Da anni, ormai, il Movimento No TAV ha scelto come “testimonial” della propria azione il gallico villaggio resistente abitato dai ben noti Asterix ed Obelix.
Le ragioni si chiariscono subito, sin dal prologo, presente in ogni albo di fumetti, che recita: “sin dal 50 a.C. il grande impero romano aveva conquistato tutta la Gallia. Tutta? No. In un fazzoletto di terra, nel territorio dell’Armorica un villaggio di indomabili galli resiste all’avanzata delle truppe di Cesare”.
In questo prologo ci sono già tutte le caratteristiche presenti in Valle di Susa.
Un impero che straborda di potere e controllo, per tutto il territorio conosciuto.
Un fazzoletto di terra che resiste, indomito, alla conquista di truppe ben più numerose, più attrezzate, ben più potenti, impedendogli la conquista omnia mundis.
Del resto sembrerebbero incomprensibili le motivazioni per cui il potente Cesare si ostini a voler assoggettare quel piccolo villaggio in quel piccolo fazzoletto di terra, se ha già conquistato tutto il resto. Ma è lo stesso Cesare che ne chiarisce il senso quando, incazzato nero, spiega ai suoi generali che la stessa esistenza di quel villaggio è un confine, un limite posto al suo impero, al mito della sua invincibilità, e teme che quella indomita resistenza possa essere di esempio e sprono a tutti gli altri, che potrebbero presto rifiutare il suo dominio e ribellarsi al suo controllo.
L’Impero
L’Impero Romano descritto dal fumetto è parodistico ed anche piuttosto divertente.
Le truppe sono comandate da veri cialtroni pieni di prosopopea e vanagloria, pronti a demolire il villaggio dei galli come fossero una sbrigativa pratica da concludere. Quando poi vengono sistematicamente asfaltati dalla tribù di Asterix, perdono ogni forma di supponenza e si mostrano per quello che sono: un manipolo di opportunisti che utilizzano la guerra per guadagnarsi un posto nelle stanze del potere romano.
Le truppe sono formate da legionari anch’essi apparentemente vigorosi e compatti, ai quali basta assaggiare qualche buon ceffone di Obelix per chiedersi chi gliel’ha fatto fare, per mettere in discussione uno stipendio troppo basso, per compilare il modulo di rientro in patria, magari dietro una scrivania, meglio se in infortunio.
Insomma, sul fronte non c’è un solo elemento che appaia determinato, che creda in quello che fa, che ritenga di essere nel giusto o che sia mosso da sentimenti diversi dall’opportunismo, dall’arrivismo o dalla mera esecuzione del proprio mandato.
Tutto questo, quando la guerra va liscia e il nemico scappa, è occasione di vanagloria e senso di potenza, quando invece trovano resistenza e nessuna paura, sgretola completamente le fila e li rende ridicoli e gretti.
La musica cambia quando ci si sposta nel cuore dell’impero, in quella Roma tanto evoluta e sfarzosa che dirige le operazioni. I cui abitanti sono molli burocrati nullafacenti. E’ evidentemente da ricordare, nel Le Dodici fatiche di Asterix” la prova più ardua da superare per i nostri galli, ovvero quella di uscire vivi dal palazzo della burocrazia romana. Ogni qualvolta lo si vede non può non provarsi un sorriso amaro sentendosi quotidianamente parte di quel meccanismo infernale che ti porta a rimbalzare da un ufficio all’altro senza via di fuga.
E lì, nel cuore dell’impero, c’è la corte di Cesare. Luogo di bivacco per centinaia di amici, luogotenenti, amministratori, sindaci, bottegai, avvocati, che costituiscono una pletora interminabile di abbienti nullafacenti. Che poco o nulla si interessano dell’impero o dei suoi abitanti, mentre sono prontissimi a perorare le loro cause individuali ed i loro interessi particolari.
Il Villaggio che Resiste.
I Galli non sono né nazionalisti né tantomeno patriottici. Non difendono un’identità ne tantomeno una frontiera. Difendono una comunità, i suoi rapporti sociali, la sua organizzazione, la terra per contenerla. Non sono ostili ai romani per partito preso, in più riprese provano a convincerli della bontà di una serena convivenza ma presto si accorgono che le truppe di occupazione non vogliono risolvere il problema, ma eliminarli, spazzarli via e colonizzare quel territorio per schiacciare la loro pericolosa resistenza.
