di Marco Travaglio per L’Espresso
Si tiene come collaboratore l’ex ministro Paolo Romani. Resta azionista di Banca Intesa e quindi socio di Alitalia, in pieno conflitto di interessi. Persevera nella follia della Tav. Primo bilancio sull’ex banchiere allo Sviluppo economico. Diciamola tutta. Al posto di Mario Monti, qualunque altro presidente del Consiglio avesse presentato una stangata da 30 miliardi di sole tasse; dato per certi alcuni tagli e introiti scritti con l’inchiostro simpatico (province, enti inutili, capitali scudati); salvato le Chiese (soprattutto una) dall’Ici; fatto regali clamorosi alle banche avendo tre banchieri ministri; rifiutato l’accordo con la Svizzera per recuperare le tasse sui capitali italiani ivi parcheggiati; nominato sottosegretario alla Difesa un ex manager del gruppo Ligresti, Filippo Milone, condannato per Tangentopoli; sostituito l’amministratore inquisito dell’Enav, Pugliesi, con il suo direttore generale; consentito a Finmeccanica di premiare l’indagato Guarguaglini con una liquidazione di 5,6 milioni; e così via, sarebbe stato crocifisso in effigie sulla pubblica piazza. Monti invece conserva un consenso politico, mediatico e popolare pressoché intatto. E forse – fatte salve alcune punte di piaggeria giornalistica davvero imbarazzanti – è meglio così: l’emergenza lo impone. Però né lui né i suoi ministri devono approfittarne troppo. Per esempio Corrado Passera, ex grande capo di Intesa Sanpaolo, ora tetraministro dello Sviluppo, Infrastrutture, Trasporti e Comunicazioni. Finora ne ha azzeccate davvero poche. Ha negato il suo conflitto d’interessi per la decisiva ragione che “mi sono dimesso da Intesa”. E ci mancherebbe altro. Ma rimane azionista. “Piccolissimissimo”, dice lui: col cavolo, visto che le azioni ammontano a 7,5 milioni e ne fanno un socio non solo della banca, ma anche delle partecipate Alitalia (che ora deve difendere come ministro dai rilievi dell’Antitrust) e Nuovi Treni Veloci di Montezemolo e Della Valle (che ora ricade sotto il suo controllo). Poi ha voluto come sottosegretario alle Infrastrutture il fido Mario Ciaccia, ex amministratore di Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo: la branca di Intesa che finanzia e partecipa molte grandi opere che ora lui e Passera dovranno sorvegliare, sviluppare o stoppare. Già che c’era, ha pure nominato suo “personale rappresentante in Afghanistan e Iraq” il predecessore Paolo Romani, fedelissimo del Cavaliere, l’uomo del”beauty contest” nato per regalare a Mediaset le frequenze tv. E guardacaso sulle frequenze Passera temporeggia (“Affronteremo, approfondiremo”). Poi si schiera coi banchieri italiani nella guerra contro le nuove regole dell’Eba, Autorità bancaria europea, presieduta fra l’altro da un italiano. Ma soprattutto si affretta a finanziare le grandi opere con 8,6 miliardi. Compresi due lotti dell’Alta velocità (Genova-Tortona e Milano-Treviglio) che rischiano di restare cattedrali nel deserto. Silenzio, per ora, sul Ponte di Messina: ma lì bastano, purtroppo, le parole del suo vice Ciaccia quando guidava Biis e finanziava il consorzio appaltatore: “Il Ponte sullo Stretto sarà un ulteriore incubatore di sviluppo e di crescita per un’area di importanza strategica per tutto il Paese” (2009), “un’opportunità irripetibile di sviluppo per il turismo e per i beni culturali di Sicilia e Calabria” (2004). E il Tav Torino-Lione, da sempre osteggiato dalla maggioranza dei valsusini? “Deve andare avanti nel pieno rispetto del crono-programma e del tracciato”, annuncia Passera ad altissima velocità, in controtendenza col passo di lumaca usato per le frequenze tv. E dire che un tecnico, prima di parlare, dovrebbe studiarsi i dati e le cifre, specie in tempi di austerity. Lo sa, Passera, che la Torino-Lione fu pensata nel 1991, quando si prevedeva un aumento del traffico passeggeri fra Italia e Francia da 1,5 a 7,7 milioni in dieci anni, e invece oggi langue a 7-800 mila? Lo sa che il traffico merci fra Italia e Francia, secondo l’Ufficio Federale Trasporti svizzero, è crollato dagli 8,6 milioni di tonnellate del 2000 ai 2,4 del 2009? Lo sa che sulla linea storica Torino-Modane i treni viaggiano semivuoti, visto che potrebbero trasportare fino a 20 milioni di tonnellate e invece ne scarrozzano meno di un ottavo? Lo sa che, per la Tav, si dovranno scavare 80 chilometri di tunnel nella montagna (ricca di amianto e radioattività), con un cantiere di almeno 15 anni e un costo di almeno 22 miliardi? Per perseverare in una simile follia non c’era bisogno di un tecnico. Bastavano i politici e i ladri di prima.