Segnaliamo un articolo che riporta una notizia relativa al carabiniere che il 3 luglio del 2011, durante la grande giornata di lotta No Tav alle reti del cantiere di Chiomonte, pestò selvaggiamente un manifestante che era stato fermato nel corso della manifestazione. Il militare venne identificato grazie all’operazione Hunter (portata avanti dal movimento No Tav stesso e non certo dall’iniziativa della Procura, così solerte invece nell’accanirsi contro chi si oppone a questa grande opera inutile) che denunciò le violenze commesse dalle forze dell’ordine in quella giornata. Ora, dopo che la Procura aveva chiesto l’archiviazione del caso nonostante l’evidenza dei fatti, apprendiamo che di fronte a tutto ciò il carabiniere in questione è stato affidato a un’associazione che ha sede in Costa Smeralda…
L’articolo da NuovaSocietà.it:
«No, Babbagia no. Almeno Potto Cervo, ma Babbagia no», pregava un Diego Abatantuono dei bei tempi quando, nella pellicola “Viuuulentemente mia”, nei panni di un poliziotto che non ne combinava mai una giusta, gli veniva predetto dai suoi superiori che sarebbe finito in Barbagia. Già, perché un tempo, quando la zona della Sardegna era casa del banditismo, gli anni di Graziano Mesina per intenderci, i poliziotti indisciplinati venivano destinati a presidiare le zone tra Orgosolo, Orune, Bitti, Desulo e gli altri paesi barbaracini.
Invece ora la Costa Smeralda è il luogo di punizione.
Avete capito bene. Proprio il territorio di Briatore e soci. Altro che banditismo. Ed è proprio in Costa Smeralda che potrebbe essere spedito il carabiniere accusato di aver picchiato un attivista No Tav, durante degli scontri intorno al cantiere di Chiomonte, in Val di Susa, il 3 luglio 2011.
Il militare, appartenente ai “Cacciatori di Sardegna”, venne identificato attraverso un video, per un tatuaggio che ha sul un braccio: una scritta particolare.
La difesa ora chiede con un’istanza che il carabiniere venga messo in prova, in affidamento ad un’associazione della Costa Smeralda, che si occupa di assistenza alle persone disagiate e malate.
Alla parte lesa invece andrebbe un risarcimento di 1.500 euro, che però sono già stati rifiutati dall’avvocato di parte civile Claudio Novaro: «La proposta è insufficente visto che quell’episodio è stato rubricato come lesioni ma potrebbe tranquillamente rientrare nell’alveo dei trattamenti disumani e degradanti». Al giudice del tribunale di Torino la decisione: il 15 luglio.