Il 4 ottobre è partito l’appello del processo contro le giornate di resistenza del 27 giugno e del 3 luglio 2013.
Sebbene non più all’aula bunker del carcere le Vallette, fuori c’era il solito enorme spiegamento di agenti.
Le difese hanno subito evidenziato l‘irregolarità di svariate notifiche, argomentando che si può ovviare in poche settimane fornendo le notifiche ai difensori; stride parlare di economia processuale quando invece si verrà a spendere molto di più e che le linee difensive andranno riargomentate ad altro collegio. Dunque così facendo è fortemente minata l’unitarietà della trattazione difensiva per fatti simili e- o uguali e in più per innumerevoli svariati altri motivi ( come ad esempio le provvisionali).
Dopo una lunga pausa la corte, pur di rispettare la già stretta calendarizzazione prevista (6 udienze o forse più in sole due settimane), ha sancito subito l’impostazione decidendo di spaccare il processone in 2 tronconi, stralciando la posizione di 5 imputati (cosa che in genere avviene in presenza di cavilli giuridici come la prescrizione, e non è chiaramente questo il caso, decidendo addirittura di processarli a latere a data da definirsi). Alla faccia del garantismo delle spese processuali dei contribuenti…
Ciò che è appena successo ha dell’ dell’incredibile: la corte decide semplicemente di non vedere queste palesi contraddizioni e non fornisce una logica spiegazione!
In piena sintonia con la corte il PM, intanto, rilascia interviste e a La Repubblica il 5 ottobre dice: “Sono qui per proseguire lungo la linea tracciata dalla procura di Torino di Gian Carlo Caselli, che condivido in pieno: una linea di grande rigore all’interno, naturalmente, di una cornice di garantismo”.
Il 6 ottobre si è svolta invece la seconda udienza, durante la quale il giudice relatore ha ricostruito la sentenza e il contenuto dei vari atti di appello, sia dalla procura sia dagli imputati. Un’udienza senza note significative, durata oltre 5 ore.
Per la stragrande maggiornaza degli imputati il processo continua ad “alta velocità”!
L’obiettivo è chiaro: emettere una sentenza punitiva e rapida contro i movimenti sociali in lotta a partire dal movimento No Tav. Ciò, lo ripetiamo a fronte dell’evidenza, rientra chiaramente nella più generale strategia della Procura di Torino che mira a disperdere e criminalizzare il movimento Notav!
Invitiamo al presidio di solidarietà fuori dal tribunale di Torino in Corso Vittorio Emanuele II, martedì 11 ottobre h 9:00.
La Valle non si arresta!
Giù le mani dalla Valsusa!