Remarque ha scritto un libro fondamentale per condannare la guerra e tutti i suoi orrori. Primo tra questi, la propaganda. Una classe di studenti neanche ventenni viene persuasa ad arruolarsi dai propri insegnanti e dalla pubblica esaltazione. Moriranno tutti, prendendo man mano coscienza delle vere ragioni di ogni guerra: interessi e potere.
Il romanzo e il suo titolo tornano in mente in questi giorni. La Torino-Lione mostra crepe sempre più larghe. I costi, i ritardi, le incertezze, l’inutilità e la vecchiaia dell’opera sono ormai evidenze riconosciute. Eppure una propaganda monocorde non smette di esaltarla come irreversibile, progressista, strategica. Una settimana fa la Corte d’Assise di Torino ha stabilito che quattro persone hanno danneggiato un macchinario ma non sono terroristi. Accidenti. La gente potrebbe pensare che le loro ragioni sono altre. Che sono sempre le stesse da un quarto di secolo. Il TAV è devastante per la salute e le finanze pubbliche, è superfluo e drogato, è giustificato soltanto da brame di potere e da interessi indicibili. Ogni nuovo cittadino che ne diventasse consapevole sfilerebbe un altro mattone dal muro sempre più traballante. Non si può permettere. Occorre rimediare, perbacco. Come?
Puntuale, il terrorismo sepolto dai giudici risorge negli “attentati” ai treni e nelle parole ministeriali. Centraline bruciate, molotov abbandonate, scritte apocrife. Pubblica condanna, preoccupazione per l’escalation, rimproveri ai cattivi maestri. Uffa. Il copione è vecchio ma è l’unico disponibile. E’ comodo, è pronto, è oliato, perché è stato rappresentato tante volte. Il Potere lo conosce benissimo. Da sempre usa paura e distrazione per nascondere la sua vera faccia. E, con i massmedia conniventi, sovente ci riesce. Quando poi la maschera cade, si affretta a condannare poche mele marce per coprire il marcio dell’intero sistema.
Allora, sia ben chiaro che non c’è nulla di nuovo sul fronte occidentale. La differenza con il romanzo è che la nostra coscienza si rafforza sempre più ma, contrariamente a Bäumer e Kat, siamo belli vivi. Non si può dire lo stesso per Lupi e Virano.