di Orsola Casagrande dal Il Manifesto 21/06/2012 –Decine di studenti medi hanno raggiunto Chiomonte per sperimentare un diverso modo di vivere
Benvenuti nella libera repubblica della val Susa. Da giorni si lavora per organizzare al meglio quella che sarà una lunga estate calda. Si comincia dal campeggio dei ‘piccoli’. Decine di studenti medi hanno raggiunto Chiomonte e si sono installati, tende, sacchi a pelo e tanta buona volontà, a poche centinaia di metri dai cantieri presidiati da corpi militari e di polizia di ogni tipo. «Non è stato facile convincere i nostri genitori a farci rimanere anche la notte – dice qualcuno – ma alla fine l’abbiamo spuntata». A preoccupare i genitori, come conferma una mamma della valle, non sono i ragazzi quanto piuttosto le forze dell’ordine. «Non si sa mai», dice una signora che alla fine ha optato per lasciare andare la figlia chiedendo ai ‘più grandi’ di «buttare un occhio».
I ragazzi sono qui in valle, in questo bellissimo paesaggio a cercare di raccapezzarsi con pentole, salsicce, legna, la pasta che «per favore, non colla come ieri sera», la pulizia dei bagni, l’assemblea di gestione. Per questi ragazzi e ragazze la val Susa rappresenta un’avventura, la possibilità di praticare l’autorganizzazione che hanno cominciato ad assaggiare durante l’anno scolastico appena concluso con le prime occupazioni e le manifestazioni.
Ordine del giorno
Il morale è alto, nonostante la prospettiva di una pasta per cento persone. C’è la divisione dei compiti decisa nella quotidiana assemblea di gestione che i ragazzi, dotati di I-pad dove annotare ordine del giorno e documenti – organizzano con grande serietà.
I “vecchi” no Tav guardano a distanza, con un certo giustificato compiacimento, questo via vai di ragazzini: in fondo, oltre a bloccare i lavori del Tav hanno raggiunto un altro grande obiettivo. Sono diventati punto di riferimento per tanti, grandi e meno grandi, che guardano alla val Susa non solo come a una grande lotta di popolo, di comunità, ma anche, per dirla con la giovane addetta al sugo, «alla conferma che un altro modo di vita, un altro modello di sviluppo, è possibile».
Infatti in val Susa si continuano a sperimentare pratiche di un vivere diverso, dove al centro c’è la persona. Una sfida affascinante che è solo all’inizio perché, come dicono i più ottimisti (forti anche di una decennale esperienza politica), da quest’autunno «dovremmo rimboccarci le maniche per dimostrare sul campo che quello che proponiamo è sì ambizioso, ma praticabile».
Perché non c’è dubbio che la lotta contro l’alta velocità ha cambiato la comunità, le relazioni tra la gente della valle, ma anche le relazioni della gente della valle con gli altri. E ha cambiato anche quanti attorno alla lotta e al movimento no Tav gravitano.
«Niente sarà come prima», non è solo uno slogan, ma la consapevolezza che la valle si è trasformata diventando paradigmatica di come, a partire da una lotta legittima di un territorio che rifiuta di soccombere alle logiche e speculazioni di chi vorrebbe imporre (sostenuto dalla quasi totalità dei partiti tradizionali e meno tradizionali) con la forza (e l’esercito “gentile concessione” dei governi di destra e di sinistra indifferentemente) un modello di sviluppo che ha al centro il profitto pochi e la devastazione per molti, territorio compreso.
Un sogno molto più ampio
Discutono anche di questo i giovani studenti medi impegnati nel campeggio no Tav, il primo per molti di loro. I valsusini hanno detto no e hanno saputo rispedire al mittente l’accusa di nimby e localismo. La lotta contro il Tav parte da un territorio preciso e definito ma “sogna” e agisce per un territorio, per uno spazio ben più ampio. Questo hanno colto le migliaia di persone che da tutta Italia e dall’estero da anni ormai arrivano in val Susa per essere al fianco del movimento no Tav.
Il campeggio si anima, la grigliata è a buon punto, il gruppo fa il soundcheck. I ragazzi concordano una nuova “battitura”, un’azione di disturbo. Alla sera tutti alle reti del cantiere a fare più rumore possibile, per ribadire che la val Susa il Tav non lo vuole. Arrivano anche i valligiani all’ora di cena. C’è una coppia di mezza età che improvvisa un banchetto dove si vendono magliette e zainetti no Tav. Una birra offre la scusa per raccogliere le prime impressioni dei ragazzi. Gli accenti sono vari, Torino, Bologna (un gruppetto è arrivato strappando un passaggio ai valsusini che rientravano dopo essersi recati nelle zone colpite dal terremoto in Emilia per portare sostegno e viveri ai terremotati), Roma, Palermo.
Alle richieste, giunte da più parti, di sgomberare il campeggio i no Tav rispondono con un weekend di lotta.
Domani sera dopo la cena, a Susa, assemblea dal titolo «C’è lavoro e lavoro». Sabato dibattito, cena e ancora iniziative e azioni di lotta. Domenica sarà dedicata alla sistemazione dell’area del campeggio e alle 18 passeggiata attorno alle recinzioni del cantiere.
L’estate no Tav è cominciata.