In questi giorni si sta svolgendo a Milano la preCop26, un appuntamento preparatorio per la “Conferenza delle parti sul Clima”che si terrà a Glasgow nel mese di novembre. Due momenti, questi, in cui i Ministri per l’Ambiente di alcuni tra i paesi più potenti del mondo, si ritroveranno per discutere e decidere su argomenti legati alla crisi ambientale e climatica che stiamo vivendo. Due momenti in cui, sappiamo bene che al centro dei dibattiti non ci saranno sicuramente il Pianeta Terra e chi lo abita e il grave momento che stiamo vivendo. I potenti del mondo ancora una volta si troveranno per portare avanti politiche di “green economy” legate ad un sistema che sempre più guarda allo sfruttamento dell’uomo e della natura, nascondendo queste scelte dietro ad un becero ecologismo e ambientalismo di facciata.
I nostri cari Draghi e Cingolani, d’altra parte, non possono esimersi da questo tipo di visioni e, dunque, sono giorni che gongolanopensando di sviare l’attenzione dalle loro responsabilità grazie all’invito, nell’ambito della preCop26, rivolto a numerosi giovani nella città di Miliano e in particolare allo spazio concesso a Greta Thunberg e Vanessa Nakate. Il ministro della transizione ecologica incoraggia i ragazzi, sottolinea l’importanza che assume la loro preoccupazione verso il cambiamento climatico, perché è grazie a questa spinta che il governo ha deciso di occuparsi del disastro ecologico e sociale annunciato.
Ma noi sappiamo bene che giovani che hanno davvero a cuore il pianeta non sono soltanto quelli invitati in questo quadro, sono anche tutti quelli che in questi giorni si sono organizzati per costruire insieme il Campeggio Climatico e la Marcia per il Clima di domani. Ma quando si tratta di movimenti nati dal basso, di comitati che quotidianamente lottano per una giustizia ambientale e sociale le belle parole spariscono e il trattamento che viene loro riservato è di tutt’altro tipo.
Negli anni recenti i disastri ambientali sono diventati sempre più evidenti e all’ordine del giorno facendo assumere ai più la consapevolezza di star vivendo nell’epoca del cambiamento climatico. Allo stesso tempo è giusto sottolineare come da decenni i collettivi, i comitati territoriali, i movimenti contro le grandi opere portano alla luce i legami tra il sistema di sfruttamento sul quale si basa la crescita produttiva e le conseguenze sulla terra e sulle persone, restando inascoltati. È da più di trent’anni che il movimento No Tav dice chiaramente che lo sviluppo di cui si fanno portatori i governi di ogni colore non è altro che morte e avvelenamento. Il sistema Tav ne è un esempio lampante, lo è ancor di più nella pandemia. Oggi la sensibilità intorno al tema del cambiamento climatico e alle nocività è sempre più radicata e soprattutto coivolgemoltissimi giovani e giovanissimi, questo non può che essere segno di speranza. Sappiamo che solo costruendo in maniera popolare e trasversale un’opposizione reale alle prese in giro delle svolte green del governo della transizione ecologica sarà possibile un cambiamento di rotta.