Il Veneto nell’immaginario comune degli ultimi anni passa come un’isola di benessere e ricchezza in Italia con il suo modello basato sulla piccola media industria. Un posto dove esistono solo proprietari e risorse. Dove il “territorio” è nominato solo come base del valore economico e come reminescenza del leghismo di un tempo.
Eppure questa favola si incrina immediatamente quando, come noi ieri sera, si viene a conoscenza delle avversità che le popolazioni dei territori vivono a causa di lunghi cicli di devastazione ambientale ed inquinamento.
A partire dalla Venezia svuotata, fragile e dai rischi per la sua stessa esistenza generati dal cambiamento climatico e dalle Grandi Navi, fino ad arrivare alla cosiddetta “Pfasland” nel vicentino, dove a causa dell’inquinamento da Pfas vi è stata un’incidenza della pandemia di Covid del 60% superiore alla media. Dalla continua speculazione sul ciclo dei rifiuti, alla selvaggia ed esponenziale cementificazione di nuove aree dell’hinterland .
Sembra quasi che si tratti di due luoghi diversi, separati, ed in un certo senso è proprio così, da un lato i circuiti del profitto, dall’altro la vita delle comunità.
Scoprire questi racconti dalla viva voce dei Comitati che si battono quotidianamente contro la legge della crescita ad ogni costo (umano) è stato molto importante.
Sentire risuonare il saluto da Venafro, in Molise, dove parte l’altro tratto della carovana, dalle casse dell’impianto è stato un segno di quelle connessioni, di quegli incontri che anche a km di distanza abbiamo la necessità di costruire e moltiplicare.
Oggi al risveglio le piante di granturco fuori dalla foresta di Sherwood ondeggiano nella brezza leggera, è previsto un temporale, ci prepariamo a partire con molto su cui riflettere e molto ancora da conoscere.
Ci vediamo a Ravenna.