Dopo diversi intellettuali e uomini di cultura come Erri De Luca, Ascanio Celestini, Mauro Corona che si sono espressi sulla contrarietà alla linea ad alta velocità Torino-Lione e alla vicinanza, all’appoggio e alla legittimità del movimento, ora anche Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, dice la sua sul Tav e sulla lotta che da vent’anni si oppone a quella ormai nota come “la grande opera inutile”.
«Le proteste No Tav in Val di Susa, al di là delle considerazioni di parte, rappresentano un’orgogliosa rivendicazione in difesa dell’integrità di un territorio, mentre coinvolgono ogni generazione e ceto sociale, quasi sempre in maniera molto civile, benché si tenda a dipingere tutti i contestatori come terroristi». È questa l’analisi che si legge nel suo nuovo libro dedicato ai movimenti di protesta, “Cibo e libertà”.
«E’ comune la richiesta, soprattutto da parte delle giovani generazioni – è l’analisi di Petrini – di un modello nuovo di sviluppo, per governare e gestire le delicate questioni ecologiche e sociali che si vanno imponendo in questo periodo storico, definito come post-moderno».
«Non si può generalizzare e accomunare tutto con facilità, perché si rischia di banalizzare le singole istanze e situazioni, ma certo – prosegue – è che dalla protesta no-global del “popolo di Seattle” durante la riunione del Wto del 1999 i casi si sono moltiplicati con sempre maggiore frequenza. Considerando anche solo gli ultimi anni».
Un viaggio attraverso i movimenti che lottano per creare qualcosa di diverso e di migliore: «Dalla primavera araba, il movimento Occupy, le mobilitazioni pacifiche degli Indignados, che dalla Spagna nel 2011 si sono diffuse nel mondo, e ci metto anche le proteste No Tav in Val Susa». Tutte quelle lotte fatte nel nome della libertà.