E’ già diventato un motto da annali la frase ad effetto che il premier Draghi ha lanciato in conferenza stampa sul Def. “Preferite la pace o i condizionatori accesi tutta l’estate?”. Incisiva.
Lo ringraziamo per lo spunto che ci permette di fare un paio di ragionamenti alla veloce.
Di primo acchito ci viene da dire che almeno in parte il premier ha ragione, nel senso che il fatto che lo stile di vita ed il benessere della nostra parte del mondo molto spesso vale le vite di milioni di persone altrove è un fatto conclamato. Insieme a questa guerra a provarlo sono le conseguenze della crisi climatica e della devastazione ambientale nel sud globale (ma che ci stanno via via raggiungendo). E certo la questione dei comportamenti individuali dei consumatori (la lobbies dei condizionatori non ha ancora protestato ufficialmente?) è una parte del problema, ma se si parla di dispendio di energia forse gli sprechi da prendere in considerazione sono anche altri. Che dire ad esempio della quantità di energia fossile che viene utilizzata per le grandi opere inutili nel nostro paese? O di quella che viene utilizzata sulle tratte della filiera globale delle merci? Non avrebbe senso ripensare a ciò che produciamo e a come lo spostiamo?
E certo spegnere un condizionatore per un’estate non è un grande sacrificio (anche perché in molti sopravvivono già senza… la possibilità di permetterselo), ma come la mettiamo con l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità e con le bollette esorbitanti? Chi deve pagare questi costi di guerra? I cittadini o le aziende del fossile che fanno extraprofitti speculando sulla vita di milioni di persone e tentano di ostacolare una seria transizione ecologica? I cittadini o i politici complici di questa logica che per decenni hanno ignorato il cambiamento climatico e ora lo usano come spot da campagna elettorale? Forse sarebbe ora di pensare ad un piano equo e sensato sulle rinnovabili perché il nostro paese possa affrancarsi dalle energie fossili una volta per tutte?
Infine ci viene da chiederci se il concetto di pace che abbiamo in mente noi e quello che ha in mente il premier coincidono, alla luce dell’aumento della spesa in armamenti. Ma si sa in questo mondo orwelliano “la guerra è pace”, e la guerra si fa con i cannoni, mica col burro.