Qualcuno potrebbe sostenere che quella dei Galli di Asterix è una battaglia simpaticamente xenofoba ma, quel qualcuno, non è evidentemente un attento conoscitore di questa storia. I nostri, infatti, accolgono sistematicamente ospiti nel loro villaggio, siano essi galli vicini, vichinghi o egiziani con i quali sono legati da antica e vecchia amicizia. Alcuni dei loro cittadini più noti provengono da altri luoghi e sono stati accolti ed inseriti nella comunità con gioia. Ed è proprio questo l’escamotage che più spesso i pochi acuti generali romani utilizzano per provare a piegare la resistenza, ovvero far giungere al villaggio spie o mestatori che vengono sistematicamente ben accolti dalla comunità ed altrettanto sistematicamente cacciati quando si accorgono del raggiro. Ma tutto ciò non ha mai messo in discussione la loro innata accoglienza e disponibilità verso gli altri.
Anche e soprattutto se sono, come loro, vittime di soprusi o prepotenze, motivo per il quale i due eroi più noti, Asterix ed Obelix intraprendono lunghi viaggi per sostenere e dare un aiuto ad altre comunità o popolazioni sotto il giogo romano.
L’organizzazione interna del villaggio è molto semplice. C’è un capo, un druido, due formidabili guerrieri e tanti concittadini impegnati nei mestieri classici, pescivendolo, fabbro, maestro,… L’insindacabile capo villaggio, Abracourcix, in realtà, non decide mai niente, si presenta su uno scudo portato da due poveri concittadini (che spesso si stancano e lo mollano per terra), e dice la sua esattamente come tutti gli altri, spesso riuniti in assemblea per prendere le decisioni più importanti. Ben più importante, invece, è il giudizio di sua moglie che, a colpi di matterello, lo ridimensiona tutte le volte che si fa prendere la mano dal ruolo che ricopre.
E’piuttosto il druido Panoramix, vecchio e saggio, a consigliare ed avere l’ultima parola sulle lunghe e ricche discussioni del villaggio, ad affermare l’importanza e la centralità della saggezza piuttosto che delle medaglie o dei ruoli sociali.
Il villaggio si incontra nella piazzetta centrale, sotto la capanna dello stonatissimo bardo, sia per discutere e prendere le decisioni, sia per festeggiare le vittorie, tutti insieme, nei mitici banchetti a base di cinghiale
La Pozione
Sembrerebbe un artificio scenico per rendere verosimile tale indomita resistenza di un piccolo villaggio contro le enormi truppe imperiali, l’utilizzo, da parte dei Galli, di una straordinaria e segreta pozione che rende fortissimi.
In realtà, scopriamo nell’albo Asterix e la missione Cleopatra, che è una vera e propria allegoria. Quando Asterix parte come un razzo sconfiggendo decine di romani e si accorge, solo più tardi, di non aver bevuto la pozione; allora il saggio druido Panoramix gli confida che non è la pozione che gli da la forza, ma è l’amore.
L’amore per una donna, certo, ma anche l’amore per la propria terra, per la propria comunità, per i propri figli, per quei legami sociali ed affettivi che sono la vera pozione che da forza e coraggio per affrontare una lotta così dura.
E non è un caso che il grosso Obelix non abbia bisogno di pozioni, caduto da piccolo nel pentolone, è l’emblema di una comunità un po’ cocciuta forse, ma indomita nel voler lanciare un messaggio chiaro all’Impero: A Sarà Dura!
Perché allora il movimento No TAV ha scelto proprio questa narrazione per rappresentare la propria lotta?
A parte le straordinarie somiglianze fisiche tra Perino ed il capo villaggio Abracourcix, appare chiarissima l’allegoria che questa storia ha con la Valsusa. A questa narrazione, come in ogni fumetto che si rispetti, manca un finale, l’auspicabile uscita dallo stallo e dall’assedio romano del villaggio. E, perché no, magari l’esplodere di un epidemia di resistenza diffusa in tanti villaggi e comunità ancora sotto il giogo romano.
Questo capitolo è ancora da scrivere, con la viva e sincera speranza che non siano i bravi Goscinni e Uderzo a farlo, ma il popolo No TAV e i tanti villaggi resistenti sparsi per l’Italia.