post — 29 Ottobre 2023 at 07:00

OLIMPIADI, UNA FOLLIA RIAPRIRE LA PISTA DI BOB A CESANA: NON SPRECATE SOLDI, MA RESTITUITE QUELL’OASI VERDE ALLA VALSUSA


La splendida area del Pariol di Cesana, prima della costruzione della pista di bob

Ripubblichiamo una interessante ricosrtuzione del direttore di valsusaoggi Fabio Tanzilli. Senza tanti giri di parole arriva dritto al punto. Dai giornali mainstream apprendiamo della volontà da parte di molti politicanti locali e non la volontà di riapire la pista di bob di Cesana Pariol. Un perseverare nella devstazione ambientale e nello sperpero di denaro pubblico a piena firma biparitsan Cirio-Lorusso con seguaci minori al seguito.

di FABIO TANZILLI

CESANA TORINESE – Errare è umano, perseverare è diabolico. O politico, se preferite. Premessa importante. Chi scrive conosce fin dall’inizio e nei dettagli tutta la storia della Pista di Bob dell’alta Valsusa: venne costruita spendendo 107 milioni di euro di soldi pubblici. Ora, in quel sito abbandonato da tutti, si vogliono buttare altri 33,8 milioni di euro (soldi sempre dei cittadini, chiaramente) per 4/5 giorni di gare nel 2026.

I nostri politici (da destra a sinistra, da sopra a sotto) ora vogliono riaprirla pur sapendo che, finito il Circo Bianco, la pista di Cesana sarà nuovamente un impianto in perdita e che costerà troppo mantenerla attiva. Come già avvenuto nel 2006. Non a caso venne chiusa definitivamente pochi anni dopo le Olimpiadi, proprio perché nessuno voleva spenderci altri soldi pubblici, e appare impossibile che tra 3 anni si trovino i fondi per farlo (quando c’era l’ammoniaca ed era aperta, il passivo della pista di bob di Cesana ammontava fino a 800mila euro annui).
Chi scrive, ha seguito tutte le vicende in merito alla pista di bob, e lo fa da circa 20 anni. Fin dagli albori, anni 2002-2003: quando l’originaria destinazione venne spostata più volte. Il sito prescelto era Beaulard di Oulx (poi bocciato per rischi idrogeologici), quindi Sauze d’Oulx (a sua volta bocciata perché trovarono l’amianto) e infine dal 2004 nell’infausto sito di Pariol a Cesana Torinese: una delle aree verdi più belle delle montagne piemontesi e più esposte al sole di tutta l’Alta Valsusa (non a caso il Club Med voleva farci un nuovo villaggio vacanze). Che venne devastata per farci il serpentone di cemento.

In sostanza, si tratta di un’opera sfortunata, per non dire di peggio, fin dall’inizio. Che ha sempre creato problemi e spreco di denaro pubblico, senza alcun ritorno e beneficio dal punto di vista economico, turistico e sportivo rispetto a quanto si è speso.
Visto e considerato tutto questo, ora però la vogliono riattivare di nuovo, riaprendo così la voragine di spreco di denaro pubblico. Una follia. Tolto il fatto che tenere aperto l’impianto costa troppo perché provoca passivi enormi, in Italia quelle discipline sportive sono praticate da pochissime persone, non ci sono sponsor e soldi per farlo crescere, e a dirlo in parole semplici, del bob, dello slittino e dello skeleton non gliene frega niente a nessuno.

Non si capisce quindi per quale motivo razionale la lobby del potere piemontese e torinese – un fronte bipartisan di politici da destra a sinistra, supportato dalla maggior parte dei gruppi di potere economico e media – ora voglia riaprire la Pista di Bob di Cesana per ospitare nel 2026 in Valsusa 4/5 giorni di gare di bob, slittino e skeleton, risolvendo così i problemi alle Olimpiadi di Milano e Cortina.

