Lettera di Dario Fracchia, sindaco di Sant’Ambrogio
Vendere la propria dignità per un piatto di lenticchie portando divisione tra fratelli è un fatto antico come la storia dell’uomo e della sua intrinseca debolezza di fronte alle lusinghe del potere e del denaro: dai tempi della Bibbia si ripete con metodica cadenza. Una storia con delle analogie quella di due sindaci che rappresentano poco più di settemila abitanti della valle, meno del sette per cento dell’intera popolazione di valle, e accettano il ricatto delle compensazioni, voltano le spalle ai loro colleghi con i quali sulla questione tav hanno sempre rifiutato ogni confronto andandosene via in tutte le riunioni in cui se ne parlava, pur trattandosi di un problema di tutta la Valle e non solo di Susa o Chiomonte. Un problema, aggiungo, di tutta l’Italia: i soldi per costruire questa inutile opera sono presi infatti sprermendo gli italiani di nuove e sempre più pesanti tasse, con tagli mai visti in precedenza ai servizi e ad agli investimenti su giustizia, scuola, sanità, ricerca, trasporto pendolare, sostegno all’industria manufatturiera e protezione del territorio, gli interventi più urgenti per tutti gli italiani e non solo per gli abitanti di Chiomonte e Susa. Alla favola “tanto paga l’Europa” più nessuno crede visto che il bilancio europero è in profondo affanno e che gran parte di quei soldi europei favoleggiati sono sempre i nostri e non certo provenienti dal cielo.
A compensazione dei danni dei cantieri Tav che devasteranno i loro comuni per almeno dieci anni, senza ascoltare per primi i cittadini coinvolti specie quelli che perderanno se non la casa sicuramente una decorosa vivibilità per la vicinanza dei cantieri, i due colleghi hanno svenduto i loro cittadini e il loro paese per un paio di ponti e rotonde e qualche passaggio sui giornali a fianco di Ministri e Presidenti di Regione e Provincia. Non importa se la Valle è stata schiacciata come un limone da nuove tasse, se gli ospedali sono stati chiusi, se tutte le scuole della valle versano in condizioni a dir poco critiche, se i soldi per aiutare le persone svantaggiate sono sempre meno, se la Valle è militarizzata, se la situazione ambientale sociale ed economica sono sempre più precarie, se quei primi lavori nei comuni di Chiomonte e Susa di fatto avranno un riverbero negativo non solo nei loro territori ma su tutta la valle, vista l’unicità ecologica, socio-economica e culturale che fanno della valle un tutt’uno indivisìbile.
Da loro non ho vista la medesima solerzia dimostrata nell’accogliere le compensazioni come quella necessaria per la protesta sui soldi sottratti alla sanità, alla scuola, all’assisetnza, alla ricerca, al sostegno alle imprese per essere spesi in questo inutile tunnel geognostico del tav, per denunciare una ripartizoone delle poche risorse disponibili da parte del governo su grandi opere inutili ed acquisto di armi, capitoli di spesa non certo prioritari e storicamente nel nostro paese fonte di corruzione, di sprechi del denaro pubblico e di spartzione di potere tra i partiti.
Quello che sembra contare per i due colleghi è coltivare il proprio orticello, sedere al tavolo dei potenti per azzannare l’osso buttato a terra senza preoccuparsi di cosa sarà il proprio territorio, quello del paese a fianco o comunque della valle, dell’impoverimento per tutta l’Italia per i pesantsissimi debiti che lo Stato contrarrà sempre con i nostri soldi per cominicare quest’opera nella quale neanche più i francesi sembrano credere: infatti il traffico su questa direttrice è crollato ancora prima della crisi economica del 2008 in modo irrimediabile da non giustificare più un investimento di tali proprozioni sul tav, facendone un progetto vecchio di vent’anni e non più attuale ed utile.
La favola di una stazione internazionale per un paese come Susa di poco più di seimila abitanti, dal costo di decine e decine di milioni di euro, mentre si chiudono gli ospedali e le scuole vanno a pezzi, sono lo specchio di una politica dissennata schiava del dio denaro e del profitto, disattenta ai veri bisogni dei cittadini presenti e futuri, orchestrata da partiti totalmente sfiduciati dai cittadini ma a loro volta fiduciari degli interessi delle grandi ditte appaltatrici. Di questo apparato cari colleghi di Chiomonte e di Susa non interessa far parte alla stragrande maggioranza dei sindaci della Valle: le opere civili da voi richieste come al super mercato non sono una compesazione ad un danno ma un semplice diritto allo sviluppo ed un normale obiettivo della popolazione che voi state tradendo, usando i suoi diritti come merce di scambio.
Dividi et impera usando all’occorenza il piatto di lenticchie: ecco servita la polpetta avvelenata della “famosa” condivisione con il territorio miseramente fallita tanto che al tavolo dei proponenti infatti siedono in due. In futuro a questa allegra compagnia potrebbero aggiungersi altri questuanti, non c’è dubbio: ma noi non siamo invidiosi di questo banchetto, preferiamo la nostra dignità di liberi cittadini.
Dario Fracchia; sindaco di Sant’Ambrogio