L’ultima tappa della Carovana Ambientale per la Salute dei Territori si è svolta a Pavia, provincia della regione Lombardia ricca di poli di eccellenza universitaria, tradizionalmente circondata dalle monocolture di riso e vino e da importanti snodi della logistica.
Una geografia cittadina che si articola in un piccolo centro ordinato e con palazzi di valore storico e che si estende nelle campagne tempestate di zanzare dove sorgono inceneritori e pompe di benzina.
Nella piazza davanti al Comune si raccolgono decine di famiglie, bambini e militanti per il diritto all’abitare, lotta che da svariati anni fa i conti con un’amministrazione comunale indifferente alle esigenze dei suoi abitanti.
È per questo motivo che il tema di questa tappa era il nesso tra spreco di risorse pubbliche in opere inutili, dalle più grandi di evidenza nazionale come il tav a quelle più piccole sui diversi territori, e i bisogni disattesi di chi questi territori li abita e che nella crisi sociale scatenata dalla pandemia assumono ancora più violenza.
È chiaro a tutti e tutte, dalle famiglie che si sono unite di recente nella lotta per il diritto alla casa alle donne che ormai una casa l’hanno ottenuta proprio grazie alla battaglia vinta, che i fondi che arrivano dai vari Piani di Ripresa Nazionale andrebbero direzionati per i servizi, per i trasporti, per le case popolari ma invece finiscono nelle tasche dei soliti interessi politici e imprenditoriali.
Angela dell’Assemblea per il Diritto alla Casa di Pavia, signora che ha tenuto testa a 13 sfratti prima di conquistare una casa, lo grida forte e chiaro dal microfono dell’assemblea rivolgendosi a chi sta seduto sulle poltrone comunali difese in maniera ridicola da decine di poliziotti che nessuno aveva invitato.
È prezioso il contributo di Aurora e dello sportello Prendocasa di Torino che racconta la propria esperienza di lotta nella doppia emergenza, quella abitativa dentro la pandemia. Le difficoltà di chi si trova a dover fronteggiare una battaglia quotidiana per accedere all’iperuranio del sistema burocratico, per inserirsi nella vergognosa corsa a ostacoli per l’ottenimento dei documenti se si è stranieri, per ribaltare il rapporto di forza che si costruisce sull’ottusità dei servizi sociali per conquistare un aiuto.
Una sola certezza: rompere la solitudine e ripartire dalle relazioni che si contraddistinguono grazie alla forza che nasce quando si lotta insieme.