Quindici giorni. Quindici giorni sono passati da quando ho lasciato la mia casa, i grandi alberi carichi di nidi che da quasi un secolo la proteggono, i miei animali, i libri che accompagnano la mia vita.
L’ho lasciata per amore, perché non potevo permettere che il potere invidioso e vendicativo che mi ha inflitto gli arresti domiciliari la trasformasse nel mio carcere, violando la mia quotidianità , gli affetti che la alimentano, i miei pensieri, i miei ricordi.
Ora aspetta il mio ritorno, quieta e serena.
Sono evasa, respiro aria di libertà, protetta dall’abbraccio del popolo NO TAV che mi accompagna, notte e giorno, in questo avventuroso viaggio, pieno di incontri, di calore umano, di gioiosa ironia.
Un viaggio che si dipana tra mercati, feste di paese, assemblee, cineforum, cene collettive, incontra altri conflitti e si arricchisce di nuove esperienze: ancora mi commuove il ricordo dell’assemblea alla Sapienza, una puntata fulminea, intensissima, che rimarrà in me per sempre.
Insieme alla mia, tante altre storie, il coraggio dei molti che da anni, senza luci della ribalta, proprio per questo più meritevoli e preziosi, affrontano generosamente tribunali e carceri, per la lotta che ci accomuna.
Chi pensa di piegarci imbracciando le armi della repressione non ha valutato la forza e la tenacia di questa nuova Resistenza; nel suo raggelato egoismo nulla sa delle donne e degli uomini che da quasi trent’anni hanno messo la propria vita a disposizione di una lotta che è di tutti e porta tra le mani il futuro.
Mentre scrivo, sento salire alla mia finestra le voci di compagne e compagni che, sotto il gazebo del presidio permanente, commentano le notizie dei quotidiani, conversano tranquilli e vigilano su di me.
Intorno, scorre il paese: il viavai della spesa mattutina; tra qualche ora, la piccola frotta degli scolari delle elementari, la fiumana degli studenti che escono dal liceo.
La nostra risorsa più preziosa è questo popolo che “vive del vero e non del falso”. umile e tenace, invincibile, come la natura che, poco a poco, fa rifiorire le rovine degli incendi ed insinua le sue radici a rompere i deserti d’asfalto.
Poco fa mi è giunto in dono un cesto di mele cotogne. I frutti dorati dal profumo antico rallegrano la mia stanza e mi riportano a mia madre che li trasformava in dolci conserve e li metteva negli armadi a profumare la biancheria. Anche lei sarebbe con me ora, venuta da antiche ingiustizie, mai arresa.