Un impianto chiuso totalmente da oltre 11 anni e sempre in perdita, dove l’ammoniaca per ghiacciare le curve è già stata tolta dal 2012, dove già negli anni precedenti, appena terminati i Giochi di Torino 2006, si brancolava nel buio, chiusa più volte e riaperta a stenti, mai davvero funzionante e venne di fatto abbandonata da tutti. Governo, Coni, Fisi, Regione, Città Metropolitana di Torino (allora Provincia) ecc. Tutti.
La pista di bob di Cesana non ha portato nessun vantaggio reale rispetto ai soldi investiti per costruirla. L’indotto è praticamente inesistente, soprattutto rapportato ai costi di gestione. Lo sappiamo già, è un film che abbiamo già visto.

Chi c’era in quegli anni, se lo ricorda e lo sa. Chi visitava la pista in quegli anni, depredata da ladri di ogni genere che nel corso del tempo hanno portato via di tutto, dal rame nelle curve fino ai computer e ai mouse che erano sulle scrivanie abbandonate, lo sa. Chi passeggiava negli splendidi boschi di Pariol e poi ha visto come hanno distrutto e devastato quella oasi verde incontaminata, ricca di vegetazione e di alberi, per costruire quell’inutile impalcato di curve di cemento, lo sa.

Chiaramente invece le facce della politica cambiano a turno, chi c’è oggi nei posti di potere non sono gli stessi che c’erano allora. Come in un teatro. Non c’è memoria, si dimentica tutto in fretta.

E inspiegabilmente le parole e gli slogan vuoti sono gli stessi di 20 anni fa: “Coverciano della Neve”, oppure “Centro sportivo Coni/Fisi del ghiaccio”.
Almeno avessero la fantasia di cambiare le parole, senza copiare le stesse formule fallimentari del 2006. Ma per favore…

Quale gloria e quale merito, se non meramente politico di consenso nel breve periodo, di immagine e di cavalcare l’onda, c’è nel “fare i Giochi anche a Torino e in Piemonte” per 4 giorni di bob a Cesana?
Non parliamo di gare olimpiche di sci, pattinaggio o altri sport invernali che hanno un minimo di indotto sportivo o mediatico, ma delle discipline con meno seguito in Italia. Già nel 2006 erano le competizioni con meno interesse anche da parte del pubblico (nonostante le 20 medaglie conquistate dall’Italia). Personalmente, avendo assistito direttamente a quelle gare nel 2006 lo reputo anche comprensibile: l’avete mai vista una gara di bob dal vivo? Qualcuno di voi segue le gare di skeleton in tv?

Questa follia serve forse per puntare ad avere nei vari loghi e brand dei Giochi 2026 anche la parola “Torino” assieme a Milano e Cortina, se ce lo concederanno? Ne vale davvero la pena, a fronte di tutto questo? Torino, ovviamente, non Valsusa e non Cesana.
Oggi quindi tutto questo appare una follia, in un’area – come quella dell’alta Valsusa – che avrebbe bisogno di investire quei 33,8 milioni di euro (ma ne basterebbero anche meno) in altri settori del nostro turismo invernale: per rinnovare e potenziare seggiovie e telecabine, i collegamenti tra gli impianti, le piste, l’innevamento artificiale. Per non parlare di tutto il resto che manca: servizi sanitari, trasporto pubblico locale.

Una follia, appunto, ma proprio per questo – trattandosi di politica, e quindi di un gioco nonsense delle parti – c’è il rischio che alla fine scelgano davvero di riaprire la pista di Cesana, se davvero non troveranno la soluzione per costruirla con una soluzione low cost a Cortina.

L’unica soluzione giusta e non folle, che sarebbe un bene per il territorio, ha una parola sola, anzi due: demolizione e restituzione. Costerebbe 15 milioni di euro, la metà dei soldi che servono per riaprire la pista per 4 giorni di gare nel 2026, ma avrebbe benefici reali di lungo termine non solo per noi, ma soprattutto verso le generazioni che verranno. Far tornare a fiorire un pezzo di montagna che era stato devastato.
Demolizione e restituzione, appunto: demolire quelle insulse curve di cemento e restituire all’alta Valsusa e al Piemonte una delle zone verdi più belle dell’alta Valsusa.