Ecco l’ennesimo politicante SI TAV coinvolto in un’inchiesta giudiziaria per legami con la ‘ndrangheta.
E’ Roberto Rosso, esponente dei Fratelli d’Italia di “io sono Giorgia” che in quest’anno hanno collezionato inchieste dalle magistrature in tutta Italia proprio per i loro legami con le cosche (per penultimo, ieri, l’avvocato Pittelli, plenipotenziario del partito in Calabria, arrestato nell’ambito della maxioperazione riguardante le famiglie ‘ndranghetiste di Vibo Valentia).
Roberto Rosso è conosciuto tra i torinesi per le sue martellanti campagne elettorali con manifesti napoleonici esposti per tutta la città sulla falsa riga del suo antico capo Berlusconi. Rosso (solo di nome) vanta una carriera politica trentennale: dopo una prima militanza nella DC è tra i primi nel 1994 ad aderire al progetto berlusconiano fino agli ultimi anni in cui abbraccia la svolta sovranista unendosi al partito della Meloni. In questi lunghi trent’anni riveste molte cariche istituzionali: sindaco di Trino Vercellese, nel 2001 candidato sindaco per il centrodestra a Torino, sottosegretario al lavoro del governo Berlusconi, vicepresidente della giunta leghista di Cota. Nel 2016 si ricandida come sindaco a Torino e, sconfitto, si siede in consiglio comunale. Per finire entra nella giunta Cirio alla guida del Piemonte con la carica di assessore ai rapporti con il Consiglio Regionale.
Proprio questa ultima candidatura alla Regione è quella che inguaia Roberto Rosso che è campione di preferenze a Torino con le sue 4777. Peccato che secondo la magistratura alcune di queste preferenze siano frutto di un voto di scambio politico mafioso che ha portato all’emissione di 8 misure cautelari tra Torino e Carmagnola. Chissà cosa veniva scambiato?
Le cosche a cui il “fratellino d’italia” si era affidato per raccogliere i voti sarebbero coinvolte in infiltrazioni in attività economiche soprattutto di tipo edilizio e immobiliare con il controllo sui cantieri, intestazioni fittizie e recupero crediti. Famiglie collegate alla ‘ndrangheta di Vibo Valentia (un caso?) che nell’operazione hanno subito un sequestro di beni per circa 45 milioni di euro.
Rosso non è solo un politico, ma è anche il vicepresidente nazionale di “Pmi Italia”, l’associazione che riunisce oltre 200mila imprenditori. Tra gli indagati nell’operazione risulta esserci anche l’imprenditore Mario Burlò già presidente e ora Vicepresidente di UNI (Unione Nazionale Imprenditori) che in un’intervista di qualche tempo fa sosteneva: “è necessario far ripartire i lavori delle grandi opere, quali la Tav e il Terzo Valico, affinchè si metta in moto una macchina prodigiosa come quella che ha portato l’Italia a rinascere nel dopo guerra.”
Soprattutto, infatti. Roberto Rosso è un fervente SI TAV e nemico dei movimenti sociali che si battono in città per il diritto alla casa e al reddito. Nel maggio 2019 insieme al suo sodale Ghiglia ha appeso uno striscione SI TAV dal balcone del consiglio comunale in polemica con l’amministrazione 5 stelle che aveva assunto posizioni NO TAV.
Sul suo blog si possono trovare diversi post in cui loda la linea ad Alta Velocità Torino-Lione e in occasione della manifestazione fuffa delle madamine del 6 aprile aveva dichiarato: “Fratelli d’Italia parteciperà convintamente alla manifestazione sì Tav. Di certo non è Chiamparino il tutore del verbo dell’alta velocità ferroviaria e sarebbe assurdo che il centrodestra, l’unica coalizione da sempre a favore dell’opera, non manifestasse in piazza a favore della sua realizzazione”. Addirittura si era scaldato per il timore di Cirio a scendere in piazza a fianco al PD sulla questione affermando ancora che “Capiamo e rispettiamo la posizione di Cirio e dei nostri alleati, perché sembra quasi che qualcuno voglia trasformare l’evento in uno spot elettorale per la sinistra e per il presidente uscente. Tuttavia riteniamo che invece dobbiamo con ancora più forza rendere pubblica la nostra ferma volontà di realizzare il Tav, volontà che è sempre stata coerente e immutata nel tempo”.
Assiduo promotore della richiesta di sgombero dei centri sociali torinesi, come d’altronde il suo partito, che in occasione degli arresti agli attivisti No Tav di alcuni giorni fa ha chiesto per voce della Montaruli (altra vecchia conoscenza) di chiudere Askatasuna. Certamente finire sotto processo per aver difeso la propria terra ha un valore morale molto più alto che esserci finito per aver scambiato voti e promesse con la ‘ndrangheta, ma per il momento ci asterremo dal richiedere lo sgombero del Consiglio Regionale. Sicuramente tra i rossi, quello di Askatasuna è almeno più elegante.
E’ ormai conclamata la zona d’ombra in cui molti politici SI TAV si muovono, a cavallo tra imprenditoria parassitaria, malaffare e cariche istituzionali. Si intravede sempre di più il sistema del cemento e del tondino che il movimento NO TAV ha denunciato da anni e che si nasconde dietro questi volti che si propongono come alfieri del “progresso”, ma non sono altro che garanti degli affari loschi e della speculazione collegata all’edilizia e alle grandi opere inutili sul territorio.