di Daniela Bauduin, Elena Falletti
A fondamento dell’ordinanza in parola si richiama l’art. 2 del T.U. delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773, secondo il quale il Prefetto, nel caso di urgenza o per grave necessita’ pubblica, ha facolta’ di adottare i provvedimenti indispensabili per la tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica. Va tuttavia ricordato che detto articolo e’ stato dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale, con la sentenza 23 maggio 1961, n. 26, nei limiti in cui esso attribuisce ai Prefetti il potere di emettere ordinanze senza il rispetto dei principi dell’ordinamento giuridico. Un ”vuoto normativo” ancora in cerca di soluzione. Il 22 giugno 2011 il Prefetto della Provincia di Torino ha emesso un’ordinanza con la quale si dispone l’assegnazione nella disponibilità delle forze di polizia delle aree individuate per l’installazione del cantiere della galleria propedeutica al tunnel della nuova linea ferroviaria Torino-Lione. Tale ordinanza è stata notificata ed eseguita il 27 giugno 2011. A fondamento dell’ordinanza in parola si richiama l’art. 2 del T.U. delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773, secondo il quale il Prefetto, nel caso di urgenza o per grave necessità pubblica, ha facoltà di adottare i provvedimenti indispensabili per la tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica. Va tuttavia ricordato che detto articolo è stato dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale, con la sentenza 23 maggio 1961, n. 26, nei limiti in cui esso attribuisce ai Prefetti il potere di emettere ordinanze senza il rispetto dei principi dell’ordinamento giuridico. Ed è proprio questo dei principi dell’ordinamento giuridico il punto fondamentale su cui bisogna soffermarsi. Già con la sentenza 20 giugno 1956, n. 8, la Corte costituzionale auspicò che il legislatore provvedesse ad inserire nell’art. 2 l’espressa enunciazione dei canoni ai quali i provvedimenti dovessero conformarsi al fine di porre la disposizione al riparo da ogni interpretazione contraria allo spirito della Costituzione. Purtroppo, nel tempo che é trascorso da quella sentenza il testo legislativo é rimasto inalterato e molti Prefetti hanno emesso provvedimenti che sono stati spesso oggetto di censure di legittimità. In primo luogo, si deve osservare che i provvedimenti prefettizi non possono mai essere in contrasto con quei principi della Costituzione che, rappresentando gli elementi fondamentali dell’ordinamento, non consentono alcuna possibilità di deroga. É, infatti, ovvio che l’art. 2 della legge di pubblica sicurezza non potrebbe disporre che, in un campo in cui il precetto costituzionale é inderogabile anche di fronte alla legge ordinaria, intervengano provvedimenti amministrativi in senso difforme. Ciò detto, si deve precisare che nella vicenda in disamina il Prefetto ha ritenuto, nel necessario bilanciamento di interessi, preminente l’interesse pubblico alla tutela del cantiere in vista del suo avvio prescritto da impegni internazionali, che però nel provvedimento sono rimasti senza specifico riferimento. Spetterà alla magistratura amministrativa eventualmente adita stabilire se i poteri prefettizi siano stati spesi con l’osservanza di quei principi delineati dalla giurisprudenza (Tar Puglia Bari, Sez. I, 20 giugno 2007, n. 1576).
In particolare, si dovrà accertare che non siano stati travalicati i seguenti limiti:
a) l’esercizio deve rendersi necessario per fronteggiare in modo immediato situazioni di urgenza, non superabili con rimedi ordinari previsti dalla legge. Nel caso in questione si osserva che tra i dissidenti sgomberati vi fossero rappresentanti istituzionali, i quali sono stati esclusi dai tavoli di discussione locali e nazionali, a partire dall’“Osservatorio per il collegamento ferroviario Torino Lione” (c.d. Osservatorio Virano) motivando tale esclusione proprio sul dissenso all’opera (cfr. A. Algostino, Democrazia, rappresentanza, partecipazione. Il caso del movimento No Tav, Napoli, 2011, p. 194. e ss).
b) il potere deve essere esercitato in conformità ai principi e precetti costituzionali; codesti principi riconoscono la tutela della salute, dell’ambiente, del paesaggio, alla protezione dei beni archeologici: valori richiamati dai dissidenti di rilevanza costituzionale e la cui importanza non sembrerebbe essere stata presa in piena considerazione;
c) i provvedimenti così adottati devono avere efficacia limitata nel tempo, in coerenza con l’urgenza che li ha determinati; ma nel caso in esame tale urgenza non parrebbe sussistere vista la durata costante e continua della protesta, presente ormai da 22 anni. Questa circostanza temporale dimostra come il fallimento del dialogo politico tra le parti abbia radici fattuali molto lontane nel tempo, non risolvibili con un provvedimento imperativo;
d) essi devono imporre ai privati loro destinatari il minor sacrificio possibile; invece nel caso in esame e nel necessario bilanciamento di interessi sono stati ritenuti recessivi: da un lato, l’esercizio del diritto di proprietà dei titolari dei terreni coltivati a vigneto e dell’azienda vitivinicola ai quali è stato interdetto l’accesso alle loro coltivazioni con il rischio della perdita del raccolto e dell’inquinamento della produzione ivi custodita; dall’altro lato, il diritto di manifestazione del pensiero realizzato da cittadini su terreni di proprietà privata, o regolarmente affittati, ovvero per i quali è stato regolarmente versato il contributo di occupazione del suolo pubblico se pubblici. Ciò nonostante, i manifestanti sono stati sgomberati con modalità discutibili, cioè con l’utilizzo massiccio di lacrimogeni al CS, banditi dalla Convenzione internazionale sulle armi chimiche del 1993. Sul punto è in corso un dibattito sulla legalità nell’ordinamento interno dell’uso di tali strumenti per sedare sommosse. In ogni caso, anche se la convenzione medesima contiene una clausola di compromesso che ne autorizzerebbe l’utilizzo da parte degli Stati membri, ci si chiede quale sia la fondatezza prima logica, e poi giuridica, di una norma che vieta l’uso di tali armi sugli eserciti in stato di guerra, mentre ne autorizza l’uso sui civili. A parere di chi scrive detto utilizzo sembrerebbe vietato in ogni caso poiché l’art. 10, co. 1, della Costituzione afferma che “L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute” e tra queste si rimarca il bando di dette munizioni. Ulteriormente, va osservato che la grandissima parte dei cittadini sgomberati hanno manifestato pacificamente sui luoghi oggetto dell’ordinanza, nonostante il riferimento ad un singolo episodio relativo al “fitto lancio di sassi da parte dei manifestanti”, che non ha provocato alcun ferito, invece si osserva come non sia del tutto corrispondente alle norme di sicurezza effettuare la posa di un cantiere durante la notte, come tentato tra il 23 e il 24 maggio 2011.
e) in ogni caso, detti provvedimenti devono essere congruamente motivati.
A questo proposito, qualora l’ordinanza venisse impugnata nei termini previsti, toccherà alla magistratura competente effettuare le difficili valutazioni di merito. Va tuttavia osservato che le ricordate prove di forza poste in essere dalle Autorità pubbliche non hanno contribuito a rasserenare il clima in Val di Susa, anche a causa di esecrabili episodi di violenza realizzati durante la manifestazione del 3 luglio scorso, i quali rischiano di vanificare la protesta dignitosa e pacifica di migliaia di cittadini.