardi di euro. Questo andrebbe a gravare in realtà per più di un terzo sul budget annuale dell’Agenzia di Finanziamento di Trasporti e Infrastrutture in Francia. Daniel Ibanez denuncia uno sperpero di denaro pubblico per un progetto inutile. Secondo lui e gli esperti ferroviari con i quali lavora, è possibile spostare tramite le infrastrutture esistenti circa 1 milione del traffico da gomma a ferrovia per un prezzo ben inferiore, che va dai 200 ai 400 milioni di euro. Questa ipotesi era d’altronde evocata nel provvedimento della Corte dei Conti del 2012, che raccomandava “di non rifiutare troppo rapidamente l’alternativa che consisteva a migliore la linea esistente”. La SNCF (Società Ferroviaria Francese) ha anche confermato l’ipotesi avanzata in una presentazione fatta a dicembre in cui si sosteneva che la capacità delle vie esistenti era coerente con le dichiarazioni di Daniel Ibanez.
Soldi pubblici non va perso per tutti …
Ma che senso avrebbe sprecare inutilmente del denaro pubblico, ci si può chiedere, increduli? La risposta è piuttosto ovvia non appena si scava un po’ più a fondo nella questione: per il “Comitato per la Transalpina”, una lobby pro-Lione-Torino, è essenziale che il finanziamento “preservi il coinvolgimento del settore privato” sotto forma di partnership pubblico-privato (PPP). Tuttavia, sappiamo fino a che punto questi PPP costituiscono un abisso finanziario e una predazione della ricchezza pubblica. Anche la Corte dei Conti nel suo rapporto del dicembre 2017 chiede di “porre fine alla fuga in avanti” che i PPP costituiscono “a causa del loro costo e della loro insostenibilità finanziaria”.
In breve, un contratto PPP permette a un’autorità locale di affidare la progettazione, la costruzione e il finanziamento di una struttura pubblica a un consorzio di imprese private. Ma soprattutto, delegare il suo funzionamento per un lungo periodo, da 25 a 30 anni. L’utente pubblico paga quindi un affitto durante tutta questa superconcessione, poi recupera la proprietà solo quando l’obsolescenza e l’invecchiamento delle installazioni richiedono pesanti investimenti di riabilitazione.
Dietro la “Transalpina”, una lunga storia di predazione delle risorse idriche
Per la cronaca, il “Comitato per la Transalpina” è una lobby presieduta da Franck Riboud, ex-CEO di Danone, che ha ereditato da suo padre. Era la persona più pagata del CAC 40 nel 2009 e allo stesso tempo un sostenitore dell’abolizione della tassa sul patrimonio. Incredibile, vero?
Ora è presieduto da Jacques Gounon. Non lo conoscete? Presidente di Jetlink (Eurotunnel), quindi in una buona posizione per promuovere lo sfruttamento della ferrovia a vantaggio dei privati e con il fallimento di coloro che finanziano le opere più importanti.
Questa lobby Lione-Torino non esita a dichiarare in “Pièces à Conviction” (un programma televisivo) che sta preparando una storiella accettabile per i sindaci affinché diventi decisione d’investimento.
Una linea ferroviaria moderna poco utilizzata
Il progetto è tanto più assurdo in quanto esistono già infrastrutture adattate al trasporto europeo.
Sono stati eseguiti lavori per 1 miliardo di euro per ammodernare le vie esistenti. Ma queste sono utilizzate solo al 20% della loro capacità massima.
Secondo TELT e SNCF, una ventina di treni al giorno circolano su questa linea. Dopo aver svolto il lavoro il passaggio ammonterebbe a più di 150.
In questo senso esiste un potenziale significativo per lo sviluppo della ferrovia. 100 treni sarebbero sufficienti per raggiungere l’obiettivo di 1 milione di veicoli pesanti in meno sulle strade, cioè circa due terzi del traffico pesante nei due tunnel alpini del Fréjus e del Monte Bianco.
Tanto più che gli autotrasportatori sono a favore del trasporto ferroviario. In una lettera congiunta con “Amici della Terra” datata 6 febbraio 2019 e indirizzata al Ministero dei Trasporti, la Federazione Nazionale degli Autotrasportatori (FNTR) ha chiesto l’istituzione di navette ferroviarie per il trasporto merci tra la regione di Lione e l’Italia per “delocalizzare l’occupazione” di fronte alla concorrenza europea.
Secondo Daniel Ibanez, sarebbe sufficiente un investimento stimato tra i 200 e i 400 milioni di euro in materiale rotabile e navi container e l’accesso alla piattaforma di trasferimento modale per migliorare la fluidità della linea esistente – molto meno del costo del progetto, stimato in 24,5 miliardi di euro nel dossier dell’inchiesta pubblica e 26 miliardi di euro (valori 2012) dal Dipartimento del Tesoro della Corte dei Conti.
Quando sono buone tutte le bugie
I promotori di questo progetto non esitano a mentire apertamente sui presunti vantaggi di questo progetto: Hubert du Mesnil, CEO di TELT, elogia i suoi vantaggi rispetto al percorso attuale: “L’obiettivo è avere un tempo di percorrenza di 4 ore invece delle 7 ore attuali, quindi si risparmieranno 3 ore del proprio tempo. Chi sarebbe contrario a risparmiare 3 ore?
Il problema è che con le fermate, il tempo di percorrenza reale della nuova linea sarà di 5h35 e risparmierà solo 1h25! Sfumature..
Ma quando la trasmissione “Complément d’enquête” gli ha presentato questo calcolo, la reazione di Hubert du Mesnil è stata semplice: “Senti, non stiamo parlando di un minuto, (…) stiamo parlando di ordini di grandezza”. No Hubert, con il tuo calcolo, arriviamo appena a 95 minuti.. Dettagli!
E dovremmo fidarci di tutta questa gente?